In questo lungo periodo di incertezza, alcune domande che si pone il cittadino (e il risparmiatore) sono ricorrenti: “e se l’euro si frantumasse?“, “e se l’Italia uscisse dall’Unione Monetaria?“, “è possibile introdurre nel portafoglio strumenti finanziari che consentano una difesa da tale eventualità estrema?“.
Nessuno può rispondere con certezza alle prime due domande, ma la terza ha una risposta semplice: sì, ovviamente. Tra le alternative più immediate c’è l’acquisto di titoli obbligazionari denominati in divise non appartenenti all’Unione Monetaria Europea. Occorre però scegliere divise ed emittenti “solidi”.
La logica è acquistare obbligazioni denominate in divise “rifugio”: così si percepisce anche una remunerazione da interessi. Per esempio, può trattarsi di bond in dollari USA, canadesi, australiani, oppure denominati in divise scandinave o in franchi svizzeri.
In fondo, è la medesima idea sottostante alla costruzione dei portafogli Anti-Crisi.
Per avere un’evidenza empirica dei tratti difensivi di queste obbligazioni, si può osservare il modo con cui reagiscono al variare d’un indice che misura il rischio di contagio in Europa (l’indice è costruito aggregando gli spread dei Paesi europei con una metodologia statistica nota come “Analisi delle componenti principali”).
Il grafico che proponiamo mostra la sensitività dei rendimenti delle obbligazioni decennali di alcuni Paesi rispetto all’indice di contagio: emerge immediatamente che i rendimenti delle obbligazioni extra-euro hanno sensitività negativa, mentre quelle dei Paesi cosiddetti PIIGS hanno sensitività positiva.
Questo significa che, storicamente, al crescere del rischio contagio in UE, il rendimento di un bond in dollari australiani o USA scende (e quindi il prezzo sale): dunque, protegge dal rischio di crash dell’UE. Al contrario, il rendimento del bond di un Paese periferico dell’eurozona (Italia, Spagna, ecc…) sale (e quindi il prezzo scende) al crescere del rischio contagio. Nel caso della Grecia, poi, la sensitività è elevatissima.
Sensitività dei titoli di Stato decennali al “fattore contagio UE”
La sensitività è misurata attraverso un’analisi di regressione, utilizzando dati relativi ai titoli di Stato decennali di vari Paesi, da luglio 2008 a luglio 2013 (dati grezzi di fonte Bloomberg, elaborazioni Advise Only).
Non è necessario che le obbligazioni siano emesse dagli Stati sovrani che adottano divise “rifugio”. Basta che l’emittente sia solido ed abbia emesso bond in tali divise: candidati ideali sono, per esempio, le istituzioni sovranazionali, come la Banca Europea degli Investimenti (BEI), la Banca Mondiale, la International Bank for Reconstruction and Development (IBRD). Si tratta di istituzioni con merito creditizio molto elevato, che finanziano i loro progetti in varie divise e quindi emettono molte obbligazioni, rese disponibili ai risparmiatori dalla stragrande maggioranza degli intermediari.
Qualche esempio:
- la BEI in dollari australiani 01/2021, cedola 6,25% (ISIN: AU3CB0176675), alla data di redazione di questo articolo offre un rendimento del 4,7%,
- la IBRD 3/2017, cedola 3.25% (ISIN: XS0752103530), con rendimento intorno al 2%.
- la BEI in dollari canadesi 4/2018, cedola 1,75% (ISIN: XS0921767116), con rendimento intorno al 2,5%.
Il rendimento di cui si parla è quello lordo a scadenza, che si ottiene mantenendo il titolo fino alla sua scadenza ed è misurato nella divisa di denominazione del bond, ad esempio il dollaro australiano (AUD).
Naturalmente, per un investitore che vive in Italia, questo rendimento in AUD va convertito in euro. Quindi la conversione AUD/EUR (per restare su questo esempio) è un’altra componente di rendimento, positiva o negativa: in caso di disastro nell’area euro, è molto probabile che sia positiva, perché sarebbero in molti a fuggire dall’euro e comprare divisa estera “sicura”, alimentandone la domanda e facendone salire le quotazioni. Viceversa se, come auspicabile, la crisi europea si risolve favorevolmente, la performance di questo investimento sarà probabilmente deludente: il rendimento a scadenza generalmente è basso e, ad esso, si potrebbe aggiunge una variazione sfavorevole del cambio.
L’utilità di queste obbligazioni al momento è solo nella loro capacità difensiva nei confronti dei rischi legati all’euro: è quindi necessario dosarle con attenzione nel portafoglio, per evitare di deprimerne la performance in caso di scenario positivo.
Provate a guardare i nostri portafogli anti-Crisi:
Tutti i portafogli sono gratuitamente a vostra disposizione, vi basta accedere al sito Advise Only (o registrarvi se non l’avete ancora fatto).
Gianni / Luglio 30, 2013
Grande articolo. Una domanda: perché le obbligazioni paesi emergenti (che sono in valuta diversa dall’euro e Stati poco indebitati) non sono considerate antipanico? Tra l’altro hanno anche rendimenti più alti.
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Raffaele Zenti / Luglio 31, 2013
Per come la vedo io sono obbligazioni diversificanti, ma non sono antipanico: perché in caso di catastrofe, nell’immediato, la reazione tipica è: fuga da qualunque attività rischiosa. Dunque, i Paesi Emergenti, sia sull’azionario che sull’obbligazionario, di solito patiscono. Diverso è il discorso nel medio-lungo periodo.
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