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BollettinoAO | Trump contro tutti a Davos, la BCE non cambia registro

summit di davos intervento presidente degli usa donald trump su economia e dollaro

I fatti salienti della settimana

Tassi fermi per tutto il 2018. Giovedì 25 gennaio, dopo la prima riunione dell’anno, il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha stabilito che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale restano rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il consiglio direttivo ha poi ribadito che, secondo le sue attese, i tassi di interesse di riferimento si manterranno “su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività”. Confermato anche che gli acquisti netti di attivi nel quadro del programma di quantitative easing andranno avanti al ritmo mensile di 30 miliardi di euro fino alla fine di settembre 2018 o anche oltre, se necessario.

Trump contro tutti. Sarà forse ricordato come il Forum del derby Europa-Stati Uniti l’appuntamento annuale sull’economia che si è svolto a Davos, suggestiva località sulle Alpi svizzere. L’attesissimo presidente USA Donald Trump è atterrato tra le montagne innevate dopo aver rilanciato il suo “America first” con l’annuncio di dazi al 30% sulle importazioni di pannelli solari e lavatrici negli Stati Uniti. Vibranti proteste di Cina e Corea del Sud, ma anche dell’Associazione dell’Industria per l’Energia Solare americana, secondo la quale la misura costerà agli Stati Uniti la perdita di 23.000 posti di lavoro e la cancellazione di miliardi di dollari di investimenti. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha tuonato: il protezionismo non è la risposta. Il presidente francese Emmanuel Macron ha attaccato da un altro fronte: la Francia, ha detto, è un modello nella lotta contro il riscaldamento climatico.

Migliori stime di crescita, preoccupa il voto. In concomitanza con il World Economic Forum di Davos il Fondo Monetario Internazionale ha diffuso l’aggiornamento al suo World Economic Outlook. Dal quale è emerso un miglioramento delle stime di crescita dell’Italia, ma anche un riferimento ai rischi associati alle elezioni del 4 marzo: in pratica, il Fondo teme che il nuovo governo non si impegni come dovrebbe nell’implementazione delle riforme. Quanto alla crescita, dopo un 2016 con un Prodotto Interno Lordo salito dello 0,9% e un 2017 con un PIL stimato in rialzo dell’1,6%, nel 2018 il nostro Paese dovrebbe crescere dell’1,4%, lo 0,3% in più rispetto alle previsioni di ottobre. Per il 2019 le attese sono ora di un +1,1%, dal precedente +0,9%.

Grafico della settimana

Valute sotto i riflettori. Cambio euro/dollaro protagonista della settimana, tra la riunione del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea da una parte e le dichiarazioni del presidente USA Donald Trump dall’altra. Al World Economic Forum di Davos, il presidente Trump ha dichiarato che il dollaro diventerà sempre più forte, smentendo di fatto il segretario al Tesoro USA Steve Mnuchin, favorevole invece a una valuta debole che “fa bene al commercio degli Stati Uniti”. A dispetto di ciò, venerdì il cambio era attorno all’1,24, con un apprezzamento dello 0,86% per l’euro all’indomani del vertice di Francoforte e della successiva conferenza stampa del presidente della BCE Mario Draghi.

 

Come si sono mossi i mercati

La lunga marcia della Brexit. Sostanzialmente stabili le Borse europee, inclusa Milano. In lieve calo il Ftse 100 di Londra. Vale la pena di segnalare l’intervista rilasciata dal governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney alla BBC Radio 4: secondo Carney, l’economia britannica continua a risentire degli effetti del voto sulla Brexit, ma le cose potrebbero migliorare verso la fine di quest’anno. Il Regno Unito potrebbe trarre vantaggio dalla crescita globale, ma per adesso le aziende stanno frenando i piani di investimento nell’attesa di vedere quali saranno le relazioni commerciali della Gran Bretagna dopo la sua uscita dall’Unione Europea.

Lo scacchiere del greggio. Il WTI si conferma, al termine della settimana, sopra i 65 dollari al barile, il Brent sui 70. Il dato sulle scorte USA ha mostrato un calo inferiore alle attese, ma è la tendenza che ha richiamato l’attenzione degli operatori: si tratta della decima settimana in discesa. A riprova, secondo alcuni osservatori, che le mosse dell’OPEC per diminuire la produzione stanno dando qualche risultato. Il cartello dei Paesi produttori e altre nazioni che non vi partecipano, come la Russia, da un anno si sono impegnati a tagliare l’output per riequilibrare il mercato. L’accordo è stato esteso fino a fine 2018. Non solo: l’Arabia Saudita, leader de facto dell’OPEC, non esclude ulteriori proroghe. La produzione USA di shale oil, ad oggi, non pare destare preoccupazioni.

Giovedì al cardiopalma per lo spread. Brusco movimento del differenziale tra BTP decennale e Bund nelle ore in cui a Francoforte si tenevano l’annuncio su tassi e politica monetaria invariati e a seguire la conferenza stampa del presidente della BCE Mario Draghi: lo spread è schizzato di circa 8 punti base, sfiorando quota 140, per poi scendere e riposizionarsi, venerdì, intorno ai 135 punti. Il rendimento del BTP a 10 anni si attesta sotto all’1,98%.

In agenda

Ed ecco alcuni dei principali dati macroeconomici che saranno pubblicati nel corso della prossima settimana (fonte: Bloomberg).

Europa – Martedì 30 gennaio si conoscerà il dato sulla variazione del PIL mese su mese e anno su anno nell’area euro: il dato è seasonally adjusted, ossia destagionalizzato (termine tecnico che indica la rimozione di fluttuazioni dipendenti da fattori stagionali). Sempre il 30 arriverà l’aggiornamento sulla fiducia dei consumatori a gennaio. Mercoledì 31, altro dato chiave: il tasso di disoccupazione a dicembre, atteso all’8,7% come nella rilevazione precedente. A seguire, l’indice dei prezzi al consumo (core e stime). Il primo febbraio sarà il turno del Markit Eurozone Manufacturing PMI.

Italia – Altra settimana densa di dati macroeconomici. Da segnalare, fra gli altri, la fiducia del comparto manifatturiero e la fiducia dei consumatori (martedì 30), il sentiment economico (sempre il 30) e, soprattutto, il tasso di disoccupazione a dicembre (il 31 gennaio). Quest’ultimo è di particolare interesse dopo il precedente aggiornamento al mese di novembre, che indicava un calo specialmente tra i giovani ma ancora difficoltà tra i 35-50enni (cui non si applicano le agevolazioni previste per gli under 35).

Stati Uniti – Dopo la BCE, la settimana prossima toccherà alla Federal Reserve annunciare la sua decisione sui tassi di interesse. Avverrà mercoledì 31, nel primo appuntamento dell’anno della banca centrale americana, l’ultimo sotto la guida di Janet Yellen, che il 3 febbraio verrà sostituita da Jerome Powell. Anche negli States uno dei temi della settimana sarà il tasso di disoccupazione: il 2 febbraio si conoscerà il dato aggiornato. Gli operatori si aspettano un 4,1%, invariato rispetto alla rilevazione precedente.


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