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HomeECONOMIA E MERCATICOMMENTO AL MERCATOIl grafico della settimana: titoli di Stato e conti pubblici

Il grafico della settimana: titoli di Stato e conti pubblici

Il grafico della settimana questa volta è una tabella – i dati sono tratti da due pubblicazioni del Fondo Monetario Internazionale (potete accedere qui e qui). Per ingrandire la tabella basta cliccarci sopra.

Sembra tutto molto complicato ma in realtà non è così. Mi perdonino gli accademici, ma è imperativo semplificare: l’importante è cogliere la sostanza, e pazienza se si perde qualche dettaglio. Quindi lasciamo da parte per un attimo i numeri e cerchiamo di capire di cosa si sta parlando.

Nella tabella ho riprodotto in sintesi le grandezze maggiormente utilizzate con riferimento ai conti pubblici, delle quali si sente parlare di continuo sui mezzi di comunicazione:

  • Avanzo o disavanzo  primario: gli Stati (come tutti del resto) hanno un bilancio; l”avanzo o disavanzo pubblico è la differenza tra entrate (tasse, soprattutto) ed uscite (spesa pubblica). Si chiama primario quel saldo di bilancio che non tiene conto della spesa per interessi (ricordate questa cosa che riprenderemo tra un po”).
  • Debito pubblico: se lo Stato ha un disavanzo, spende più di quanto guadagna e può indebitarsi, proprio come una famiglia che acquista una casa con un mutuo, o un”azienda che compra gli impianti per la sua produzione ricorrendo a finanziamenti presso le banche. Per uno Stato il metodo più semplice è farsi finanziare dai mercati emettendo titoli obbligazionari (titoli di Stato), dietro la corresponsione di interessi.
  • Avanzo o disavanzo: dato un disavanzo primario, si emette debito sul quale si pagano interessi. Il disavanzo (o deficit) pubblico è proprio questo, l’avanzo o disavanzo primario a cui si aggiunge la spesa per interessi sulle obbligazioni emesse.

Queste grandezze si guardano generalmente in rapporto al PIL (o GDP, per dirla all”anglosassone), cioè il Prodotto Interno Lordo di uno Stato.

Ora vediamo, anche se in modo un po’ semplicistico, come funziona.

Mettiamoci nei panni di uno Stato al suo primo anno di vita: spendiamo per costruire strade, ospedali, scuole ed incassiamo tasse e imposte … ma ahimè le tasse (entrate) sono inferiori alle spese. Così accumuliamo un disavanzo primario, che finanziamo con un’obbligazione. L’anno successivo avremo strade da sistemare, stipendi pubblici da pagare ecc … e nuove tasse ed altre rendite in entrata … ma anche per il secondo anno avremo un disavanzo primario, con in più gli interessi del debito del primo anno. Quindi ci vediamo costretti ad emettere un altre obbligazioni (debito) che si cumula con il precedente … e così via.

Quando uno Stato riesce ad avere un avanzo primario (entrate maggiori delle uscite) il nuovo debito verrà utilizzato per pagare gli interessi sul debito pregresso o per finanziare vecchio debito in scadenza da rimborsare. Se l’avanzo primario perdura piano piano gli interessi andranno a zero e il debito comincerà a calare (a questo proposito rimando ad una pubblicazione del Fondo Monetario Internazionale: leggi).

Ovviamente tanto più il mercato considera “virtuoso” uno Stato in qualità di debitore, tanto più bassi saranno gli interessi che lo Stato è costretto a pagare sul suo debito. Inoltre, le Agenzie di Rating, che in teoria dovrebbero “certificare” la capacità di un emittente di ripagare i suoi debiti (attribuendo il merito di credito attraverso un “rating”), contribuiscono all’immagine degli Stati sui mercati finanziari.

Guardando i numeri della tabella credo che la mossa di S&P (una delle società di rating) che ha posto gli Stati Uniti sotto esame per un possibile futuro declassamento (negative watch), non abbia colto di sorpresa nessuno. La tripla A degli Stati Uniti equivale ad un voto pari a 10 come debitore, il negative watch di S&P è un semplice consiglio, simile a quello che un professore dà ad uno studente in gamba ma un po’ pigro: “cerca di studiare e fare i compiti, altrimenti potrei darti un 9 in pagella tra un paio d’anni”. Il 9 equivale a portare il rating a AA. Ciò significa che oggi gli USA rimangono buoni debitori…nonostante io sia dell’avviso che i titoli di Stato americani abbiano attualmente tassi d”interesse molto (troppo) bassi e mi senta quindi di consigliare cautela, se si parla di scelte d”investimento.

Un abbassamento del rating degli Stati Uniti al momento non è incorporato nei prezzi di mercato e avrebbe conseguenze abbastanza pesanti sulle attività finanziarie. Ma non credo si sia a questo punto.

Chiudo con una provocazione: qual è l’unico Paese della tabella che presenta un avanzo primario, seppur basso? Chi mi spiega il rating del Giappone rispetto a quello dell’Italia? …  E’ ovvio che il rating di un emittente non si può misurare solo dai numeri che ho presentato in tabella – contano anche la crescita economica (maggiore crescita significa maggiori entrate), la capacità di attuare misure correttive adeguate senza mandare in recessione il paese, ed altre grandezze ancora – ma diciamo che i numeri in questione dovrebbero avere un peso rilevante.

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