I fatti salienti della settimana
Per un pugno di rubli. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che impone agli acquirenti di gas russo il pagamento in rubli. Se non rispettato, darebbe il via allo stop delle forniture.
La chiusura dei rubinetti costringerebbe l’industria in Germania, Italia ed Europa centrale a fermarsi, con le relative conseguenze su lavoro ed economia. Non benissimo, diciamo.
Ma c’è un escamotage. Secondo quanto ricostruito da Federico Fubini sul Corriere della Sera, il decreto contiene un tecnicismo in base al quale accade quanto segue.
L’azienda importatrice apre due conti bancari presso Gazprombank (non soggetta a sanzioni proprio perché da essa passano i pagamenti europei per il gas russo), uno in euro e uno in rubli; poi versa i soldi nel conto in euro; a quel punto, Gazprombank utilizza quei denari per acquistare rubli e li mette sul conto in rubli dell’azienda importatrice; con quei rubli, finalizza il pagamento trasferendo quanto dovuto a Gazprom.
E Gazprom a quel punto ci dà il gas.
Un colpo al cerchio, uno alla botte. Quindi, in realtà, almeno nell’immediato le cose per noi in Occidente non cambiano. Bisognerà vedere cosa accadrà nei prossimi giorni. Germania e Francia hanno già fatto sapere di prepararsi all’emergenza di uno stop del gas dalla Russia.
E, in ogni caso, questo braccio di ferro porta alla piena luce del giorno – semmai ce ne fosse ancora bisogno – quanto l’Europa sia dipendente da Mosca e, dunque, vulnerabile.
A proposito di indipendenza energetica. La Casa Bianca ha ordinato il rilascio dalle riserve del Paese di un milione di barili di petrolio al giorno per sei mesi. Cosa che, nelle intenzioni, dovrebbe porre le basi per l’indipendenza Usa dai fornitori stranieri. Il presidente Joe Biden ha al contempo criticato le compagnie petrolifere statunitensi riluttanti ad aumentare la produzione.
In ogni caso, Goldman Sachs ha tagliato le sue previsioni di prezzo per il Brent di 10 dollari a 125 dollari al barile per la seconda metà di quest’anno, proprio alla luce di questa novità.
E l’Opec che fa? I ministri dell’Energia dell’Opec e dei Paesi alleati (tra i quali, lo ricordiamo, c’è la Russia) hanno confermato l’aumento graduale della produzione, con un incremento di 432mila barile al giorno a maggio. Insomma: nessuna ulteriore concessione alla domanda del mercato. Prossima riunione fissata per il 5 maggio.
Dagli Urali petrolio in saldo. La Russia, intanto, sta proponendo all’India forti sconti sulla vendita diretta di petrolio, dopo che la crescente pressione internazionale ha fatto un po’ passare l’appetito per i suoi barili. Saldi fino a 35 dollari al barile rispetto ai prezzi precedenti all’avvio della guerra. Critiche da Stati Uniti e Australia: prendendo in considerazione la proposta russa, l’India minerebbe l’efficacia delle sanzioni.
Qualcuno ha detto “inflazione”? Nel frattempo, c’è da dire che l’aumento dei prezzi dell’energia ha portato il tasso annuo di inflazione nell’Eurozona al +7,5% a marzo, rispetto al +5,9% di febbraio: questa la stima flash resa nota il primo aprile dall’Eurostat. In Italia inflazione al +6,7% annuo, mai così tanto dal 1991.
Come si sono mossi i mercati
Propensione al rischio. Nell’ultima settimana, l’idea che la guerra in Ucraina si stesse muovendo verso una soluzione con al centro la parte orientale del Paese ha contribuito a riportare a galla una maggior propensione al rischio. Che, come sappiamo, generalmente premia l’azionario.
I listini Usa hanno comunque sperimentato un certo rimbalzo nelle ultime settimane. L’Europa, dal canto suo, ha chiuso il mese di marzo in sostanziale parità rispetto ai livelli di inizio mese.
Avviso di recessione? Ma, come vi abbiamo spiegato qualche giorno fa, protagonista della settimana è stato l’obbligazionario Usa. Un accenno di inversione della curva dei rendimenti dei Treasury – prima il quinquennale ha superato il trentennale, poi il biennale ha sorpassato il decennale – ha fatto scattare l’allarme.
Solitamente, questo movimento viene interpretato come avvisaglia di una recessione in arrivo. Potrebbe però non essere così significativo questa volta, secondo gli esperti sentiti da Bloomberg.
Yen sotto pressione. Sullo sfondo di una volatilità relativamente bassa sui mercati valutari rispetto ad altre asset class si è messo in evidenza lo yen, sotto pressione per via dell’allargamento del differenziale tra Giappone e altri mercati sviluppati.
Ciò ha indotto la Banca del Giappone a intensificare gli acquisti di obbligazioni. Cosa che però, a fronte di altre banche centrali che invece stanno inasprendo la loro politica monetaria, potrebbe pesare ulteriormente sulla valuta nipponica.
Il costo del gas. Il tecnicismo del decreto voluto da Putin, di cui abbiamo parlato sopra, ha attenuato i timori sulle possibili interruzioni delle forniture. Le quotazioni, quindi, hanno ripiegato dopo i rialzi. In ripiegamento anche il petrolio dopo la mossa della Casa Bianca.
Indici azionari | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Azioni Italia | 2.27% | 2,25% |
Azioni Europa | 0.52% | 3.23% |
Azioni Usa | -0.17% | 5.08% |
Azioni Cina | 2.45% | -8.61% |
Indici obbligazionari | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Bond governativi eurozona | 0.12% | -5.67% |
Bond governativi usa | 1.53% | -5.21% |
Bond corporate usa | 0.89% | -3.04% |
Spread Btp-Bund | 154.3 punti | -6.58% |
Materie prime | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Oro | 56.19 eur/gr (-0.83%) | 2.77% |
Petrolio Wti | 100.57 usd/barile (-5.86%) | -1.77% |
Valute | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Cambio Eur/Usd | 1.1030 (0.49%) | -0.84% |
Cambio Eur/Gbp | 0.8427 (0.45%) | 0.94% |
Indici di mercato. Dati aggiornati ore 16.30 del 01/04/22.
I market movers della prossima settimana
A proposito di banche centrali: atteso lunedì il discorso del governatore della Bank of England Bailey. La settimana sarà poi all’insegna dei direttori degli acquisti nei vari settori e aree geografiche: gli indici delle loro attese verranno aggiornati nel Regno Unito (martedì 5 aprile, composito e servizi, e poi mercoledì 6, costruzioni) e negli Stati Uniti (martedì 5, non manifatturiero).