I fatti salienti della settimana
L’ultimo avvertimento di Trump. Scrisse un giorno il presidente su Twitter: “È incredibile che con un dollaro molto forte e praticamente senza inflazione, e con quello che si agita nel mondo intorno a noi, la Fed stia considerando un nuovo rialzo dei tassi di interesse”. Sì, la Fed lo stava considerando. E lo ha praticato, forse anche per ribadire la sua indipendenza dalla Casa Bianca, che da mesi fa pressione per una politica monetaria più accomodante.
Fed come da attese. A metà settimana è arrivato l’annuncio del rialzo di 25 punti base, al range tra il 2,25% e il 2,50%. Tuttavia, la Fed ha riconosciuto che il quadro macro globale si sta deteriorando: infatti, nella sua tabella previsionale, i rialzi 2019 sono passati da tre a due. Insomma, ottimista nel breve ma decisamente più cauta nel medio termine.
Ultimi incontri 2018 anche per BoJ e BoE. La Bank of Japan e la Bank of England hanno lasciato tutto invariato. La Banca d’Inghilterra, da parte sua, ha puntualizzato che le incertezze su Brexit stanno accentuandosi.
Non le si può dare torto. Il voto del Parlamento UK sulla bozza di accordo definita dai negoziatori UE e dall’entourage del primo ministro Theresa May è stato rinviato a gennaio. Ciò non migliora le prospettive: si profila sempre un sonoro “no”.
Ma ognuno mantiene la sua posizione: la May nega l’eventualità di un nuovo referendum, l’UE quella di nuovi negoziati. E ambo le parti hanno iniziato a predisporre piani di emergenza in caso di hard Brexit, ovvero che si arrivi al 29 marzo senza un accordo.
Finalmente la Legge di Bilancio? L’ultima versione della Legge di Bilancio italiana per il 2019 (che prevede un deficit/PIL al 2,04% nell’anno nuovo) è approdata al Senato dopo che governo e Commissione UE hanno raggiunto un accordo volto a evitare la procedura contro il nostro Paese.
Come si sono mossi i mercati
Un dicembre da piccola fiammiferaia. Non se la passava bene, la protagonista del triste racconto. E neanche Wall Street: alla chiusura del 20 dicembre 2018, l’S&P 500 risultava in calo dell’8,5% circa da inizio anno e del -15,8% dai massimi di settembre. Così gli altri due indici: -6,8% da inizio anno e -19,5% dal top 2018 per il Nasdaq e, rispettivamente, -9,6% e -14,5% per il Dow Jones.
Questo malgrado un anno di crescita degli utili per la Corporate America e di segnali incoraggianti per l’economia USA. La Fed con il suo rialzo e la prospettiva di uno stallo federale – il famigerato shutdown – hanno ulteriormente incupito gli investitori, frenando anche gli altri listini azionari mondiali.
A crescere, non solo quest’ultima settimana, ma tutto l’anno è stata anche la volatilità, vera protagonista di questo 2018: il VIX ha fatto registrare un +150% di performance da gennaio. Analogo discorso per il VSTOXX (che cattura la volatilità sull’azionario europeo), +55% negli ultimi dodici mesi. In crescita del 20% circa anche la volatilità dell’obbligazionario e delle valute. Insomma, un 2018 da montagne russe.
E il Vecchio Continente? L’azionario dell’area euro è stato ancora una volta alle prese con le grandi questioni nazionali (Brexit e Italia in prima linea) e con dati macro che confermano il rallentamento (l’IFO tedesco a dicembre è calato più delle attese).
Spread BTP-Bund in calo. Sul finire della settimana, la differenza di rendimento tra decennale italiano e suo omologo tedesco si posiziona sui 250 punti base, un livello che non si vedeva da settembre.
Dollaro/euro ai minimi da un mese e mezzo. In generale, il Dollar Index è sui livelli di metà novembre, per effetto della linea dura tenuta dalla Fed e del rischio di paralisi del governo federale statunitense.
Shale oil e domanda zavorrano il greggio. Venerdì mattina il petrolio ha provato a risalire dopo la forte correzione che ha portato il WTI ai minimi dal luglio del 2017, sotto i 46 dollari al barile. Il Brent orbita attorno ai 55 dollari USA.
A remare contro gli sforzi del club OPEC Plus, che ha appena varato un taglio alla produzione da gennaio, sono stati essenzialmente i numeri della produzione di shale oil e le previsioni sulla domanda mondiale.
Da segnare in agenda
Giappone – Dopo la festa per il Compleanno dell’Imperatore, il 28 dicembre arriveranno un po’ di dati macroeconomici, fra i quali la produzione industriale.
Stati Uniti – Giovedì 27 dicembre sono in calendario il rapporto sulla fiducia dei consumatori a dicembre e le vendite di nuove abitazioni a novembre. Il 28 toccherà ai contratti pendenti di vendita di abitazioni (dato mensile, aggiornato sempre a novembre).
Germania – Il 28 dicembre uscirà l’indice dei prezzi al consumo aggiornato a dicembre, con la variazione mensile e annuale.
25 dicembre – A molte latitudini si festeggerà il Natale. Anche il team di AdviseOnly si fermerà per qualche giorno.
A tutte e tutti voi, il nostro augurio per un sereno Natale e un felice inizio 2019!