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Bollettino AO | Brexit, l’accordo della discordia

C'è l'accordo sulla Brexit, ma non è ancora quello che tutti auspicavano.

I fatti salienti della settimana

Ci sono novità importanti su Brexit. UE e Regno Unito hanno trovato un primo accordo su Brexit, dopo un anno e mezzo di difficili trattative. Ma la premier britannica Theresa May è stata fortemente criticata per le eccessive concessioni fatte all’Europa e il suo governo sta perdendo pezzi: Dominic Raab, il ministro per la Brexit, ha infatti annunciato le proprie dimissioni.

Quanto allo spinoso tema del confine tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, i puristi della Brexit sono rimasti particolarmente delusi dalla soluzione trovata. Questa infatti prevede che – in caso di mancato accordo – sarà stabilita un’unione doganale tra Regno Unito e Unione Europea. Significa che tra le due aree non ci saranno tariffe né dazi, il che rischia di agganciare il Regno Unito in maniera potenzialmente permanente all’area doganale europea.

Ma l’accordo non è ancora definitivo. Per il momento è stato approvato soltanto dal governo britannico: mancano la ratifica dei 27 capi di Stato e di governo dei Paesi membri, il voto del Parlamento Europeo e soprattutto di quello britannico, per il quale Theresa May non sembra avere i numeri sufficienti. Intanto il leader della fazione UK più orientata su una hard Brexit, il deputato Jacob Rees-Mogg, ha invocato una mozione di sfiducia nei confronti della premier.

Nuovo monito di Draghi all’Italia. “I Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente, e tutti i Paesi devono rispettare le regole dell’Unione”. Parola del presidente della BCE Mario Draghi, che ha lanciato un nuovo, nemmeno tanto velato, richiamo all’Italia. L’aumento dello spread, ha aggiunto il numero uno dell’Eurotower, “è principalmente causato dalla messa in discussione delle regole UE”.

Ad incupire lo scenario inoltre è arrivata la risposta dell’Italia alla richiesta di Bruxelles di modificare il Documento Programmatico di Bilancio. La lettera inviata dal governo alla Commissione non modifica gli obiettivi sul deficit/PIL, fissato al 2,4% nel 2019. Una concessione, invece, sulla riduzione del debito, che secondo il governo italiano sarà possibile grazie a un piano di privatizzazioni del patrimonio immobiliare per un valore di 18 miliardi di euro. Procedura di infrazione più vicina?

 

 

Il grafico della settimana

Macchina economica in rallentamento? – Dopo il calo del Pil, anche la produzione dell’industria italiana ha segnato un rallentamento dello 0,2% nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti. Inaspettatamente anche la Germania frena: il Pil tedesco è sceso dello 0,2% nel terzo trimestre, per la prima volta dal 2015, alimentando nuove preoccupazioni per la crescita economica europea.

Frena l’Eurozona quindi, ma la realtà degli ultimi anni è un’altra, e (purtroppo) non si tratta di una novità. Osservando come si è evoluta l’efficienza economica dei paesi del Vecchio Continente, espressa tramite la produttività dei fattori, emerge che la debolezza del nostro Paese è una costante degli ultimi anni.

 

 

Come si sono mossi i mercati

Cina e USA ispirano i listini. La settimana è iniziata con il piede giusto per le Borse europee, tutte positive all’apertura di lunedì mattina. Ma poi le tensioni su Brexit hanno provocato diversi malumori sui mercati del Vecchio Continente, nonostante l’apparente disgelo a seguito del riavvicinamento tra USA e Cina sul piano commerciale.

Anche le azioni cinesi, australiane e coreane hanno guadagnato terreno in risposta alla ripresa dei colloqui tra Cina e USA. Invece la Borsa giapponese ha registrato una flessione. Dal fronte obbligazionario si segnala la risalita del nostro decennale, che porta lo Spread contro il bund tedesco sulla soglia dei 310 punti, sui massimi dal 2013.

Valute, positivo l’Euro. Riprende quota la nostra moneta unica, mentre la sterlina segna un calo dell’1,5% a causa dell’incertezza sull’approvazione dell’accordo su Brexit da parte del Parlamento britannico. Continua la debolezza del petrolio, mentre ci avviciniamo alla prossima riunione dell’Opec di inizio dicembre.

 

 

Da segnare in agenda

Stati Uniti – Carrellata di dati: martedì vengono rilasciati i numeri sui permessi mensili di costruzione (ottobre), mentre mercoledì arrivano gli ordinativi di beni durevoli e le vendite di abitazioni esistenti a ottobre, oltre ai dati sulle scorte di petrolio greggio.

Giovedì Wall Street sarà chiusa tutto il giorno in occasione del Ringraziamento, mentre venerdì chiuderà anticipatamente alle 13:00.

Giappone – Il 23 novembre si festeggia il Ringraziamento anche in Giappone: anche qui, dunque, i mercati saranno chiusi.

Europa – Poco da segnalare nel Vecchio Continente: giovedì la BCE pubblicherà le minute del meeting sulle decisioni di politica monetaria, mentre venerdì in Germania uscirà l’indice dei direttori d’acquisto del settore manifatturiero a novembre.


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