Un’indagine di Pwc sul mercato italiano mostra un progressivo aumento nella propensione ad utilizzare modelli automatizzati di consulenza finanziaria. Ma non esiste una sola soluzione adatta a tutti.
Il futuro della consulenza finanziaria sarà digitale, anche in Italia. Ma nel Belpaese lo sviluppo della roboadvisory è ancora a uno stadio iniziale e i servizi esistenti hanno spesso delle soglie di accesso troppo elevate.
Gli ultimi dati sul settore arrivano da un recente studio condotto in Italia da Price Waterhouse Coopers con il supporto del CETIF (Università Cattolica di Milano), su un campione di 420 individui maggiorenni.
Secondo l’indagine, il 40% degli intervistati si è detto favorevole all’adozione di un servizio completamente automatizzato di advisory, con un picco nella fascia di età più giovane (58% per gli intervistati tra i 18 e i 26 anni, 60% tra i 27 e i 35 anni), che lascia intravedere un aumento della percentuale nel prossimo futuro.
I motivi citati da chi propende per una consulenza automatizzata sono riconducibili essenzialmente al desiderio di un servizio disponibile 24 ore su 24, più trasparente e indipendente rispetto a quello offerto da un consulente finanziario in carne e ossa.
Chi si è detto contrario invece, spiega di trovarsi a disagio a dover interagire con la propria banca tramite canali digitali e di aver bisogno di rassicurazioni circa le proprie decisioni di investimento, che non potrebbero ricevere da una “macchina”.
Concentrandosi sulla clientela bancaria, la ricerca di Pwc rileva che solo ¼ si ritiene soddisfatto del modello tradizionale di consulenza finanziaria, mentre i restanti ¾ vorrebbero che la propria banca innovasse il servizio percorrendo la via della digitalizzazione.
Ma se è vero che l’evoluzione dell’advisory passerà per la tecnologia, va detto anche che non esiste una soluzione in grado di adattarsi alle esigenze di tutti.
Si fa presto a dire roboadvisory…
Pwc ha individuato tre differenti tipologie di clienti bancari retail in Italia: “Smart”, “Multitask” e “Tradizionali”, ognuna con esigenze diverse.
Il 40% dei partecipanti all’indagine è riconducibile alla categoria Smart, definita da coloro che richiedono servizi di investimento facili da usare e digitalizzati. Questi clienti non si sentono soddisfatti dei servizi ricevuti dalla banca e desiderano consigli di elevata qualità per ottimizzare l’uso della propria liquidità e ottenere performance migliori sui loro investimenti. Si sentono a loro agio all’idea di investire per conto proprio su un vasto spettro di prodotti e asset class. Per questi clienti il modello di consulenza più adatto è quello della roboadvisory, argomenta Pwc: un servizio self service totalmente automatizzato e basato su algoritmi che guidi l’utente attraverso il processo di profilazione, pianificazione finanziaria, ottimizzazione del portafoglio ed esecuzione degli ordini.
Il 34% degli intervistati risponde alla descrizione del cliente Multitask, che richiede un servizio di investimento multicanale e si ritiene “quasi” del tutto soddisfatto dell’attuale offerta della banca. Questi soggetti desiderano migliorare il loro reddito nel medio-lungo termine e hanno una propensione al rischio medio-bassa. Non si sentono abbastanza sicuri da poter investire in autonomia, ma vogliono avere il controllo sul loro patrimonio. A loro si addice un modello di advisory ibrido, che eroghi consulenza sia in modalità self service sia tramite un rapporto diretto con un advisor virtuale: si tratta di un sistema basato anche in questo caso su algoritmi che opera nella stessa logica della roboadvisory vera e propria, ma offre al cliente l’esperienza umana tramite l’interazione digitale.
Infine il 26% del campione ricade nella categoria dei clienti Tradizionali, che prediligono un servizio di consulenza a tu per tu con un professionista “reale”. Sono soddisfatti del servizio che già ricevono e anzi, vorrebbero un rapporto più stretto con il consulente che li segue. Questi clienti accedono al servizio di advisory per mantenere la propria ricchezza ma sono avversi al rischio e non cercano rendimenti elevati. Per loro c’è ancora bisogno del consulente in carne e ossa. Questo non esclude però l’impiego di un modello di robo4advice, uno basato su algoritmi e pensato per supportare non il cliente ma il consulente stesso.
Come sono i roboadvisor Oltreoceano?
Passate in rassegna le esigenze della domanda, passiamo ora ad esaminare l’offerta, Per farlo, Pwc ha messo a confronto i roboadvisor americani, pionieri del settore, con le controparti europee e, più nello specifico, italiane. Ne sono emerse alcune differenze piuttosto significative: negli Usa la competizione si gioca sul prezzo, le barriere all’ingresso sono basse e la fascia di clientela target è molto ampia, ma il livello di sofisticazione del servizio è piuttosto limitato. Al contrario in Europa e in Italia la clientela obiettivo è di fascia alta e le commissioni sono più elevate, ma anche le soluzioni proposte risultano più complesse e studiate.
Il mondo è bello perché è vario
Dal punto di vista regolamentare i confini della roboadvisory non sono ben definiti: ancora una volta il business ha anticipato la normative – Pwc definisce la digitalizzazione della consulenza come un caso «Uber» della finanza. In ogni caso i framework attuali permettono di individuare quattro tipologie di roboadvisor, che si differenziano tra loro per livello di indipendenza, intervento umano e integrazione con la banca.
- Roboadvisor Stand Alone (es. Wealthfront)
Si tratta di un modello di roboadvisory puro, in linea con i requisiti della Mifid2. In questo caso il roboadvisor è un’entità legale a sé ed è caratterizzato da un elevato grado di indipendenza: il conto corrente del cliente viene creato presso una banca scelta dalla società di consulenza o dal cliente stesso e l’operatività avviene in regime di execution only senza retrocessioni da parte delle case prodotto.
- Roboadvisor “segregato”
Il roboadvisor in questione fa parte di un gruppo bancario, ma non è integrato con la banca, che può stabilire accordi di distribuzione con le case prodotto. Esistono due scenari: nel primo caso la banca non trattiene le commissioni di gestione e il roboadvisor, che può essere utilizzato come una sorta di divisione wealth management della banca stessa, è indipendente. Nel secondo caso, la banca incassa gli inducements e il roboadvisor non è indipendente.
- Roboadvisor integrato (es. Yellowadvice)
Qui il roboadvisor è una parte della gamma di servizi online offerti dalla banca di cui fa parte: i clienti del roboadvisor sono clienti della banca. Non si tratta di un’entità legale né di un operatore indipendente, in quanto non esiste al di fuori della banca.
- Robo 4 Advice (es. Vanguard)
La piattaforma digitale serve al consulente in carne ed ossa, che la usa come supporto nel suo rapportarsi alla clientela. In questo caso il servizio non è completamente automatizzato, perché a erogare la consulenza è il professionista, non la piattaforma.
Evoluzioni future
Tutti i player attivi nei servizi di consulenza si stanno muovendo per trovare un nuovo posizionamento di mercato, sfruttando le leve digitali, ma i modelli futuri non sono ancora definiti: sarà ancora una volta l’evoluzione tecnologica a fornirci le risposte.