In tutti noi alberga la tendenza a rimandare a domani quello che dovrebbe essere fatto oggi. Si chiama procrastinazione, un comportamento che esiste anche in finanza e che ci porta a perdere i migliori momenti sui mercati o, addirittura, a non investire per niente.
Quando si tratta di investire e cercare di programmare il proprio futuro economico, infatti, molti di noi faticano ad andare oltre il palmo del proprio naso. Non proprio una scelta ottimale, considerando che la coperta previdenziale pubblica si sta logorando e che la ripresa economica fragilissima non darà grandi garanzie per quanto riguarda la tenuta dell’occupazione, della sanità e dei posti di lavoro.
Eppure, la capacità di proiettarsi nel futuro appare limitata e scoraggiata dai continui cambiamenti della società, una società percepita in rapida e continua evoluzione e sempre meno caratterizzata da certezze. Ed è proprio qui il problema: tutto questo non fa altro che aumentare l’ansia nelle persone, un sentimento che spesso va proprio a braccetto con “l’arte della procrastinazione”.
Vediamo di capire perché, su questo come su altro, ci ostiniamo a spostare in avanti l’inizio di un investimento. E, soprattutto, quanto questo ci può fare male a livello finanziario.
Qual è il prezzo della procrastinazione?
Le conseguenze a livello personale della procrastinazione non sono così facili da quantificare. Un po’ diverso il discorso per quanto riguarda le decisioni in materia di investimenti, che sì, possono essere rappresentati da valori puntuali. Questo perché ogni giorno di ritardo che registriamo nel cominciare a mettere a frutto i nostri risparmi ha un prezzo che possiamo perlomeno stimare.
Prendiamo l’esempio di due investitori che iniziano a investire 1.000 euro all’anno in un piano di accantonamento per la pensione che presenta un tasso di rendimento medio annuo – esageriamo – del 5%.
Uno dei due – diciamo, l’investitore A – comincia a investire a 27 anni d’età 100 euro al mese, mentre l’altro – l’investitore B – avvia il suo investimento a 30 anni con 200 euro al mese, puntando entrambi a raccoglierne i frutti allo scoccare dei 60. A fronte di un impegno su più anni nel primo caso – anche se il secondo apparentemente più cospicuo-, in 33 anni A riesce a mettere da parte un gruzzolo comunque maggiore rispetto a B. Questo perché sul gruzzolo di A il tasso di rendimento annuale ha più tempo per lavorare e produrre i suoi frutti per la legge della capitalizzazione composta.
In base a tale meccanismo, gli interessi successivi al primo anno maturano non più solo sul capitale iniziale ma sul capitale sommato agli interessi già maturati. Ergo, non solo sui 1.000 euro iniziali ma sui 1.000 più i 50 euro maturati nel primo anno, poi sui 1.050 più i 52,5 maturati nel secondo, e via di questo passo.
Ma perché scegliamo di rinviare?
Bella domanda. Come abbiamo visto la tendenza a procrastinare è collegata all’ansia finanziaria: più alta è quest’ansia, più si rimanda a domani quello che si potrebbe fare oggi. Un’ansia che, dal canto suo, è più elevata laddove più modesta è la cultura finanziaria.
Qualche altro dettaglio ci può aiutare a mettere a fuoco l’entità delle nostre carenze. Per compiere una scelta importante come quella dell’accantonamento a fini pensionistici è fortemente raccomandabile acquisire prima tutte le informazioni utili a compiere la scelta migliore: qual è il rendimento, quali sono i costi e i contenuti e, ovviamente, quale può essere il set di rischi associati.
Tutto questo, però, richiede una cultura finanziaria perlomeno di base. Ecco quindi che, dove impera la scarsa o nulla conoscenza, trionfa quella che a uno sguardo superficiale può sembrare prudenza, e invece altro non è che procrastinazione: ci penserò domani.
Rimandare un investimento? Ecco cosa accade
Tutte le volte che rimandiamo un investimento rinunciamo allo tesso tempo a un potenziale rendimento. Che non ti renderà povero, ma che non ti consentirà di realizzare al meglio obiettivi concreti di vita che richiedono più risorse: costruire una famiglia, far crescere i propri figli e consentirgli di studiare, costruire una pensione integrativa senza dover sperare che l’Inps non riduca ancora le pensioni. Senza dimenticare l’inflazione; se ci si ostina a mantenere tutto il capitale sul conto corrente, questo perderà irrimediabilmente valore a causa dell’aumento generale dei prezzi.
Certo un problema meno gravoso del passato ma che come si vede dal grafico non può essere sottovalutato. Se poi aggiungiamo costi e imposte, il danno assume proporzioni ben più rilevanti.
Smettere di procrastinare? Si può
Rimandare spesso significa inasprire il problema, in finanza ancora di più. Perché ogni volta che procrastiniamo, rendiamo il nostro futuro finanziario (ma non solo) sempre più incerto. Quando si parla di investimenti, infatti, il tempo è davvero denaro e il giusto tempismo può risparmiarci una lunga serie di spiacevoli mancati guadagni. Il futuro prima o poi arriva e non affrontare subito la questione significa non poterlo fare più successivamente o farlo con maggiore difficoltà.
Un modo per aggirare l’ostacolo in maniera efficace è iniziare -realmente- a programmare le proprie finanze, informarsi, farsi dare un parere da un esperto… solo così si potrà smettere di rimandare a domani soluzioni, come i piani integrativi per la pensione, che potranno poi in futuro fare la differenza fra una vita pacata e serena e una sempre sul filo del rasoio.