Il problema della pensione in Europa
Standard di vita migliori, progresso della ricerca medica e calo della fertilità: un cocktail micidiale per i sistemi pensionistici pubblici dei Paesi sviluppati. Il problema è strutturale: l’indice demografico di dipendenza degli anziani – calcolato come il rapporto tra over 65 e persone in età da lavoro (15-64 anni) – è previsto in crescita a livello UE dal 31,4% del 2015 al 56,8% nel 2060.
Significa che in futuro ci saranno meno lavoratori a doversi fare carico dell’assegno previdenziale di un numero maggiore di anziani.
Come mostrano i grafici qui sotto (fonte: Eurostat), l’indice demografico di dipendenza degli anziani è visto in aumento in tutti gli Stati Ue di qui al 2060.
Di seguito analizziamo le proiezioni per due distinti gruppi di Paesi, rifacendoci alle definizioni dello European Council on Foreign Relations: i “Big Six”, ossia le maggiori potenze europee: Francia, Germania, Itralia, Spagna, Polonia e Regno Unito:
E gli “Affluent Seven”, ovvero i sette Paesi ricchi dell’Unione (Danimarca, Svezia, Finlandia Austria e Benelux):
Naturalmente la situazione non è omogenea e varia a seconda dei Paesi (in questo caso limitiamo la nostra analisi agli Stati dell’Unione Europea). Ma tutti si trovano in qualche modo a dover gestire il problema della sostenibilità dei sistemi di previdenza pubblica.
In che modo? Le scelte non sono molte, la coperta è corta: o si fa slittare in avanti l’età in cui si può andare in pensione, o si comprime ulteriormente l’assegno pensionistico.
La proposta della Commissione UE
È in questo secondo caso che entrano in gioco prepotentemente le forme di previdenza complementare: stiamo parlando dei prodotti pensionistici sottoscritti volontariamente dai singoli cittadini, che potrebbero avere un ruolo decisivo nell’integrare entrate previdenziali sempre più magre.
Eppure gran parte dei risparmiatori, non solo in Italia, continua a parcheggiare i propri risparmi in conti deposito poco (o per niente) remunerativi.
Proprio per incentivare il risparmio previdenziale e favorire la nascita di un mercato dei capitali a livello europeo, la Commissione Europea ha presentato lo scorso giugno una proposta di regolamento – attualmente in fase di valutazione – per la creazione di un prodotto pensionistico paneuropeo ad adesione individuale: PEPP, acronimo di Pan-European Personal Pension product, che andrebbe ad affiancarsi i prodotti previdenziali già esistenti a livello nazionale. In pratica si tratterebbe di una sorta di PIP europeo.
Come funziona l’approvazione dei PEPP?
I PEPP verrebbero istituiti tramite lo strumento del regolamento, immediatamente applicabile in tutta l’Unione Europea: non sarà necessario dunque che ogni singolo Stato recepisca la normativa, come succede per le direttive. Questo da un lato accelera i tempi, ma dall’altro, nota COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), lascia poco spazio per modellare la normativa a livello nazionale.
Dal punto di vista procedurale, il regolamento deve essere approvato dal Consiglio – a maggioranza qualificata – e dal Parlamento europei: non è dunque in grado di incidere sulla normativa nazionale in tema di fisco, lavoro e politiche sociali, materie che – per essere oggetto di provvedimenti normativi europei – richiedono l’approvazione all’unanimità degli Stati membri.
Nonostante questo, la Commissione raccomanda di estendere ai PEPP i benefici fiscali previsti all’interno di ogni singolo Stato UE per i prodotti individuali già disponibili.
Più concorrenza e prezzi più bassi
Tra gli obiettivi essenziali dei PEPP – e più in generale della creazione di un mercato unico delle pensioni individuali – c’è quello di promuovere la concorrenza tra i fornitori, a beneficio dei risparmiatori.
La creazione di prodotti armonizzati a livello europeo infatti dovrebbe favorire una maggiore concorrenza tra intermediari e consentire il conseguimento di economie di scala, due dinamiche utili ad agevolare una riduzione dei prezzi.
Stando a una simulazione condotta da Ernst & Young, i nuovi strumenti paneuropei potrebbero far lievitare gli asset under management dei prodotti pensionistici individuali nell’UE a 28 fino a quota 2,1 trilioni di euro di qui al 2030.
Chi può offrire e chi può comprare i PEPP?
I PEPP potranno essere offerti da banche, assicurazioni, società di gestione, imprese di investimento e fondi pensione occupazionali, mentre potranno sottoscriverli lavoratori autonomi e dipendenti, ma anche studenti o disoccupati. In Italia andranno ad affiancarsi ai prodotti previdenziali individuali già esistenti, quindi potranno fare concorrenza ai fondi pensione aperti, ai fondi negoziali e ai PIP, i piani previdenziali assicurativi.
Come cambierebbe l’offerta in Italia?
Vediamo allora quali potrebbero essere i costi dei PEPP rispetto a quelli dei principali competitor, ovvero appunto fondi aperti e PIP (per intenderci, il cosiddetto “terzo pilastro”).
Il grafico qui sopra indica la correlazione tra l’indicatore sintetico dei costi a 10 anni di tre prodotti pensionistici ad oggi esistenti (fondi aperti e PIP, ma anche fondi negoziali chiusi) sull’asse delle ordinate e il patrimonio (asse delle ascisse).
I fondi negoziali (che però fanno parte del cosiddetto secondo pilastro) si collocano su livelli di costo molto più bassi di quelli delle altre forme e mostrano una correlazione negativa tra costi e dimensioni, oltre che una dispersione dei costi limitata.
Al contrario, i PIP sono caratterizzati in generale da livelli di costo più elevati, da una dispersione molto forte e dall’assenza di una tendenza alla riduzione dei costi con la dimensione. I fondi pensione aperti infine, mostrano una situazione intermedia tra i due precedenti.
Alla luce di queste considerazioni, osserva COVIP, l’introduzione dei PEPP potrebbe contribuire a cambiare le dinamiche di mercato dei Piani Individuali di Risparmio, favorendo una convergenza dei costi verso valori più bassi e compatibili con le prospettive di rendimento.
“La proposta della Commissione UE getta le basi per aumentare la concorrenza sul mercato delle pensioni e per conseguire economie di scala”, ha commentato Bernard Delbeque, Senior Director della European Fund and Asset Management Association (EFAMA). “Questo porterà evidenti vantaggi ai cittadini europei in termini di costi ridotti, scelta più ampia e portabilità delle pensioni. Se la struttura normativa sarà in grado di offrire abbastanza flessibilità ai fornitori di PEPP, questi strumenti potranno anche sbloccare ulteriori finanziamenti per la crescita dell’Europa diventando un fulcro dell’iniziativa Capital Market Unit“.