I fatti salienti della settimana
Ri-allentamento monetario? Il consiglio direttivo della BCE ha lasciato tutto com’era, compresi la previsione di tassi su livelli pari a quelli attuali almeno fino all’estate del 2019 – e in ogni caso “finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine” – e il piano di continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza “per un prolungato periodo di tempo”.
Altrove, la Fed ha ribadito che potrebbe rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi quest’anno, la Banca del Giappone ha abbassato le sue previsioni sull’inflazione e la People’s Bank of China renderà la sua politica monetaria ulteriormente accomodante.
Piano B per la Brexit. Martedì 29 gennaio la Camera dei Comuni si esprimerà sul “piano B” del primo ministro Theresa May, che prevede sostanzialmente una riapertura dei negoziati con l’UE. Il che potrebbe portare a un rinvio della Brexit dal 29 marzo a nuova data, e qualcuno (i Laburisti) ancora fa balenare l’ipotesi di un secondo referendum.
Perfino la regina Elisabetta II è scesa in campo, facendo appello all’unità e al dialogo, pur non menzionando apertamente il dossier Brexit.
USA ancora nelle spire dello shutdown. Negli Stati Uniti prosegue lo shutdown, ormai alla quinta settimana. Repubblicani e Democratici hanno presentato in Senato due disegni di legge contrapposti per risolvere la questione: bocciati tutti e due.
Al di là delle prove di forza dei due schieramenti, è interesse comune – condiviso dal presidente Donald Trump – trovare un punto d’accordo per far ripartire uffici e attività amministrative.
Il Venezuela prova a voltare pagina. Il presidente del Parlamento Juan Guaidò ha assunto i poteri di presidente ad interim fino a nuove elezioni, non riconoscendo (lui come molti altri) la legittimità del voto dello scorso anno, che ha confermato Nicolas Maduro alla guida del Paese con il 70% dei consensi.
Immediato il sostegno di Stati Uniti e Unione Europea, oltre che dei Paesi dell’America latina. Ma Maduro e i suoi hanno intenzione, come si dice, di vendere cara la pelle. Il Paese versa da tempo in una crisi economica e finanziaria drammatica, che ha avuto ripercussioni sull’export di greggio (il Venezuela è un Paese OPEC), come abbiamo raccontato più volte.
Le élite si incontrano a Davos. In occasione del World Economic Forum, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globale: la situazione finanziaria dell’Italia, insieme alla Brexit, è al primo punto fra i principali fattori di rischio.
Come si sono mossi i mercati
Dazi, tassi e rallentamento cinese. I colloqui sul commercio e le politiche monetarie hanno fatto il buono e il cattivo tempo anche questa settimana. A cominciare dall’Asia, dove i fari sono rimasti puntati sull’economia cinese e sugli interventi delle autorità per stimolarla e sostenerla. Negli USA, gli investitori seguono con interesse e anche una certa apprensione l’evolversi del confronto politico per uscire dalle secche dello shutdown. Listini europei vivaci venerdì grazie alla BCE “colomba”.
C’è appetito per i periferici. Si chiude un’altra settimana placida per il mercato obbligazionario italiano, supportato da una combinazione di inerzia e rinnovato appetito per la carta dei Paesi periferici dell’area euro. Buona domanda e rendimenti in calo per i CTz e i BTp a 10 e 30 anni indicizzati all’inflazione dell’area euro, assegnati in asta dal Tesoro il 25 gennaio. Intanto la nuova emissione decennale spagnola ha fatto il record di domanda, superando i 50 miliardi di euro.
Fitta agenda per le valute. Lo yen è scivolato dopo che la Bank of Japan ha lasciato la sua politica invariata e ha nuovamente tagliato le prospettive sull’inflazione. Lo yuan, invece, è salito dopo le ultime misure straordinarie della People’s Bank of China finalizzate a stimolare i prestiti alle piccole imprese e a sostenere la crescita.
Sulla sterlina continua a riverberarsi il serrato confronto su Brexit. Sul finire della settimana, l’euro è sull’1,13 nel cambio con il dollaro USA.
Rinnovato interesse per l’oro. Gli investimenti globali negli ETF sull’oro sono saliti ai livelli più alti dal 2013, visto che gli investitori stanno prendendo le distanze dalle attività più rischiose in favore dei rifugi. Il prezzo del lingotto è salito del 5% circa a dicembre, il massimo in quasi due anni. Il petrolio chiude la settimana sui 61 dollari al barile (Brent) e sui 53 (WTI).
Da segnare in agenda
Stati Uniti – Shutdown permettendo, martedì 29 gennaio sarà il giorno del rapporto sulla fiducia dei consumatori a gennaio. Il 30 variazione dell’occupazione non agricola (ADP), PIL nel quarto trimestre e – questo è particolarmente interessante – decisione sui tassi Fed.
Il primo febbraio sono in calendario le buste paga del settore non agricolo, il tasso di disoccupazione e l’indice ISM dei direttori agli acquisti del settore manifatturiero.
Gran Bretagna – Martedì 29 è atteso il voto del Parlamento UK sul piano B sulla Brexit, mentre il primo febbraio uscirà l’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero.
Cina – Giovedì 31 uscirà l’indice dei direttori agli acquisti del manifatturiero, il primo febbraio l’indice manifatturiero PMI – Caixin.
Europa – Il 31 si conoscerà la variazione della disoccupazione e quella del Prodotto Interno Lordo. Il primo febbraio, invece, focus sull’indice dei direttori degli acquisti del comparto manifatturiero e sull’indice dei prezzi al consumo annuale.