Ma voi ve li ricordate i Pir? Sì? No? Per chi ha risposto “no”, ecco un agile ripasso: i Pir sono i Piani individuali di risparmio a lungo termine introdotti in Italia nel 2017 con l’obiettivo di far confluire una parte del risparmio privato italiano (che non è poco, 1.800 miliardi di euro nel secondo trimestre 2021 secondo i dati dell’Associazione bancaria italiana) nelle imprese, principalmente le medie e piccole, del nostro Paese.
Devono sottostare ad alcuni vincoli, però per contro prevedono importanti agevolazioni fiscali1. Ne esistono di due tipi:
• Pir ordinari, destinati a famiglie e piccoli investitori e realizzati mediante fondi comuni d’investimento di tipo aperto e polizze;
• Pir alternativi, per gli investitori più evoluti, realizzati tramite fondi d’investimento alternativi (private equity, private debt, Eltif, e via dicendo2) .
Quali sono, ad oggi, i numeri di questo mercato?
Aggiornamento Pir: l’Osservatorio Assogestioni
Qualche giorno fa è uscito il quaderno di ricerca “Osservatorio Pir”, a cura di Assogestioni e riservato agli associati. Il documento contiene i numeri del mercato dei Pir realizzati sotto forma di fondi – inclusa qualche cifra sul nascente segmento dei Pir alternativi – aggiornati al 30 giugno 2021.
La stessa Assogestioni ne ha comunque anticipato alcuni interessanti contenuti nell’ambito del Salone del Risparmio che si è svolto a Milano dal 15 al 17 settembre. L’ha fatto durante la conferenza intitolata “Il futuro dei Pir”3 , all’interno della quale Riccardo Morassut, senior research analyst dell’Ufficio Studi di Assogestioni, ha presentato i numeri dell’industria.
Pir ordinari e alternativi: i numeri del mercato
Premesso che sono aggiornati al 30 giugno 2021, i dati riferiti ai Pir ordinari realizzati sotto forma di fondi (i fondi Pir ordinari sono 68) ripercorrono pressoché fedelmente la storia degli ultimi cinque anni: dalla loro nascita, avvenuta nel 2017, alla loro rinascita, datata 2021.
E quindi, come ha sottolineato Morassut:
• successo nel biennio 2017/2018, con 15 miliardi di raccolta netta cumulata e con i fondi Pir che nel 2018, in termini di raccolta, hanno fatto addirittura meglio del mercato dei fondi, che hanno registrato un -8;
• battuta d’arresto nel 2019, anno in cui ci fu un intervento normativo che di fatto sterilizzò il mercato e che si tradusse in una raccolta negativa per circa un miliardo;
• nuovo impianto normativo nel 2020, che ha richiamato quanto fatto nel primo biennio e che però è arrivato nell’anno della pandemia, cosa che ha fatto da ostacolo a una vera ripresa, tanto che anche nel 2020 la raccolta è stata negativa per un miliardo;
• primi segnali di ripresa nel 2021.
Nel 2021, in particolare, dopo un primo trimestre negativo, la raccolta dei Pir tradizionali ha segnato un secondo trimestre positivo, da marzo a giugno, per circa 100 milioni.
Ma il dato più interessante, ha sottolineato Morassut, riguarda i Pir alternativi, che per loro natura necessitano di diversi mesi per poter essere operativi e che sono al primo vero anno di vita: masse in gestione per 684 milioni di euro nel primo semestre, mentre la raccolta netta si è posizionata a 428 milioni di euro.
Come investono i fondi Pir ordinari?
I fondi Pir ordinari al 30 giugno 2021 presentano un portafoglio di circa 20 miliardi. Investiti come? Così.
Se questa è la situazione generale, il dettaglio per indice degli investimenti azionari e obbligazionari offre altri spunti di un certo interesse.
Per quanto riguarda le azioni, Morassut ha evidenziato come la parte preponderante sia rappresentata da società a media capitalizzazione (Mid Cap); segue l’indice maggiore, ovvero il Ftse Mib; poi gli importi detenuti in azioni di Small Cap, AIM e mondo non quotato.
Gli investimenti in obbligazioni societarie rivelano invece una predominanza di titoli emessi da società del Ftse Mib e una buona tenuta delle Mid Cap, ma anche una fetta importante di obbligazioni di soggetti non quotati.
Chi sono questi soggetti non quotati? È forse la nicchia dei minibond, con classi di fatturato più piccole e meno di 250 dipendenti? No. Gli investimenti in bond emessi da società non quotate si sono concentrati sui colossi: Esselunga, Ferrovie dello Stato, Cassa Depositi e Prestiti e via dicendo.
In questo caso, quindi, l’investimento non è stato particolarmente efficace dal punto di vista del supporto alle piccole e medie aziende. Ma dati i vincoli dei Pir, è ragionevole attendersi una crescita della presenza delle pmi anche nel portafoglio obbligazionario corporate.
Incidenza dei fondi Pir nei segmenti azionari
Vale la pena, poi, di dare un’occhiata agli investimenti rapportati al flottante. Il flottante, lo ricordiamo, dà la misura degli importi liberamente acquistabili dal mercato degli investitori.
“L’incidenza è sostanzialmente uguale: abbiamo un 10% su tutti i mercati. Un dato sicuramente importante, che si sta via via consolidando nel tempo e che dà l’idea di un certo equilibrio. Non c’è un sovrappeso o un sottopeso tra i diversi indici, ma una certa parità”.
Per Morassut, è un segno del fatto che i fondi Pir – i quali attualmente rappresentano il 2% del mercato dei fondi – si sono mossi nella giusta direzione, in termini di sostegno alle imprese italiane più piccole.
In quali settori investono i fondi Pir?
Dipende dall’indice. Sul Ftse Mib prevalgono gli investimenti in imprese del settore finanziario, banche e assicurazione, cosa che d’altra parte riflette la composizione dell’indice stesso.
Man mano che ci si sposta verso gli indici più piccoli, cresce l’incidenza degli importi investiti nelle società industriali. Se prendiamo le Small Cap, oltre il 30% degli investimenti fa riferimento a imprese del settore industriale, seguite dall’healthcare (10%). Quanto all’AIM, gli importi investiti fanno principalmente riferimento alle imprese del settore tech (25%), seguite dalle imprese industriali (22%), da settori di nicchia particolari come l’healthcare (12%) e dalla comunicazione.
In particolare, i dati dell’Aim segnalano che:
• le aziende attenzionate rientrano perfettamente nella definizione europea di piccola e media impresa;
• i fondi Pir ordinari nell’ultimo quinquennio hanno effettivamente svolto un ruolo di accompagnamento, tanto che le società quotate, che erano 77 a fine 2016, sfioravano le 150 unità (146) a giugno 2021.
Insomma, i Pir hanno reso più spesso e più liquido l’Aim. Questa loro funzione si consoliderà, secondo Morassut, con il consolidamento dei Pir alternativi.
Fondi Pir: cosa ci riserva il futuro?
Complessivamente, secondo Morassut, lo strumento Pir ordinario ha dimostrato la sua solidità: anche nel momento più “sfidante”, le perdite sono state contenute e l’agevolazione fiscale prevista ha fatto sì che non si scatenasse una fuga.
Se le premesse sono buone, le prospettive al momento appaiono incoraggianti. Anche per i Pir alternativi, che nei prossimi mesi assisteranno al loro definitivo sviluppo.
1. Alla (ri)scoperta dei Piani di risparmio a lungo termine
2. I Pir cambiano ancora. E diventano alternativi
3. “Il futuro dei Pir”