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Market timing vs. buy and hold: strategie a confronto

Difficilmente ce ne dimenticheremo: tra il 21 febbraio e il 20 marzo dello scorso anno si scatenava la prima ondata di contagi da SARS-CoV-2 e i governi imposero per la prima volta quello che sarebbe poi divenuto noto come “lockdown”. In quel mese, l’indice S&P 500 lasciava sul terreno il 31,8% del suo valore, arrivando attorno ai 2.300 punti. Oggi, a più di un anno di distanza, lo stesso indice è a 4.401 punti.

Nelle settimane in cui si torna a temere per i numeri dei contagi, spinti dalla famigerata variante Delta, può essere utile ricordare gli investitori che agirono “di pancia”, vendendo tutto nel bel mezzo della turbolenza, e anche e soprattutto quelli che, al contrario, riuscirono a mantenere i nervi saldi e lo sguardo puntato sugli obiettivi di lungo termine. I primi ricevettero un’amara lezione, mentre i secondi sono alla fine stati ricompensati per la loro pazienza e perseveranza.

Sembra quasi una parabola. E, in effetti, tutti noi ne possiamo trarre un insegnamento prezioso. Ovvero, investire o disinvestire sull’onda dell’emotività o guardando alle variazioni giornaliere dei listini assai raramente – per non dire mai – è una buona idea. Come tante volte vi abbiamo detto in tutti questi anni.

La domanda ora è: quanto male ci si può procurare, fattualmente e concretamente, quando si investe “di pancia”?

 

L’“emotional investing” secondo Oxford Risk

Una riflessione su questo è arrivata nei mesi scorsi da Oxford Risk, realtà di Fintech specializzata in finanza comportamentale. In un articolo apparso su Fortune.com1, il capo della finanza comportamentale Greg B. Davies ha parlato di “emotional investing”, inteso come investimento dominato dagli impulsi, con l’acquisto e la vendita di titoli e strumenti finanziari più sulla base delle oscillazioni quotidiane dei mercati che alla luce di una ragionata e solida pianificazione a lungo termine.

A questa contrapposizione ne corrisponde un’altra. Quella, cioè, tra due precise strategie d’investimento:

• da una parte il cosiddetto market timing, di cui pure vi abbiamo tante volte parlato;
• dall’altra il buy and hold, ovvero il “compra e tieni in portafoglio”.

Avete presente di cosa stiamo parlando? No? Facciamo un ripasso.
 

 

#teammarkettiming o #teambuyandhold?

Di cosa parliamo quando parliamo di market timing? Di tempismo, naturalmente: di tempismo col quale entriamo o usciamo dal mercato. Avanti tutta quando sale, indietro tutta quando invece scende. E ovviamente, vince chi riesce a gettarsi nella mischia poco prima che inizino i veri rialzi e/o chi riesce a tirarsene fuori appena prima che cominci la discesa 2.

Quante persone posseggono questa sorta di settimo senso? Poche, pochissime. Ve lo abbiamo detto tante volte: forse nemmeno i più esperti. Perfino i cosiddetti “guru” ogni tanto qualche doccia gelata se la beccano.

Quindi sì, riuscire davvero a fare market timing è qualcosa che rasenta l’impossibile. Almeno per un normale investitore. La stragrande maggioranza delle volte si finisce col comprare quando tutti stanno comprando, pagando quindi il “sovrapprezzo” dei rialzi, e di svendere quando tutti vendono, a saldo più che mai.

L’approccio più corretto, per una persona comune che voglia investire sui mercati, è ragionare su un orizzonte temporale di lungo termine, avendo messo bene a fuoco i propri obiettivi. Con una strategia, per l’appunto, buy and hold3.

Il vantaggio di questa seconda strategia è che può ridurre l’impatto della volatilità sia nei momenti “sì” sia in quelli “no”. Il trucco, come accennato, sta nel mettere correttamente a fuoco i propri obiettivi di lungo periodo (per esempio, l’università dei figli o l’integrazione alla futura pensione), cercando di non lasciarsi confondere dal “rumore” e dalle oscillazioni del momento.

 

Il buy and hold può dare più soddisfazioni

L’investimento emotivo – che è un market timing un po’ così, improvvisato, che segue solo la spinta dell’impulso – aveva un costo anche prima della pandemia: poteva costare agli investitori circa il 3% in rendimenti persi all’anno, secondo Oxford Risk. C’era poi l’investitore più cauto, che all’aumento della volatilità reagiva – come reagisce anche oggi – spostandosi sulla liquidità. Una riluttanza a investire che, secondo Oxford Risk, potrebbe essergli costata circa il 4%-5% in termini di rendimenti persi.

La pandemia, spiegava Davies, ha significato per molti investitori un’accresciuta sensibilità alle emozioni e una riduzione dell’orizzonte temporale. “Il che ha aumentato l’attrattiva delle scommesse per arricchirsi”, aggiungeva, citando i ripidi rialzi delle attività cripto. Un’asset class, questa, alla quale prestare attenzione perché volatile e non compresa appieno da molti investitori.

 



1. If you’re prone to emotional investing, here’s how much you could lose in a topsy-turvy market
2. Financial Brief | Il market timing: se lo conosci lo eviti
3. Buy & hold: una soluzione d’investimento in tempo di crisi

 

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