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Fenomenologia della gestione: quanto conta la performance passata?

Supponiamo che abbiate messo da parte qualche soldo e vi apprestiate a investirlo in un fondo comune (o Sicav o unit linked o altro prodotto “gestito”). Come vi regolate per effettuare la scelta?

 

Busta numero uno: seguite il gregge

Intuitivamente, una buona performance passata del fondo si direbbe indicativa delle capacità gestionali di un asset manager. A buon senso, infatti, aver ottenuto recentemente risultati positivi ed essere nelle posizioni alte della classifica dovrebbe contare qualcosa nel discriminare i gestori bravi dalle capre, o no? Assai ragionevole.

E così, è probabile che finiate con l’investire in un fondo che risulta “top performer” nelle classifiche più recenti o che ha vinto qualche premio per le eccezionali performance dell’anno precedente.

Purtroppo, però, questo è un mondo squallido e spietato: le intuizioni ragionevoli spesso traggono in inganno. E i dati raccontano un’altra storia.

 

Busta numero due: seguite i dati

Una fonte alla quale abbiamo attinto tantissimo in questi anni è la SPIVA Scorecard, analisi condotta e pubblicata da S&P DJI che confronta i fondi a gestione attiva con i rispettivi indici di riferimento.

Ebbene, tenendo conto dei dati aggiornati al 30 giugno 2022, a proposito degli Stati Uniti questa fonte ci ricorda che l’S&P 500 ha raggiunto il massimo storico nel primo giorno di negoziazione dell’anno che si è appena concluso, salvo poi, con la chiusura dei rubinetti monetari, diventare ribassista.

I rialzi dei tassi hanno infatti contribuito a far perdere quota all’S&P 500 (-20% a metà giugno), mentre nell’altra metà del cielo finanziario i rendimenti obbligazionari sono saliti su tutta la curva e i titoli del Tesoro a più lunga scadenza hanno registrato il peggior inizio d’anno del secolo.
 

 
Ma proprio le quotazioni azionarie e obbligazionarie in calo hanno riportato in auge le abilità dei gestori attivi. Corposa è stata infatti, secondo l’analisi, la percentuale di professionisti che si sono rivelati in grado di battere il benchmark.

Se nel 2021 la quota di chi ha sottoperformato è stata dell’85%, nei primi sei mesi del 2022 solo il 51% dei fondi azionari nazionali a grande capitalizzazione è rimasto indietro rispetto all’indice S&P 500: il miglior tasso di sottoperformance (in quanto più basso) dal 2009, altro anno abbastanza sfidante.

Ma guardate in quanti hanno fatto peggio del benchmark tra il 2009 e il 2022.

 

 
E in Europa? Un recente articolo, che prende in considerazione i due anni dall’inizio della pandemia di Covid-19 alla fine del 2021, rivela come il 52% dei fondi azionari europei nel quartile superiore all’inizio del 2020 è riuscito a rimanere nella stessa categoria alla fine dello stesso anno.

Alla fine del 2021, però, solo il 21% e qualcosa di questi fondi si trovava ancora nel quartile superiore. Allargando lo sguardo, emerge come, in tutte le categorie, i fondi attivi del quarto quartile abbiano mostrato maggiori probabilità di rimanere relativamente poco performanti.

 

 

Cosa ricaviamo da tutto questo?

Che pochissimi fondi riescono a restare al top. E l’impresa è tanto più difficile quanto più si allunga l’orizzonte temporale. Insomma, i migliori non restano tali a lungo, ma i peggiori tendono a rimanere tra i peggiori. Siamo circondati da inetti, come dicono i cattivi nei film? No: tutto ciò è assolutamente normale. E razionale.

 

Quando tutti sono bravi, il caso ha la meglio

La ragione per la quale, soprattutto nei periodi più “tranquilli”, le performance dei gestori fanno fatica a spiccare e sono essenzialmente dominate dal caso è la seguente: la collettività degli investitori è assai efficiente nell’incorporare le informazioni nei prezzi di azioni, obbligazioni, materie prime e altri asset, dunque è molto difficile far meglio degli altri.

È come un gruppone di ciclisti che viaggia a manetta: praticamente impossibile staccarsi e andare in fuga. Questo fenomeno è noto come il paradosso dell’abilità (“paradox of skill”): tanto più le abilità crescono uniformemente in un gruppo in competizione, tanto meno esse sono determinanti e tanto più peso assume il caso. Ecco perché nelle asset class dove c’è meno affollamento di gestori le abilità emergono più facilmente.

Ma attenzione: anche da questo possiamo trarne utili indicazioni pratiche per investire i nostri risparmi, pochi o tanti che siano. Vi riproponiamo qui di seguito le indicazioni del team di analisti di AdviseOnly, valide ieri, oggi e domani.

 

  • Evitate i perdenti
    Cercate di non farvi irretire da prodotti di risparmio gestito con performance storiche stabilmente cattive, da anni: abbiamo visto che mediamente tendono a performare ancora male.
  • Siate scettici sui fondi “glamour”
    I migliori performer dell’anno continueranno ad attirare attenzione mediatica e a vincere premi autoreferenziali: ma fatti e numeri ci dicono che, per il futuro, ciò conta assai poco.
  • Badate ai fatti vostri
    Investite in prodotti in linea con i vostri obiettivi e i vostri bisogni economico-finanziari, coerenti con il vostro profilo di rischio e il resto del portafoglio. Non seguite le mode.
  • Occhio ai costi
    I costi commissionali hanno un impatto diretto negativo sulle performance dei vostri investimenti: regolatevi di conseguenza (non è difficile).
  • Guardate il processo d’investimento
    In un ambiente dominato dal caso, è importante prendere le decisioni in modo sistematico, sfruttando al meglio le informazioni disponibili: questo è ciò che fa un buon team di gestione. Dunque focalizzatevi sul processo d’investimento, ossia su come i gestori selezionano gli investimenti e gestiscono i rischi, quanto sono disciplinati, come reagiscono agli imprevisti, e via dicendo. Chi ha un buon metodo ha più probabilità di successo.

 

Giudicare un processo d’investimento è un’impresa difficile se non impossibile per molti risparmiatori, ma sappiate chiedere al vostro consulente finanziario. E ricordate: un buon processo d’investimento generalmente ha dietro un’idea solida e comprensibile, almeno a livello intuitivo.

 

Morale della favola

Il messaggio della storia è chiaro: performance storiche, classifiche dei fondi e premi sfavillanti hanno scarso valore predittivo. Questo è il nocciolo della questione.

Quindi, quando si tratta di selezionare un prodotto di risparmio gestito, la differenza la fa il limitarsi a voler credere (alle performance) o il guardare ai fatti e ai numeri con la piena consapevolezza del ruolo del caso. Cosa non piacevole: come recita il Qoelet, “chi accresce il sapere, aumenta il dolore”.

 


 

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