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FinTech vs Banche: la lotta tra Davide e Golia alla conquista della relazione con il cliente

La rivoluzione digitale è già in atto su scala globale e lungo il suo percorso ha travolto e cambiato i connotati di più di un settore: basti pensare alla fruizione di musica e tv, o all’editoria.

Il mondo bancario potrebbe essere tra le prossime “vittime” di questo “tornado”. Secondo la Global Banking Annual Review 2015 di McKinsey, intitolata “The fight for the custumer”, cinque tra i maggiori business retail delle banche – finanza al consumo, mutui, prestiti alle PMI, pagamenti retail e wealth management – rischiano di perdere tra il 10% e il 40% dei ricavi e tra il 20% e il 60% dei profitti da qui al 2025 sotto l’attacco di nuovi player digitali, più agili, smart e meno soggetti a requisiti regolamentari.

Parliamo prevalentemente di startup FinTech, ma anche di colossi non bancari, attivi nei settori della tecnologia, delle telecomunicazioni, dell’e-commerce e dell’intrattenimento, attratti dai ricchi profitti che ruotano attorno al settore del credito: l’industria bancaria globale infatti, ha generato utili per 1 trilione di dollari nel solo 2014.

La relazione con il cliente

Questa sfida (e il modo in cui verrà affrontata dai protagonisti in gioco) è destinata a trasformare per sempre il volto dell’industria finanziaria nel corso dei prossimi dieci anni.

Il cambiamento sarà forse meno visibile rispetto a quelli innescati dalla crisi finanziaria globale o dall’esplosione della bolla dotcom. Ma il suo impatto sui modelli di business delle banche potrebbe essere ancora più dirompente. Come suggerisce il titolo stesso dell’indagine di McKinsey, l’asset fondaentale a cui puntano le startup FinTech è la relazione con il cliente. Per vincere la sfida, le banche dovranno battere i nuovi competitor, giocando al loro stesso gioco: offrire un’esperienza di servizio più intuitiva ed emozionale, e aumentare le competenze digitali così da poter abbassare i costi.

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Un’evoluzione a “S”

La digitalizzazione nel mondo bancario sta prendendo piede con una rapidità impressionante. Secondo un’altra indagine condotta sempre da McKinsey, in Asia oltre la metà dei clienti bancari titolari di conti correnti e carte di credito si sono detti disponibili a cambiare istituto se un provider digitale presentasse loro un’offerta interessante. Insomma, il digital banking sembra sulla buona strada per percorrere la stessa curva a “S” che ha caratterizzato l’adozione di altre tecnologie di largo consumo (radio, televisione, forno a microonde, solo per citarne alcune). E il processo non riguarda solo la clientela retail: anche le PMI sembrano apprezzare i vantaggi – comodità e prezzi competitivi in primis – di un servizio bancario completamente digitale.

FinTech come calamite

Ma quali sono le ragioni che sembrano attrarre i clienti come calamite verso questa schiera di nuovi operatori? Tanto per cominciare, rileva McKinsey, va ricordato che quello tra un cliente e la sua banca non è tipicamente un legame forte – forse è l’esperienza bancaria stessa che per sua natura non si presta.

In secondo luogo, la tecnologia ha trovato risposte a dei bisogni che né le banche, né gli stessi clienti potevano anticipare – per citare Steve Jobs, “le persone non sanno quello che vogliono finché non glielo fai vedere”: risparmiare tempo, ricevere feedback immediati, socializzare. Inoltre la reputazione delle banche non è uscita indenne dalla crisi: le autorità hanno inasprito i requisiti di trasparenza per minimizzare i conflitti di interesse. Infine le banche sono strette nella morsa di una “doppia” questione demografica: da un lato ci sono i Millennials, i figli dell’era digitale, che saranno i clienti bancari di domani; dall’altra ci sono i clienti attuali, tra i 50 e i 60 anni, che stanno diventando a loro volta sempre più avvezzi alle nuove tecnologie.

Un esempio nel wealth management

Finora, ricorda McKinsey, le banche hanno puntato soprattutto sulla pigrizia umana e sulle difficoltà che ostacolano il passaggio da un istituto all’altro per mantenere il loro bacino di clienti. Adesso però le nuove app e i servizi online stanno iniziando a disinnescare la forza gravitazionale esercitata dai colossi del credito, per esempio agevolando apertura e trasferimento del conto corrente. Di più: le start-up  hanno costi più bassi rispetto alle banche e possono quindi offrire ai clienti prezzi più vantaggiosi.

Prendiamo i servizi di wealth managementretail”: molte FinTech applicano commissioni intorno ai 15 punti base (0,15%) per i primi 100mila dollari sotto consulenza, contro i 100 punti base (1%) degli operatori tradizionali. Inoltre questi nuovi player sono in grado di creare un’esperienza più attraente per i clienti. Ed essendo più piccole, possono muoversi più agilmente, cogliendo al volo le opportunità e cambiando velocemente rotta quanedo necessario.

I giochi sono ancora aperti

La domanda allora è: questi nuovi operatori che si sono affacciati prepotentemente sul mercato saranno davvero in grado di minacciare utili e ricavi delle grandi banche?

Secondo gli esperti di McKinsey la risposta è sì. Naturalmente ci sono diverse variabili in gioco, che potrebbero spostare l’ago della bilancia a favore degli uni o delle altre: una eventuale maggiore regolamentazione degli operatori FinTech per esempio, o tutto il tema della cyber security – una frode informatica su larga scala potrebbe infliggere un duro colpo alla credibilità dei player digitali. Senza contare che queste start-up non hanno ancora superato la prova di una crisi sistemica: bisogna vedere in quanti riuscirebbero a sopravvivere.

Due vie percorribili

Fatto sta che, se vogliono assicurarsi la sopravvivenza, le banche devono agire e devono farlo ora. McKinsey individua due strade percorribil.

1. Lottare per non perdere i clienti

In questo caso, gli istituti di credito tradizionali devono trovare il modo di di creare una connessione emozionale con propri  i clienti, facendo leva sull’enorme mole di dati di cui già dispongono. Possono scegliere di focalizzarsi solo su una determinata attività o una specifica fascia di clientela (come sta facendo per esempio Goldman Sachs, che si rivolge sempre più a clienti wholesale di fascia alta). Oppure possono cercare di conquistare la clientela offrendo servizi personalizzati e accessori, costruendo una sorta di “ecosistema” intorno al singolo utente. Infine la banca può fare una scelta drastica tornando a rivolgersi alle comunità locali e costruendo un servizio che affondi le radici in una determinata area geografica, quindi poco replicabile da un player globale (una soluzione quest’ultima più adatta forse a istituti di credito di dimensioni medio-piccole).

2. Fare a meno dei clienti e reinventarsi come provider “white label” di competenze di bilancio

Un’alternativa, come dicevamo, può essere rinunciare tout-court alla relazione con il cliente e decidere di diventare provider di capacità di bilancio al servizio delle aziende FinTech. In questo caso il focus dell’attività bancaria si sposterebbe su attività di base come depositi, prestiti e conti correnti. In pratica, gli istituti di credito tradizionali si trasformerebbero nell’equivalente bancario delle server farm, spostando la loro operatività “dietro le quinte”.

Una terza strada

Al netto della ricerca di McKinsey, basta guardarsi intorno per individuare poi una terza soluzione, che in diversi casi si sta già concretizzando: i grossi conglomerati bancari cercano di “neutralizzare” l’attacco delle FinTech utilizzando la loro posizione di forza in termini economici e di brand per inglobare questi nuovi player.

È il caso, solo per citare qualche esempio, del colosso dell’asset management BlackRock, che la scorsa estate ha annunciato l’acquisizione del roboadvisor americano FutureAdvisor, o di Aberdeen AM, che si è detto intenzionato a rilevare la società Parmenion Capital Partners, anch’essa attiva nel settore della consulenza finanziaria digitale.

Un’altra iniziativa che merita un cenno nell’ambito della digitalizzazione del mondo bancario è il recentissimo accordo annunciato da Apple, Amazon, Google, Paypal e Intuit (di cui parleremo in modo più approfondito prossimamente sul blog). I cinque giganti del settore tecnologico hanno avviato una collaborazione per formare un consorzio il cui obiettivo è promuovere politiche e cambiamenti nel settore finanziario all’insegna dell’innovazione tecnologica, aumentando la sicurezza, la facilità dei pagamenti in mobilità e la prevenzione di frodi.

Qualunque sia la scelta, il mondo bancario sarà protagonista di una profonda trasformazione nel prossimo decennio. Non ci resta che attenderne gli esiti.

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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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