I “Big 5” dell’High-Tech statunitense sono stati protagonisti del record negativo del NASDAQ come peggiore chiusura settimanale da inizio 2017. Ma che cosa è successo all’indice tecnologico di Wall Street?
Nell’universo Marvel ci sono “I Fantastici 4”, in quello finanziario ci sono invece “I Fantastici 5”, noti con l’acronimo FAAMG: Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e Alphabet (cui fa capo Google). Cinque colossi della tecnologia di grande consumo tra i Millennial, la X-Generation, e non solo. Un settore, quello del Tech, che da anni cavalca l’onda di un successo in costante crescita, dando grandi soddisfazioni agli investitori.
Eppure lo scorso 9 giugno, il NASDAQ (l’indice tecnologico per antonomasia di Wall Street – anche se è più tecnologico l’MSCI Technology…) ha avuto una performance negativa di due punti inferiore all’indice Dow Jones, con un calo superiore al 3,4%. Si è subito cominciato a sentir dire, dunque, che il team dei “Big 5” abbia un problema da risolvere.
I numeri da capogiro dei FAAMG
Le cinque aziende big della tecnologia sorprendono soprattutto per i numeri da capogiro. Insieme, infatti, equiparano persino il PIL di Paesi come la Svezia (541 miliardi) per quanto riguarda la sola crescita del fatturato da inizio 2017, mentre il loro valore complessivo in Borsa, cioè la capitalizzazione è pari a 2.759 miliardi di dollari (benché il paragone sia economicamente scorretto, il numero corrisponde circa al PIL della Gran Bretagna, per intenderci).
Il rialzo dei loro titoli azionari a Wall Street ha aumentato la capitalizzazione dell’azionario statunitense di 600 miliardi di dollari, solo dall’inizio di quest’anno. E, per quanto riguarda l’indice S&P 500, il loro apporto ai guadagni del listino dai primi mesi del 2017 è stato del 40%.
L’opinione di Goldman Sachs
A quanto pare, le parole e le opinioni a volte contano più dei numeri, anche sui mercati. Sembra questo il caso, dopo che il report della banca d’affari Goldman Sachs ha espresso l’ipotesi che la rapida scalata nella Borsa dei colossi tecnologici possa risultare in una bolla speculativa, come accaduto nel 2000 con la cosiddetta “bolla dotcom”. È bastata la nota degli analisti, in cui si esprimevano i dubbi sulla valutazione dei titoli delle 5 aziende, a trascinare giù il NASDAQ.
A preoccupare, secondo Goldman Sachs, anche il basso livello di volatilità delle Borse, che spinge ad investire sottovalutando i rischi. Occorre, infatti, tener conto anche di rischi di business, legati al fattore della ciclicità, come a potenziali aggiunte di norme antitrust per tutelare le attività online e la concorrenza. La volatilità di questi titoli azionari tecnologici, secondo gli analisti di Goldman, non è destinata a rimanere bassa per sempre. Il rischio che la volatilità aumenti esiste e, in base a ciò che suggerisce il mercato delle opzioni, i titoli dei FAAMG potrebbero rivelarsi più volatili della media dei titoli azionari.
Un altro paragone di Goldman Sachs è quello tra il trend dei cinque titoli della bolla dotcom e quello dei FAAMG: durante la bolla i primi 5 titoli erano scambiati per un prezzo pari a circa 60 volte gli utili a due anni e il titolo più conveniente era scambiato con un valore pari a 36 volte. I titoli FAAMG si mantengono su un valore pari a 23 volte gli utili a due anni, dunque ben lontano da quello raggiunto precedentemente (solo Amazon supera le 30 volte).
Il punto di vista AdviseOnly
Qui in AdviseOnly ci piace commentare i mercati a partire da dati. Facciamo dunque un raffronto tra il settore tecnologico del 2000 e quello di oggi (dati di fonte Goldman Sachs).
Dai dati sul primo quadrimestre del 2000 e del 2017, emerge subito una netta differenza tra i due casi: il P/E medio delle “Big 5″ dei primi anni del 2000 è quasi il triplo di quello dei FAAMG di oggi. Se, infatti, nel 2000 il massimo arrivava addirittura ad un P/E di 116.8, adesso nel gruppo dei FAAMG solo Amazon ha il P/E più alto (89), mentre tutti insieme arrivano solo a 22.7 (contro l’aggregato finale del 2000 di 58.3).
Vediamo poi dove attualmente si posiziona il settore tecnologico rispetto agli altri settori, analizzati tenendo in considerazione il P/E storico di Graham & Dodd e il fattore momentum (che rappresenta la forza del trend e il sentiment del mercato). Dal grafico sottostante (dati di fonte Bloomberg, elaborazione AdviseOnly) emerge chiaramente come il settore tecnologico sia posizionato molto bene e sia tutt’ora appetibile.
Un ultimo dato: rispetto alla media storica di lungo periodo, sia le Borse mondiali sia il settore tecnologico sono più cari del 10% circa. Un po’ più cari, quindi, ma niente di che.
I “Big 5” in rischio bolla, dunque? Secondo noi no, dati alla mano. Gli indici possono scendere? Certo. Ma non parliamo di “bolla”.
Più ampiamente, certo, preoccupa il fatto che i tracolli in Borsa abbiano dettato la maggior parte delle ultime crisi economiche, a riconferma che la finanza ha sempre l’ultima parola sull’economia. Ma basta non farsi prendere dall’emotività seguendo dai flussi del momento, cercando invece di attenersi a numeri e fatti.