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Quali sono i rischi legati a CFD e opzioni binarie?

Tutti i rschi che si corrono a investire in CFD e opzioni binarie

Segnatevi la data: 21 giugno 2019. In questo giorno, la CONSOB ha fatto sapere al mercato di aver introdotto in Italia “in via permanente misure d’intervento a tutela degli investitori al dettaglio, analoghe a quelle già adottate in via temporanea dall’ESMA, l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati, in materia di offerta di opzioni binarie e di contratti per differenza”.

Di che cosa stiamo parlando? E quali sono le misure adottate dalla CONSOB? Lo vediamo subito.

 

CFD e opzioni binarie: cos’hanno in comune?

In passato ne abbiamo parlato diffusamente, esponendo le loro caratteristiche e le nostre perplessità in maniera molto tecnica e articolata. Non ci ripeteremo, limitandoci invece a fare un riassunto prendendo a prestito il puntuale “foglietto illustrativo” della CONSOB1.

In sostanza, CONSOB ci spiega che CFD e opzioni binarie hanno una caratteristica in comune: sono prodotti “estremamente rischiosi”, anche perché “particolarmente difficili da comprendere”.

Il loro valore è legato a quello di un’altra attività: il cosiddetto “sottostante”, che nello specifico può essere un’azione, una valuta, un indice e via dicendo.

Fin qui, le caratteristiche in comune. Vediamo ora le specifiche peculiarità.

 

Quali sono le caratteristiche dei CFD?

CFD2 sta per contract for difference, che significa “contratto per differenza”.

Si tratta appunto di un contratto tramite il quale una parte (il sottoscrittore) si impegna a pagare un tasso d’interesse a una controparte (la società proponente), a fronte del quale incasserà dalla controparte il rendimento dell’attività finanziaria sottostante (azione, indice, eccetera).

Di fatto, stiamo parlando di un derivato. Ma perché “per differenza”? Perché oggetto dello scambio fra le due parti è la differenza fra il prezzo dell’attività finanziaria sottostante al momento dell’apertura del contratto e al momento della sua chiusura.

Ora, il CFD si può comprare (posizione long) oppure si può vendere (posizione short): in entrambi i casi, si guadagna o si perde in base alla differenza fra prezzo d’acquisto e prezzo di vendita del sottostante (moltiplicata per il numero di CFD scambiati), con questa fondamentale distinzione:

  • generalmente, si va ad acquistare se si “scommette” sul rialzo del valore del sottostante: in questo caso, si avrà un profitto se il prezzo di vendita sarà superiore a quello di acquisto;
  • si va invece a vendere se si “scommette” sul ribasso del valore del sottostante: in questo caso, si avrà un profitto se il prezzo di vendita sarà inferiore a quello di acquisto.

In entrambi i casi, l’acquirente può attivare l’ordine depositando un margine che varia tra il 10% e il 20% del valore dell’operazione. Poi, se guadagniamo, incasseremo il profitto al netto dei costi: se invece l’investimento va male, perderemo la relativa somma più i costi.

In ogni caso, avverte CONSOB, il risultato dell’operazione, sia esso una perdita o un guadagno, “può essere ben superiore all’importo versato come margine iniziale”. E infatti si parla di “effetto leva”, non esente dal rischio di spiacevoli sorprese.

La difficoltà sta nel fatto che la previsione sul futuro valore del sottostante non è affatto facile da fare, peraltro nel quadro di un prodotto le cui tecnicalità sono accessibili veramente a pochi. Tant’è che secondo CONSOB i contratti per differenza, esattamente come le opzioni binarie che vedremo tra poco, “non sono adatti alla maggior parte degli investitori”.

In aggiunta, sempre secondo CONSOB, “la particolarità dei CFD è che, nel corso dell’investimento, a seconda dell’andamento del sottostante, agli investitori può essere richiesto il versamento di ulteriori somme a integrazione del capitale inizialmente investito”.

 

 

E le opzioni binarie?

Se per i CFD può valere l’analogia della “scommessa”, per le opzioni binarie3 CONSOB fa un ulteriore passo in avanti: sono “vere e proprie scommesse”, dichiara l’autorità. Perché?

Perché la nostra controparte s’impegna a versarci un importo prefissato se l’evento su cui “scommettiamo” – per esempio, che il prezzo di un’azione raggiunga un certo livello – si verifica entro una certa scadenza.

Più precisamente, può accadere questo:

A. alla scadenza dell’opzione il valore del sottostante sarà al livello precedentemente individuato;
B. alla scadenza dell’opzione il valore del sottostante sarà inferiore al suddetto livello.

Al che l’alternativa è binaria: se è vera “A”, allora incasseremo; se è vera “B”, allora perderemo quanto investito come margine. A differenza delle normali opzioni, dove il guadagno è dato dalla differenza fra il valore di mercato e lo strike price (prezzo al quale si può esercitare la facoltà associata a un’opzione), l’eventuale ricavo è fissato al momento della stipula del contratto.

Peccato che, alcune volte, la scadenza dell’opzione binaria è fissata dopo pochi minuti appena. “È impossibile fare previsioni fondate in un così breve periodo di tempo”, fa notare CONSOB.

 

Come può intervenire l’autorità?

Ma chi è che offre questo tipo di prodotti? Secondo CONSOB, sono fondamentalmente due categorie di soggetti:

  • “imprese d’investimento o banche comunitarie che operano in Italia sulla base dell’autorizzazione concessa dall’autorità di vigilanza del rispettivo Paese di origine”;
  • “soggetti sprovvisti di autorizzazione a operare nel nostro Paese, che offrono tali contratti tramite Internet e che non sono sottoposti a vigilanza da parte di alcuna autorità”.

Il che ne aumenta il grado di rischio: i poteri della CONSOB nei confronti di questi soggetti sono infatti molto limitati e le eventuali controversie tra clientela italiana e imprese d’investimento comunitarie senza succursale nel nostro Paese “non potranno essere portate davanti al nuovo Arbitro per le Controversie Finanziarie”4.

Ergo, se proprio non si può resistere alla tentazione di investire, prima accertarsi almeno “che il soggetto offerente sia autorizzato a operare in Italia, consultando gli appositi elenchi5 tenuti dalla CONSOB e dalla Banca d’Italia”.

 

I divieti e le restrizioni della CONSOB

E veniamo alle misure adottate dalla CONSOB, contenute nelle delibere 209756 e 209767 del 20 giugno 2019. Esse prevedono:

  • il divieto di commercializzazione, distribuzione o vendita, in Italia o dall’Italia, di opzioni binarie agli investitori al dettaglio;
  • alcune limitazioni concernenti la commercializzazione, la distribuzione o la vendita, in Italia o dall’Italia, di CFD agli investitori al dettaglio.

Scendendo più nel dettaglio di queste ultime limitazioni legate ai CFD abbiamo:

  • la fissazione di limiti dell’effetto leva sull’apertura delle posizioni;
  • la chiusura automatica al raggiungimento del margine in base al conto;
  • la protezione da saldo negativo in base al conto;
  • la mancata corresponsione di incentivi da parte di un fornitore di CFD;
  • un’avvertenza sui rischi specifici dell’investimento, da predisporre secondo un formato standardizzato.

Queste misure d’intervento si applicheranno dal 2 luglio 2019 alle opzioni binarie e dal primo agosto 2019 per i CFD. Fino alla loro eventuale revoca. Ma ci torneremo.

 



1 – Contract for difference (CFD), rolling spot forex e opzioni binarie: tra rischio e scommessa! Fonte: CONSOB
2 – #ABCfinanza: CFD (contratti per differenza), cosa sono? Quali sono i rischi?
3 – #ABCfinanza: come funzionano le opzioni binarie
4 – Problemi con la banca? Arriva l’Arbitro per le Controversie Finanziarie
5 – Soggetti e mercati, fonte: CONSOB
6 – Bollettino CONSOB
7 – Bollettino CONSOB

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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