I fatti salienti della settimana
PMI sopra la fatidica quota 50. La prima settimana di febbraio si è aperta con gli indici PMI di Italia, Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna ed Eurozona, che hanno confermato l’attuale fase di espansione economica. La sigla PMI, lo ricordiamo, sta per Purchasing Managers Index, letteralmente “indice dei direttori agli acquisti”. Viene aggiornato mensilmente e considerato un po’ il “termometro” dell’economia: la “temperatura” va da 0 a 100 punti e un valore superiore a 50 rivela espansione, mentre un risultato inferiore è spia di contrazione economica.
Intanto, le banche centrali… Il 5 febbraio, in audizione al Parlamento Europeo, il presidente della BCE Mario Draghi ha ribadito che l’economia dell’area euro si espande “in modo robusto” e che la crescita va “oltre le attese e sopra il potenziale” aggiungendo però che, malgrado l’inflazione si stia avvicinando all’obiettivo, “non possiamo ancora dichiarare vittoria”, ragion per cui i tassi resteranno all’attuale livello ancora a lungo e certamente oltre la fine del quantitative easing.
A Washington si è tenuta la cerimonia di insediamento di Jerome Powell come nuovo presidente FED. A Londra, la Bank of England ha confermato i tassi allo 0,50% e lasciato invariati gli acquisti di asset, ma al contempo ha lanciato un avvertimento: “la politica monetaria dovrà essere inasprita prima del previsto, se l’economia evolve come ci attendiamo”.
Accordo per la Grande Coalizione in Germania. C’è l’accordo sulla Grosse Koalition, dopo settimane di trattative: tutto pronto per un governo tedesco CDU-SPD. I giochi, però, non sono ancora definitivamente chiusi. Adesso tocca alla base dei socialdemocratici della SPD esprimersi sull’intesa: gli oltre 450mila tesserati voteranno l’accordo dal 20 febbraio al 2 marzo.
Nuovo shutdown negli Stati Uniti. L’amministrazione Trump è inciampata in un nuovo shutdown, ossia il blocco delle attività amministrative per un mancato accordo su questioni di bilancio. È il secondo in meno di tre settimane. E stavolta la colpa non è dei democratici ma del senatore repubblicano, ed ex candidato presidenziale, Rand Paul: contrario all’aumento del debito pubblico, ha parlato a oltranza per più di sei ore bloccando di fatto il voto in Senato su un’intesa bipartisan per un bilancio biennale che incrementerebbe la spesa di altri 300 miliardi di dollari, dopo la riforma fiscale che costerà 1.500 miliardi dollari in 10 anni. Questa volta però lo shutdown è durato molto poco: venerdì la Camera dei Rappresentanti ha approvato la legge di bilancio che consentirà di riaprire gli uffici governativi.
Grafico della settimana
Ansia da correzione. Settimana di correzione, la prima di febbraio. L’opinione più in voga vuole che dipenda dalla prospettiva di un rialzo dei tassi da parte della FED più rapido del previsto, nel quadro di un’economia che registra una ripresa dei salari associata a richieste di sussidi di disoccupazione ai minimi. Certamente, il rialzo dei listini e l’assenza di volatilità che l’hanno preceduta hanno avuto un loro ruolo.
Come si sono mossi i mercati
Tutti giù per terra. Solo qualche giorno fa brindavamo ai record su record del Dow Jones, ben sopra i 26mila punti. Non poteva durare per sempre: e quindi, nella prima settimana di febbraio è subentrata la fisiologica correzione. Per tutti: S&P500 e Nasdaq a Wall Street, Eurostoxx sulla nostra sponda dell’Atlantico insieme con Cac40, Dax, Ftse 100 e, ovviamente, il nostro indice.
Consensi per le due big. Il Ftse Mib, a onor del vero, ha tentato un recupero a metà settimana anche sulla scia delle buone trimestrali delle banche, che rappresentano il comparto più rilevante della nostra Borsa. I titoli dei primi due gruppi per capitalizzazione, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono saliti, spinti rispettivamente dalla presentazione del piano industriale al 2021, che prevede a fine periodo 6 miliardi di utili e cedole generose, e dai conti che hanno visto l’utile netto battere le attese.
Cambiando l’ordine dell’Addendum. Intanto la presidente della Vigilanza Unica della BCE Danièle Nouy ha fatto sapere che la versione definitiva dell’Addendum (protocollo concepito per promuovere prassi di accantonamento ancora più tempestive sui crediti deteriorati, ovvero quei finanziamenti che i debitori fanno fatica o non riescono più a rimborsare) sarà pubblicata a marzo. I crediti deteriorati, ha spiegato Nouy, “rimangono un grosso problema” e “c’è ancora molto da fare”. Due cose, soprattutto: aumentare la redditività e ripulire i bilanci. Nouy ha anche auspicato fusioni transazionali tra le banche europee. Tutto il settore, a livello continentale, ha tentato un recupero in settimana.
Rendimenti invariati. Fatto sta che tra gli investitori è tornata un po’ di avversione al rischio. Tuttavia, i rendimenti dei titoli di Stato – in particolare statunitensi e dell’area dell’euro – sono rimasti pressoché invariati.
In agenda
Ed ecco alcuni dei principali dati macroeconomici che saranno pubblicati nel corso della prossima settimana (fonte: Bloomberg).
Prodotto Interno Lordo – Segnate la data: mercoledì 14 febbraio. Nel Valentine’s Day usciranno gli aggiornamenti sulla variazione del PIL in Europa, in Germania, in Italia e in Giappone.
Italia – Nel nostro Paese, il 15 febbraio è in calendario la diffusione del dato sulla bilancia commerciale totale e su quella verso l’area euro e dei numeri del debito pubblico, che secondo l’aggiornamento precedente era pari a 2.275 miliardi di euro. Il nuovo dato è aggiornato a dicembre.
Stati Uniti – Dagli USA è da segnalare in particolare il Monthly Budget Statement, la nota sul bilancio mensile: uscirà lunedì 12 febbraio.