Alzi la mano chi, nel corso di questa crisi finanziaria, non ha scoperto di avere nel suo portafoglio di investimento degli strumenti finanziari che si sono comportati in modo molto diverso da quanto gli avevano raccontato.
La colpa in questo caso è anche vostra che avete la libido speculandi e vi comprate di tutto, basta che vi promettano performance tanto spaziali quanto improbabili. Tuttavia, oltre ad usare un po’ di buon senso, meglio avere una mappa per orientarsi nella selva oscura dei prodotti finanziari ed evitare di farsi azzannare da quelli più aggressivi. Proviamo a completare il quadro, parlando anche di ciò che riteniamo possa essere interessante e vantaggioso per un risparmiatore.
Le variabili che abbiamo considerato sono:
- costi – componente certa e negativa della performance che, non avendo di solito nessuna relazione con la qualità del prodotto acquistato, è bene minimizzare a parità di altre condizioni;
- liquidità – ha essenzialmente a che fare con la vostra capacità di ottenere indietro i vostri quattrini rapidamente e senza spese aggiuntive, quindi va da sé che ha una certa importanza;
- complessità – può essere intrinseca al prodotto, come per i derivati (e allora può anche andare bene, ma lasciamola agli esperti) o indotta artificialmente, come nel caso dei prodotti strutturati, per rendere il prodotto comprensibile e farcirlo così di costi.
Ovviamente, si possono trovare molte eccezioni, ma questa è sostanzialmente la verità.
Analisi degli strumenti finanziari per costo e liquidità: legenda minimalista
Fondi comuni/Sicav a basso TER. Prodotti di risparmio dai costi ragionevoli (TER) che danno la possibilità di investire in un’asset class diversificando fra vari strumenti. Offrono la massima tutela giuridica al risparmiatore (non c’è rischio di default della controparte) e possono essere acquistati e venduti con facilità tutti i giorni.
Fondi comuni/Sicav ad alto TER. Sono i fratelli inutilmente cari della categoria precedente. Non cadete nel tranello “compro fondi più cari perché è migliore la qualità della gestione”: prove schiaccianti mostrano che in media è esattamente il contrario! Nel 99% dei casi le commissioni più elevate servono solo a remunerare strutture distributive più costose e avide di altre, tutto qui…
Obbligazioni governative/sovranazionali. Strumento base del mercato, per molto tempo “porto sicuro” degli investitori. Oggi anche gli Stati sono a rischio default; tuttavia il bond resta un prodotto semplice, più liquido e trasparente di altri. Importante è aver ben presente chi è l’emittente, del quale si sopporta il rischio specifico. Le obbligazioni sovranazionali, essendo in pratica emesse da consorzi di Paesi, hanno meno rischio controparte e, per questo, offrono rendimenti più bassi.
Azioni. Strumento base del mercato dei capitali, liquido e semplice. Unico neo: il rischio specifico dell’azienda.
ETF. Non sono altro che fondi comuni quotati in Borsa, quasi sempre liquidi e con costi bassi. Consentono di investire praticamente in qualunque asset class con facilità, con tutte le tutele giuridiche dei fondi.
ETC. Quotati in Borsa come gli ETF, sono lo strumento più liquido e meno costoso a disposizione del piccolo risparmiatore per investire in commodities. Non si tratta di fondi come gli ETF, ma di certificati, sicché esiste un rischio controparte: quindi attenzione all’emittente.
Hedge Fund (e Funds of Hedge Fund). Ingegnoso confezionamento di portafogli dal contenuto misterioso che dovrebbero essere decorrelati rispetto ai mercati. Più spesso, però, si rivelano decorrelati rispetto alle promesse fatte da chi li ha venduti che, con le ingenti commissioni a danno dei risparmiatori, è riuscito a comprarsi Porsche Cayenne e ville sul mare. Quando li volete vendere per avere indietro i soldi dovete aspettare più di quanto i vostri nervi siano normalmente disposti a sopportare, a volte svariati mesi. Roba sofisticata, anche per l’entità minima dell’investimento.
Fondi immobiliari. Fondi che investono in beni immobili in un modo pericolosamente imperscrutabile agli occhi dei risparmiatori a causa di costi e oscure perizie circa il valore dei beni. L’unica certezza: costi di gestione elevati e lunghi tempi per riottenere indietro i quattrini. Quasi sempre non c’è un prezzo di mercato, non lo si trova da nessuna parte. Del resto il mercato immobiliare è illiquido: difficilmente un fondo che investe in esso sarà liquido.
Polizze unit-linked. Altra ingegnosa tecnica d’impacchettamento di vari ingredienti (polizze vita/morte, gestioni, fondi, strumenti finanziari derivati) nel quale mimetizzare alla grande ingombranti costi a carico del risparmiatore. Punto di vendita tipico: “è conveniente fiscalmente”. Peccato che paghi 100 e se va bene investi 90 (più spesso 85), iniziando un bella corsa con una gamba legata.
Obbligazioni bancarie semplici. Obbligazione emessa dalla banca, dalla struttura chiara ma dai costi occulti (si chiamano “oneri impliciti”, spesso sono tra l’8% e il 13%, sic) per cui a voi renderà molto meno di quanto rende ai professionisti (es. altre banche, società di gestione) che l’acquistano. In pratica vi fregano perché non avete abbastanza informazioni: nelle “scuole alte” questa situazione si chiama asimmetria informativa. La banca si finanzia con i vostri soldi, ne ha bisogno, quindi farà resistenza a riprendersi indietro l’obbligazione in caso voi vogliate rivendergliela: ecco perché l’obbligazione è normalmente super-illiquida (sui vari provider finanziari sono spesso marcate con “NOT PRICED”, pensate un po’).
Obbligazioni bancarie strutturate. Astuto cocktail. Ingredienti: un’obbligazione illiquida e vari strumenti derivati. Occorrono tecniche mutuate dalla fisica quantistica (giuro) solo per capire che razza di rendimento si potrà ottenere. Che poi il più delle volte è analogo a quello di un BTP, salvo i casi estremi in cui è grandiosamente peggiore. Terreno fertile e ben concimato per il finanziamento bancario a tassi fuori mercato la cui puzza si sente da lontano.
Obbligazioni “Corporate” non bancarie. Obbligazioni emesse da aziende non finanziarie, quindi legate al mondo dell’industria. Hanno normalmente taglio minimo importante (di solito 100 mila euro) e spesso sono poco liquide: per questi motivi è meglio lasciarle ai professionisti, a meno di non avere la fortuna di possedere un patrimonio molto grande.
Certificati semplici. Strumento quotato in Borsa e quindi potenzialmente liquido, investe su singole azioni o su indici. Ha un emittente, che può anche fallire… quindi non si capisce bene perché uno dovrebbe comprare un certificato su un’azione anziché l’azione stessa. Spesso esistono ETF o fondi equivalenti, che a parità di altre condizioni sono preferibili. Può essere uno strumento valido nei casi in cui si voglia investire in un paniere di titoli non coperto da ETF o fondi. Attenzione ai costi, che variano da emittente ad emittente, e alla solidità dell’emittente.
Certificati strutturati. Vedi “Obbligazioni bancarie strutturate”, il succo è quello. È la versione complicata e opaca dei certificati, conditi con salsa d’opzioni e tanti costi.
Futures. Contratti derivati semplici, privi di rischio controparte, generalmente super-liquidi. Trattandosi di strumenti derivati che consentono di “andare a leva”, lasciateli agli esperti.
Opzioni. Contratti derivati dalla dinamica complessa (non-lineare) e che quindi è meglio lasciare a mani esperte. Le opzioni disponibili ai piccoli investitori (es. “Covered Warrant”) sono spesso illiquide, a differenza di quelle utilizzate dagli istituzionali. Lassate stà…
Gestioni patrimoniali in titoli ed ETF. Normalmente sono la brutta copia di un fondo comune o una Sicav, solo gestite con meno patrimonio a disposizione e quindi meno efficientemente. Le gestioni patrimoniali soddisfano il desiderio universale di pagare grandi commissioni ai gestori nella vana speranza di ottenere un trattamento personalizzato e performance migliori. Comprate fondi ed ETF che è meglio.
Gestioni patrimoniali in fondi e Sicav. Vale quanto appena scritto solo che, utilizzando fondi, le commissioni sono maggiori: c’è la remunerazione del gestore del fondo e del gestore del fondo di fondi.
Roberto / Ottobre 16, 2020
Sarebbe molto utile fare chiarezza sui costi nascosti dei portafogli titoli.
Le banche mandano un rapporto annuale sui costi derivato da Mifid 2. Le voci di questo rapporto sino ( volutamente ?) poco chiare.
Cosa sono i costi per servizio , costi per strumento , incentivi ?. Come si calcolano. ?
Non é poca cosa perché incidono per 1 – 1.5 per cento e si mangiano quasi tutti i rendimenti degli strumenti che avete elencato
Grazie
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