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I risparmiatori e il possibile ritorno di Robin Hood

Lo scorso 17 febbraio 2011, in trenta capitali di cinque continenti si è svolta una manifestazione a favore dell’introduzione di una tassa globale sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax o FTT). Se volete un resoconto leggete qui. E” una notizia che potrebbe destare qualche preoccupazione tra chi ha dei risparmi.

Vediamo allora di che si tratta. E’ concepita come una Robin Hood Tax…. Viene sostanzialmente riproposta  un’idea abbastanza antica, in quanto avanzata dapprima da John Maynard Keynes e poi da James Tobin, due tra i più grandi economisti mai esistiti: tassare in modo lieve (si parla dello 0,05%) ogni compravendita di azioni, obbligazioni, strumenti derivati e divise, con l’obiettivo dichiarato di frenare la speculazione finanziaria e di ridistribuire il ricavato tra le casse pubbliche ed i progetti di sviluppo a sostegno di economia ed occupazione. Un’imposta dell’ 0.05% applicata in Europa raccoglierebbe più o meno 260 miliardi di Euro all’anno. Mica bruscolini.

Lasciando perdere questioni politiche, che Jack Sparrow lascia volentieri ad altri, la domanda terra terra è: se mai si andasse avanti con una simile proposta, quali sarebbero le conseguenze sul risparmiatore? Quanto patirebbero i portafogli personali degli investitori piccoli e medio piccoli?

Senza tanti giri di parole, l’impatto diretto per il risparmiatore sarebbe abbastanza basso se fa poco “trading”: il bravo risparmiatore non movimenta mai troppo il proprio portafoglio, compra e vende solo quando è necessario, perché il trading gli fa solo male. Certo, il risparmiatore sarebbe comunque colpito.

Quindi un marginale incremento degli oneri totali di negoziazione (di questo si tratterebbe) sarebbe un fatto tutto sommato sopportabile in termini di finanza personale. Mettiamo le cose nella giusta prospettiva: considerate che molti risparmiatori per acquistare semplici obbligazioni pagano commissioni di negoziazione tra 0.25% e 0.50%. Quindi, adottando la filosofia di colui che mira innanzitutto a distinguere la sagoma dell”elefante dal microscopico uccellino posato sulla sua schiena, un”eventuale Financial Transaction Tax di 0.05% non sarebbe poi un granché. Sono ben altri i costi che affossano il risparmiatore (leggi qui, ad esempio, oppure qui).

Certo che questa eventuale tassa, così come qualunque incremento dei costi di negoziazione ridurrebbe l’efficienza dei mercati, cioè la fluidità del loro funzionamento: al di là di valutazioni istintive e a pelle (sbagliate), ridurre questa fluidità non è un fatto positivo e in sé non migliora la situazione per nessuno – neanche per il piccolo risparmiatore. Comunque, è probabile che l”attrito introdotto nel meccanismo dei mercati finanziari sarebbe minimo. Attenzione: le grandi società che effettuano il trading troveranno velocemente il modo di aggirare il più possibile la tassa, il cui beneficio è tutto da vedere.

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