Un po’ di punti di domanda, con qualche chiarimento: sono le domande da fare prima di comprare un fondo comune, una Sicav o un ETF. Cioè quelli che tecnicamente vengono chiamati OICR: sta per Organismi d’Investimento Collettivo del Risparmio ed è la definizione compatta, data dai legislatori europei, che accorpa fondi, sicav, ETF & C.
Ci sono molte altre domande che si possono porre prima dell’acquisto di un fondo o un ETF, ma queste sono basilari. E chiunque vi proponga il prodotto – consulente, operatore di sportello o private banker – deve essere in grado di rispondere. Ovviamente questo vale anche per qualunque sito di finanza online.
Vediamo queste domande e le relative spiegazioni a corredo.
1) E’ un prodotto UCITS?
Essere un prodotto UCITS significa semplicemente avere una “patente europea” per il fatto di soddisfare standard di trasparenza e tutela del risparmiatore stabiliti dall’Unione Europea.
In pratica queste sono le conseguenze più importanti: le frodi sono in buona sostanza escluse, è garantita una certa solidità della società di gestione del risparmio (è impossibile che spariscano in qualche isoletta tropicale con i vostri quattrini), la valorizzazione degli investimenti è rigorosa (non possono inventarsela, come per esempio faceva il famigerato Bernard Madoff, autore della truffa finanziaria più vasta della storia).
Nulla si può però dire sulle qualità del prodotto in termini di performance e di qualità della strategia d’investimento. Comprate solo fondi e ETF che siano UCITS, diffidate degli altri.
2) Qual è l’oggetto/strategia d’investimento e quanto è rischiosa?
Devono spiegarvi il prodotto in parole semplici: innanzitutto, devono dirvi se investe in azioni od obbligazioni, specificando di quale area geografica, oppure in divise, commodities e quant’altro. O ancora, se è un prodotto che investe dinamicamente nelle varie asset class.
Tendenzialmente gli investimenti in azioni, commodities e divise sono a rischio elevato, quelli in obbligazioni a rischio medio o basso. Ma comunque dipende da caso a caso. Il rischio: questo è il punto fondamentale, devono dirvi quanto è rischioso il prodotto che state per comprare. In particolare, devono dirvi quanto potreste perdere se le cose vanno male.
Per rispondere alla vostra domanda potrebbero tirare fuori indicatori dai nomi abbastanza ermetici, tipo il VaR, la volatilità e via dicendo, e iniziare a snocciolare numeri: non fatevi intimidire e insistete per sapere quanto potreste perdere, in parole povere.
Gli indicatori sono utili solo se vengono calcolati bene (e questo non lo potete sapere) e se voi siete in grado di coglierne il significato. Magari vi diranno che “sanno” che il prodotto va bene per voi perché avete compilato un “questionario MIFID”. Ma questo non sempre basta.
Perché il questionario MIFID è un ottimo strumento in teoria. Se però viene compilato superficialmente o, peggio, ad arte, allora potreste ritrovarvi con un sacco di roba che non fa per voi credendola “adeguata” o “adatta”. Quindi, nel dubbio, usate il buon senso: se non capite un investimento o se vi puzza, lasciate perdere. Comprate solo prodotti o servizi che vi convincono.
3) Che “liquidità” ha il fondo?
Ovvero: con che cadenza temporale lo posso acquistare o vendere? Direi che le risposte ammissibili sono solo due: “è trattato in Borsa” (è il caso degli ETF) oppure “giornalmente”. Se vi dicono “settimanalmente” (cioè potete venderlo solo in un dato giorno della settimana) insospettitevi, perché è un forte indizio che utilizzano strumenti finanziari illiquidi, la cui illiquidità può solo avere conseguenze negative per voi.
4) Da quanto esiste la società che gestisce il prodotto?
Una lunga storia e un marchio noto, a parità di condizioni, aumentano la credibilità. Ma se la società di gestione è nuova non significa che dovete per forza scappare, perché ve ne sono di ottime, costituite da professionisti seri, esperti e affidabili. Significa solo che dovete approfondire un po’ per capire se, appunto, si tratta di una società seria o di una banda di cialtroni.
5) Quanto è “attivo” il prodotto?
Questa domanda serve per capire se il costo che vi faranno pagare è proporzionato al lavoro svolto della società di gestione che cura il prodotto. Chiedete se è poco o molto attivo, oppure se è passivo. Commissioni elevate sono giustificabili solo per fondi molto attivi, cioè nei quali il gestore prende realmente importanti decisioni di investimento e non si limita a replicare un indice (o qualcosa del genere).
Essere gestori attivi o passivi, di per sé, non è né un male né un bene. Alcuni gestori attivi vanno però molto, molto meglio del gregge, ma è difficile individuarli e capire se si tratta di abilità o di fortuna. Per inciso, gli ETF sono quasi tutti fondi passivi: quindi, per gli ETF questa è una domanda superflua.
Per il momento ci fermiamo qui: torneremo a breve con altre 5 domande. Rimanete sintonizzati.