I fatti salienti della settimana
“No deal” possibilità concreta. Il primo ministro inglese Theresa May ci ha provato in tutti i modi a ottenere il nullaosta del Parlamento UK alla bozza di accordo definita con l’UE per dare alla Brexit un indirizzo e un quadro il più possibile chiari e condivisi. E ha sonoramente fallito: la bozza è stata respinta con una maggioranza schiacciante: 432 parlamentari su un totale di circa 650.
È successo il 15 gennaio: il 16, lo stesso Parlamento che ha sancito la bocciatura ha confermato, seppure con una maggioranza risicata, la fiducia alla May. La premier britannica ha fatto sapere che presenterà un “piano B” in Parlamento il 21 gennaio, che verrà discusso e votato in aula il 29 gennaio. Nell’attesa, tutte le opzioni tornano sul tavolo e la hard Brexit sembra una possibilità tutt’altro che remota.
Recessione a chi? Dal Vecchio Continente, il presidente della BCE Mario Draghi ha detto che c’è rallentamento, ma non stiamo andando verso la recessione. E se anche entrassimo in recessione, “abbiamo gli strumenti per reagire”.
Hanno fatto eco i dati tedeschi: dopo il -0,2% del terzo trimestre 2018, negli ultimi tre mesi dell’anno l’economia dovrebbe essere cresciuta dello 0,1% (la conferma arriverà a febbraio), allontanando così lo spettro della recessione tecnica.
E gli USA? Domanda interessante. Tra le conseguenze dello shutdown, ormai alla sua quarta settimana, c’è che non vengono diffusi alcuni dati macro elaborati dagli uffici pubblici.
Non dimentichiamoci i dazi. Peggiore delle attese la bilancia commerciale cinese di dicembre, con le importazioni e le esportazioni in calo anno su anno (-7,6% e -4,4%). Evidente l’impatto dei dazi: l’export verso gli USA appare in forte diminuzione, mentre ha tenuto quello verso gli emergenti.
Intanto la banca centrale cinese ha immesso liquidità nel circuito economico per un totale di 570 miliardi di yuan, pari a 73,82 miliardi di euro.
Cronaca e smentita. Il Wall Street Journal ha scritto che il segretario al Tesoro Steven Mnuchin avrebbe proposto di allentare le tariffe a carico della Cina, per calmare i mercati. Il diretto interessato ha smentito, ma il retroscena diffuso dal quotidiano ha contribuito a dare sostanza alla sensazione che l’amministrazione Trump voglia arrivare a un accordo.
Come si sono mossi i mercati
Settimana ondivaga. Ha preso il via sull’onda dell’ottimismo innescato dai segnali di un progresso nei colloqui tra Cina e Stati Uniti e dai commenti accomodanti di vari funzionari della Fed. Poi è proseguita nel solco delle preoccupazioni rinfocolate dai dati macro cinesi, che sono un po’ il fallout dei dazi incrociati introdotti nei mesi scorsi. Si avvia alla fine proprio come è iniziata: in un clima di fiducia sull’esito dei negoziati tra USA e Cina.
Intanto è cominciata la stagione delle trimestrali e in Europa ha fatto un po’ di rumore l’annuncio di Société Générale, che ha detto di aspettarsi un calo dei ricavi da trading del 20% poiché la volatilità del mercato ha ridotto l’attività dei clienti.
Spread in calo. Lo spread tra BTP decennale e Bund di pari durata è sceso a 247 punti base, ai minimi da settembre. Al livello più basso da settembre – ossia 190 punti – anche lo spread dei titoli a cinque anni. La differenza di rendimento delle obbligazioni a due anni ha raggiunto invece i minimi da fine maggio.
La sterlina supera bene la settimana. Protagonista indiscussa della settimana è stata la sterlina: l’esito del voto parlamentare sulla bozza di accordo per Brexit era così scontato che nelle ore successive la divisa è addirittura salita nel cambio con le principali valute, secondo il più classico “sell the rumors, buy the news”. L’euro si avvia a chiudere la settimana sull’1,14 nel cambio con il dollaro USA.
Greggio in risalita. Prezzi del petrolio in netta risalita, in scia ai recenti dati OPEC sull’effettiva riduzione dell’offerta e alle speranze di un accordo USA-Cina sul commercio. Il barile di Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord, si avvia verso il week end sui 62 dollari, il West Texas Intermediate (WTI) verso i 53 dollari.
Da segnare in agenda
Cina – Lunedì 21 gennaio uscirà il dato sulla variazione annuale del Prodotto Interno Lordo nel quarto trimestre del 2018. Ci sarà anche l’aggiornamento sulla produzione industriale.
Stati Uniti – Shutdown permettendo, martedì 22 gennaio dovrebbero arrivare i dati aggiornati sulle vendite di abitazioni esistenti e di case nuove. Oltre alle scorte di petrolio, in settimana sarebbero attesi, fra gli altri, i principali ordinativi di beni durevoli (dato mensile aggiornato a dicembre).
Gran Bretagna – Martedì 22 gennaio attesi il tasso di disoccupazione ILO a novembre e la variazione nelle richieste di sussidi di disoccupazione a dicembre.
Europa – Martedì 22 fari puntati sullo ZEW tedesco. Il 24 sarà la volta dell’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero. Giovedì 24 si svolgerà la riunione della BCE, con successiva conferenza stampa. Venerdì 25 gennaio verrà diffuso l’indice IFO sulla fiducia delle aziende in Germania.
Giappone – Primo appuntamento di politica monetaria del 2019, con conferenza stampa e rapporto sulle prospettive della Bank of Japan.