All’incirca una decina di anni fa, avevo un paio di amici che si lasciarono coinvolgere in un’avventura di marketing piramidale. Dissero che a uno degli incontri formativi – forse il primo – qualcuno dal palco aveva raccontato loro la storia del produttore di scarpe che voleva espandersi in Africa.
Ebbene, questo ambizioso produttore aveva spedito due suoi collaboratori a sondare il mercato. Terminata la missione, il primo dei due aveva riferito: “lasciamo perdere, qui camminano tutti scalzi”; il secondo, invece, aveva afferrato la cornetta – ma ve le ricordate, le cornette del telefono? – e, messosi in contatto con il produttore, entusiasticamente lo aveva spronato: “Mandi subito qui quante più scarpe può, sono tutti scalzi!”.
Una storiella suggestiva, per indottrinare gli aspiranti venditori. Ci ho ripensato giorni fa quando ci è arrivata la newsletter Quartz Obsession dal titolo “African Fintech: Banking a continent”. Ma come, ho pensato, che c’azzecca il Fintech in un continente bellissimo ma “scalzo” come l’Africa? E invece.
La svolta Fintech e un mercato in crescita
Quartz ci spiega che in Africa il Fintech non rappresenta, come altrove nel mondo, il fattore “disruptive” rispetto ai servizi finanziari tradizionali, ma il potenziamento di un’industria storicamente sottosviluppata. Questo perché, creando una serie di prodotti e soluzioni basati sulla tecnologia, fra i quali il mobile money, l’elaborazione dei pagamenti online, i prestiti e gli investimenti, le start-up Fintech stanno colmando le grandi lacune esistenti nei servizi finanziari locali.
Con circa il 66% della popolazione adulta in Africa che non è bancarizzata, questa industria emergente ha l’enorme opportunità di favorire l’inclusione finanziaria al di fuori dei sistemi bancari tradizionali. In Kenya, per capirci, il servizio di mobile money di M-Pesa consente agli utenti di pagare le bollette tramite cellulare o attraverso una rete di agenti, indipendentemente dal fatto che dispongano o no di conti bancari.
Non è affatto cosa di poco conto, considerando cos’è l’Africa oggi.
Un continente pieno di nuovi clienti
L’Africa ospita la forza lavoro più giovane al mondo e ha un tasso di utilizzo del telefono cellulare che è in rapida crescita. Fornire servizi finanziari essenziali a questo mercato ha un potenziale importante: e gli investitori globali, dalle società di venture capital della Silicon Valley alle istituzioni finanziarie internazionali, ne stanno prendendo prontamente atto.
Operatori del calibro di Stripe, Visa e PayPal hanno deciso di supportare attivamente società come Paystack, azienda nigeriana di pagamenti online, Flutterwave, start-up di soluzioni di pagamento anch’essa nigeriana, Tala, online lender che opera in Kenya e Tanzania, e Branch, altro finanziatore digitale.
E la nigeriana Interswitch si è imposta come primo “unicorno” Fintech in Africa: gli “unicorni” sono le imprese che hanno una valutazione di un miliardo di dollari, livello che Interswitch ha raggiunto dopo che Visa ha acquisito una quota azionaria di minoranza nell’azienda. Un investimento che pare ammonti a 200 milioni di dollari.
Ok i venture capitalist. Ma perché i big mondiali dei servizi finanziari si stanno muovendo? Semplice: per conquistare quote di mercato in un continente immenso che promette di diventare digitalmente decisivo.
Accesso al credito: una medaglia a due facce
Uno dei maggiori meriti – e successi – del Fintech in Africa consiste nell’aver migliorato l’accesso al credito. Come spiega Quartz, grazie alle app di digital lending che forniscono prestiti rapidi e determinano i punteggi di affidabilità mediante l’analisi dei dati dello smartphone (inclusi registri delle chiamate, elenchi di contatti, dati GPS e messaggi), gli utenti possono guardare oltre le banche tradizionali per accedere al credito.
Ma c’è un problema: ci sono evidenze crescenti che la facilità di accesso ai prestiti digitali veloci sta conducendo a un picco del debito personale. E poiché le app di prestito sgomitano per assicurarsi quote di mercato e le entrate derivanti dal pagamento degli interessi, si teme che possano inavvertitamente spingere gli utenti a indebitarsi con discutibili scelte di spesa.
Non solo. La commercializzazione dei dati degli utenti sta sollevando preoccupazioni in merito alla privacy e alla proprietà dei dati. Alcune misure di contenimento sono già state varate: il Kenya ha approvato nuove leggi sulla protezione dei dati ispirate all’esperienza UE, mentre Google ad agosto ha annunciato che vieterà le app di prestiti che promuovono finanziamenti personali con richieste di rimborso in due mesi o addirittura meno.
La newsletter Quartz Obsession termina con una citazione di Ameya Upadhyay, direttore investimenti di Omidyar Network. “Nessuno mangia account di mobile money”, ha detto Upadhyay. “Lo puoi avere, certo, ma a meno che tu non sia protetto dai rischi futuri o possa evitare la povertà in vecchiaia, costruire risorse e risparmiare per il futuro, averlo non è sinonimo di inclusione finanziaria”1.
1 – Why African fintech startups are becoming even more attractive for investors, fonte: Quartz