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BTP Italia: nuova emissione 5-8 novembre. Convengono?

Si sa, i grandi successi generano sequel. Ed eccoci dunque alla quinta emissione del BTP Italia: martedì 5 novembre è partita la sottoscrizione all’obbligazione indicizzata all’inflazione italiana. Le caratteristiche strutturali sono invariate rispetto alle precedenti emissioni:

  • durata 4 anni;
  • tasso d’interesse reale annuo minimo garantito (2,15% in questo caso), al quale si somma l’inflazione italiana (indice FOI al netto della componente tabacchi);
  • cedole semestrali calcolate sul capitale rivalutato;
  • capitale nominale rivalutato e garantito a scadenza, anche in caso di deflazione;
  • Premio Fedeltà” dello  0,4% per i risparmiatori (persone fisiche) che acquistano all’emissione e conservano il titolo fino a scadenza;
  • taglio minimo acquistabile di 1.000 euro;
  • nessuna commissione di sottoscrizione nel periodo di collocamento;
  • ritenuta fiscale sugli interessi pari al 12,5%;
  • grande facilità d’acquisto da parte dei risparmiatori.

btp-italia-nuova-emissione-novembre-2013

La domanda che molti risparmiatori si pongono è: conviene acquistarlo?

I rendimenti reali offerti dai BTP legati all’inflazione a medio termine sono da tempo scesi dalle vette raggiunte a fine 2011 e da svariati mesi oscillano intorno al 2%. Dunque è difficile nel breve termine immaginarsi valori molti diversi, vista la situazione piuttosto tranquilla per quanto riguarda lo spread BTP-Bund e, più in generale, la curva dei tassi d’interesse italiana.

Si tratta di un rendimento reale interessante: nel contesto di un portafoglio, rende il titolo appetibile come strumento di gestione del rischio inflazione in Italia, soprattutto in un’ottica “cassettista”. È invece piuttosto improbabile che su orizzonti temporali brevi si manifestino significativi capital gain (cioè guadagni per variazioni di prezzo).

L’importante è non esagerare con il peso in portafoglio, un po’ perché l’inflazione non è certo (in ordine d’importanza) il primo dei rischi per i prossimi quattro anni, un po’ per evitare un’eccessiva concentrazione sul rischio Italia.

Vediamo perché. Alzando un po’ la prospettiva, l’attuale situazione – abbastanza rosea – dei rendimenti governativi italiani e dello spread è in realtà più figlia della fiducia nell’operato di Mario Draghi e della BCE che di tangibili miglioramenti strutturali. Dal punto di vista macroeconomico il quadro italiano è infatti piuttosto negativo e la situazione politica resta incerta e poco incisiva. Anche nell’eurozona, nel complesso, i rischi di sistema sono ancora elevati (il Barometro del Rischio Advise Only, indicatore del clima finanziario pubblicato sul nostro sito, segnala ancora rilevanti rischi sistemici nell’area euro, mentre nel resto del mondo la situazione si è normalizzata).

Questa è la ragione per cui, pur essendo interessanti i rendimenti dei titoli di Stato italiani, è prudente evitarne la massiccia concentrazione in portafoglio: è solo questione di gestione del rischio.

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