Quello pensionistico è un problema gigantesco, globale, sistemico. In Italia il problema delle pensioni è ancor più grave che altrove, vista l’inquietante dinamica demografica (tanti vecchi, pochi giovani, pochi immigrati – checché ne dica Salvini), ed economica (bassa crescita, bassa produttività, scarsa occupazione).
A livello di singolo cittadino risparmiatore, è cruciale pensare quanto prima a forme di pensione integrativa. E occorre scegliere accuratamente l’asset allocation associata all’investimento previdenziale. A prescindere dalle incertezze di mercato del momento (ad esempio, la crisi legata alla Grecia), ma “guardando lungo” e scegliendo bene la rotta.
Recentemente, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) ha reso pubblici i rendimenti delle varie forme di previdenza integrativa nel 2014. I rendimenti medi dei fondi pensione chiusi (detti negoziali), di quelli aperti e dei PIP sono tutti compresi nello stretto intervallo 7,3-7,5%. Il TFR nello stesso periodo ha reso l’1,3%. I migliori risultati, tenendo conto degli oneri fiscali, sono appannaggio dei fondi pensione negoziali azionari (+9,8%), cosa che non stupisce, viste le performance delle Borse nel 2014.
È importante che questi risultati siano resi noti, ma certo la scelta dell’asset allocation dell’investimento pensionistico non deve basarsi su questi numeri di breve periodo, bensì principalmente su:
- orizzonte temporale – tanto più è lontana la pensione, tanto maggiore dovrebbe essere, in linea di principio, la quota di portafoglio destinata alle azioni;
- avversione al rischio – fatto salvo quanto appena detto, c’è chi è disposto a rischiare di più per ottenere una pensione integrativa più alta e chi invece preferisce puntare basso ma rischiare meno.
Ma quanto renderanno in futuro i possibili investimenti pensionistici? E quanto renderà il TFR?
Belle domande. Nessuno sa la risposta. Però ci si può ragionare su, con argomentazioni di natura statistica. È proprio quello che ho fatto, con una simulazione realistica, che spero possa esservi d’aiuto nel guidare le vostre scelte.
Una simulazione dei rendimenti di TFR e investimenti pensionistici
Ecco cosa ho fatto:
- ho considerato varie ipotesi d’investimento pensionistico, con differenti mix d’azioni globali e obbligazioni internazionali (queste le proporzioni: 80-20, 50-50, 20-80), e il TFR, che dipende dall’inflazione (il rendimento annuale è 1,5%+0,75*tasso d’inflazione);
- ho simulato in modo probabilistico[1] l’andamento futuro di azioni e obbligazioni internazionali, utilizzando i valori medi storici tratti dal Credit Suisse, Global Investment Returns Yearbook 2015 relativi al periodo 1900-2014 e la forma della distribuzione di probabilità desumibile dalle serie storiche (fonte Bloomberg), che include crisi globali, tipo il crash del 1929, l’ottobre nero del 1987, il fallimento della banca Lehman Brothers e simili amenità;
- per l’inflazione italiana, ho ipotizzato che si muova casualmente in prossimità del target della BCE (2%, valore lievemente inferiore ai valori medi storici di lungo periodo dell’inflazione globale), con possibilità di periodi di forte deflazione e elevata inflazione;
- riguardo ai costi commissionali, li ho ipotizzati in linea con quelli dei fondi pensioni negoziali (mai superiori a 0,35% su base annua, decrescenti con il passare del tempo);
- ho poi analizzato i risultati per due differenti durate d’investimento pensionistico, cioè 10 e 30 anni.
Ecco i risultati:
Investimenti pensionistici |
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80% az./20% obb. | 50% az./50% obb. | 20% az./80% obb. | TFR | |
Orizzonte: 10 anni | ||||
Rendimento mediano annuo | 5,1% | 4,8% | 4,2% | 3,0% |
Probabilità di performance negativa | 16,6% | 6,9% | 1,3% | 0,0% |
Probabilità di performance<TFR | 34,5% | 28,8% | 24,8% | – |
Rendimento medio se performance<TFR | -0,7% | 1,0% | 2,1% | – |
Orizzonte: 30 anni | ||||
Rendimento mediano annuo | 5,3% | 5,0% | 4,3% | 3,0% |
Probabilità di performance negativa | 6,0% | 0,7% | 0,0% | 0,0% |
Probabilità di performance<TFR | 24,9% | 16,5% | 11,8% | – |
Rendimento medio se performance<TFR | 1,0% | 2,1% | 2,6% | – |
Leggiamo insieme questa tabella.
- Il rendimento mediano annuo del TFR (spesso al centro di dibattiti, come quello con Beppe Scienza) è sensibilmente più basso di quello dei portafogli finanziari, ma il rischio di ottenere rendimenti negativi è circa zero.
- Il rendimento mediano delle asset allocation che includono azioni e obbligazioni cresce con la durata dell’investimento, mentre i rischi decrescono significativamente (ad esempio, per il portafoglio più aggressivo, la probabilità di performance negative passa dal 16,6% al 6,0%).
- In particolare, le asset allocation più aggressive (80-20 e 50-50) mostrano sensibili diminuzioni del rischio per l’orizzonte trentennale. La probabilità di far peggio del TFR sussiste sempre, ma in caso di “sotto-performance”, in media, si porta a casa un rendimento positivo e il capitale è salvo: ecco perché di solito si consiglia di aumentare la quota d’azioni al crescere della durata dell’investimento.
- I rischi si riducono ulteriormente in modo drastico se l’investimento pensionistico è effettuato con versamenti graduali (PAC), che riducono le perdite potenziali.
- Sottolineo come una differenza di rendimento dell’1% (ad esempio quella tra il portafoglio 80-20 e quello 20-80) su durate come queste sia un’enormità in termini di quattrini: su 50mila euro di capitale investito per 30 anni, parliamo di oltre 58mila euro di differenza sul capitale finale! La differenza tra il portafoglio 50-50 e il TFR, sempre per 50mila euro su 30 anni cuba a 94mila euro.
- Da questi calcoli capite anche l’importanza capitale (in senso letterale) dei costi: 1% risparmiato di commissioni di gestione equivale a un sacco di soldi in termini di capitale a disposizione per la vostra pensione integrativa. Quindi, attenzione a quali prodotti previdenziali acquistate, e ricordatevi che chi vi vende i prodotti finanziari spesso non fa i vostri interessi, ma i propri.
L’utilizzo dei 115 anni di dati storici del Credit Suisse, Global Investment Returns Yearbook 2015 è certo questionabile: la storia è storia, e il futuro non si conosce, sono il primo a dirlo. Ritengo sia però un’ipotesi solida e di buon senso, perché gli ultimi 115 anni di storia sono stati così ricchi di avvenimenti sociali, politici, economici, finanziari e tecnologici da costituire un campione affidabile e pieno di informazioni: come disse Mark Twain, “la storia non si ripete, ma fa spesso rima”.
[1] Per i curiosi della parte tecnica, ho effettuato una simulazione Monte Carlo, stimando le distribuzioni di probabilità marginali d’azioni, obbligazioni e inflazione con densità t-student “location & scale” (molto flessibile) in base ai dati storici, ai valori medi del Credit Suisse, Global Investment Returns Yearbook 2015 e al target d’inflazione della BCE, come accennato nel post. I co-movimenti tra azioni, obbligazioni e inflazione sono invece stimati via fit dei dati con una Copula t-student. In questo modo sono possibili eventi estremi, anche a livello di correlazione, fornendo un ampio panorama di “futuri possibili”. Ho effettuato 10e3 run.
SignorGibbs / Giugno 19, 2015
troppo bella questa analisi
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fabrizio / Settembre 18, 2015
Carissimo Zenti, la seguo da diverso tempo ed ho avuto modo di leggere alcune sue risposte a Beppe Scienza…..
ultimamente ha scritto questa:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/18/fondi-pensione-chiusi-macche-i-migliori-sono-i-piu-percolosi/2045783/#disqus_thread
senza parole! veda un pò se ha tempo e voglia (e se ne vale la pena), rispondere all’ideologizzato e miope Scienza…..
buon lavoro!
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Raffaele Zenti / Settembre 18, 2015
Grandissima segnalazione! La ringrazio a nome di AdviseOnly e dei lettori di questo blog, perché questa di Beppe Scienza è, oltre ad un ammasso di fesserie, disinformazione allo stato puro – non ho ancora capito se consapevole e dolosa, oppure inconsapevole, per mera e cristallina ignoranza.
Comunque, questa segnalazione è una vera perla della quale mi occuperò la settimana prossima – ho più idee e cose da fare che tempo, ma ce la farò…
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