Ormai si son fatte “giovinotte”, direbbe mia nonna. Ovvero, sono grandicelle: non ancora adulte, forse, sicuramente non anziane, ma certamente non più bambine. Sono le aziende Fintech, che tra una cosa e l’altra sono in pista già da oltre un decennio.
Fu la recessione globale del 2008 a fare da punto d’innesco al processo di innovazione tecnologica. Da allora, non c’è voluto molto perché questa nuova specie di istituzioni finanziarie sconvolgesse a livello strutturale l’ecosistema del “banking as usual”. Queste agili startup hanno rapidamente guadagnato popolarità tra consumatori e piccole e medie imprese in cerca di convenienza, servizi competitivi e fonti di credito alternative.
Tredici anni dopo la recessione del 2008, il World FinTech Report 2021 di Capgemini ed Efma esamina le prossime tappe di questi attori verso la profittabilità e la globalità. Cosa emerge dal Rapporto? Scopriamolo insieme con questa breve panoramica.
La pandemia non le ha contagiate (troppo)
Entrate in scena dopo la recessione globale del 2008, le Fintech hanno presto scosso l’industria offrendo alla clientela un’esperienza digitalmente dirompente e prodotti a basso costo. A seguire, hanno iniziato a dare nuova vita alla catena del valore bancario collaborando con gli operatori storici per colmare le lacune sul fronte dei prodotti e dei servizi.
E mentre il Cigno Nero del 2020 ha messo alla prova l’intero ecosistema bancario, i segmenti del Fintech sono cresciuti. I settori verticali – compresi i pagamenti digitali e le Wealthtech – hanno registrato una crescita media annua di circa il 19% secondo il rapporto per la valutazione del mercato del World Economic Forum, della Banca Mondiale e del Centre for Alternative Finance. Il prestito digitale, che si è contratto dell’8% su base annua nel primo semestre del 2020, ha rappresentato un’eccezione.
Cresce l’interesse per le realtà più mature
Malgrado il contesto, nel quarto trimestre del 2020 il settore Fintech ha registrato una ripresa dell’11% anno su anno delle operazioni, dopo quattro trimestri consecutivi di calo. I mega-rounds (i round, cioè, per la raccolta di finanziamenti) sono saliti moderatamente nel 2020, a 102 dai 92 nel 2019.
Anche lo sguardo degli investitori sulle Fintech si è fatto più consapevole: in calo i finanziamenti alle “early stage”, in aumento quelli destinati alle Fintech più in là con gli anni, per così dire.
Le Fintech sono popolari, ma poche sono redditizie
Ebbene sì: le Fintech stanno rosicchiando la quota di mercato delle banche tradizionali, tanto che il sondaggio 2020 di Capgemini ha rilevato come quasi il 25% dei clienti sia disposto a provare i prodotti bancari dei nuovi operatori, Fintech e Bigtech. Ma perché cambiare in un contesto di crisi sanitaria? Circa il 70% degli intervistati ha menzionato il servizio di consegna più veloce, i vari altri servizi personalizzati, la risposta rapida alle domande e l’accessibilità in qualsiasi momento e da qualunque posto tra le principali ragioni.
Va anche detto, però, che i clienti continuano a fidarsi delle banche tradizionali. Più di tre quarti degli intervistati nell’ambito del sondaggio “Voice of the Customer”, la voce del consumatore (un sondaggio condotto sempre nel quadro del Rapporto), hanno dichiarato di fidarsi della loro banca di riferimento per le esigenze finanziarie e non stanno considerando di passare a un nuovo istituto.
Sono addirittura disposti a provare le offerte digitali degli operatori storici, e il 68% ha detto che proverebbe una banca solo digitale a patto che sia gestita dalla banca tradizionale di riferimento.
La nuova fase di sviluppo del comparto bancario
L’impatto del meteorite pandemico ha prodotto una nuova grande onda d’urto che ha investito in pieno, fra gli altri, anche il comparto bancario. Nelle realtà storiche, ci dice in sostanza il Rapporto, decenni di rattoppi tecnologici hanno prodotto un groviglio multistrato che oggi va trasformato in una chiara strategia tech e digital. Un’impresa ardua, ma la pandemia ha reso chiaro a tutti che procrastinare non è un’opzione, se si vuol mantenere una posizione di rilievo sul mercato.
Che fare, a questo punto? Una filiale esclusivamente digitale può aiutare gli attuali protagonisti del mercato a rimanere nel campo da gioco. Ma di filiali digitali non ce n’è un tipo solo. In particolare, secondo il rapporto, davanti alle banche tradizionali si aprono tre strade.
• “Greenfield”. Nuova entità, costruita da zero, dotata di un nuovo marchio che utilizza un’infrastruttura IT completamente nuova.
• “Bluefield”. Nuova entità che utilizza un mix di infrastrutture esistenti o già acquisite e capacità/competenze di nuova acquisizione.
• “Brownfield”. La filiale utilizza l’infrastruttura esistente e le capacità/competenze costruite in casa.
Ma anche in questo caso, il Rapporto rileva non rare criticità. Agli executive, in particolare, è stato chiesto quali sono le sfide che una capogruppo tradizionale può incontrare nel lanciare o nell’espandere una realtà esclusivamente digitale. Le risposte? Eccole:
• cannibalizzazione non strategica (43%);
• mancanza di supporto dalla capogruppo (47%);
• frizione culturale (48%);
• arena di mercato sovraffollata (52%);
• proposta debole (55%).
Insomma: c’è ancora un po’ di lavoro da fare.
La sfida green delle banche vecchie e nuove
In tutto questo, le istituzioni finanziarie sono chiamate a raccogliere anche la sfida ESG, sollecitate in ciò non solamente dalla normativa ma anche dalla clientela.
“Il 65% dei nostri intervistati”, si legge nel World FinTech Report 2021 di Capgemini ed Efma, “desidera che le banche riducano la loro impronta di carbonio”. Come? Riducendo o eliminando l’uso della carta, optando per l’energia da fonti rinnovabili e prediligendo materiali biodegradabili. Quasi un terzo dei consumatori ha detto di essere disposto a pagare un costo aggiuntivo per prodotti e servizi “verdi” o a passare a un nuovo fornitore per avere prodotti sostenibili dal punto di vista ecologico e sociale.
Come hanno reagito finora le banche tradizionali a queste tendenze “green” emergenti? Promettendo una significativa riduzione dell’impronta di carbonio e fissando obiettivi ambiziosi per raggiungere le zero emissioni nette nei prossimi decenni.
E, anche qui, ce n’è di lavoro da fare. Non solo per banche e Fintech.