Il Governo britannico potrebbe avviare le trattative per uscire dall’UE già entro metà marzo. Per ora il mercato UK non ha risentito dello shock Brexit, non fosse per il crollo della sterlina. Ma dal rischio di cambio ci si può proteggere.
Ci siamo quasi, la Brexit si avvicina. Dopo che il Parlamento inglese ha dato il suo benestare, il Governo di Theresa May ha tutte le carte in regola per poter avviare i negoziati con l’Unione Europea. Salvo qualche intoppo dell’ultima ora, il Governo potrebbe appellarsi all’articolo 50 del Trattato di Lisbona entro i primi 10 giorni di marzo.
Le trattative richiederanno almeno due anni di tempo e toccano argomenti molti sentiti e per nulla semplici. Infatti, si tratta di rinegoziare termini commerciali e di cooperazione consolidatati ormai da decenni. La via scelta dal Premier Theresa May sembra quella della “Hard Brexit”. Ricapitolando, il Regno Unito vuole rinegoziare i rapporti con l’Unione Europea sulla base di 5 punti cardine:
- nessun dazio commerciale reciproco;
- nessuna esclusione dal Mercato Unico europeo;
- il ritorno ad una politica commerciale autonoma;
- una politica sull’immigrazione indipendente;
- nessuna contribuzione al bilancio europeo.
In Europa esistono già dei Pase Membri “a metà”, come la Norvegia o la Svizzera, ma nessuno dei due gode di tutta l’indipendenza che vorrebbero gli UK. Ad esempio, la Svizzera non ha accesso al Mercato Unico, mentre la Norvegia non ha pieni poteri in termini di politiche commerciali. Inoltre, entrambi i Paesi contribuiscono al bilancio europeo e nessuno dei due ha una politica indipendente sull’immigrazione. Insomma, la negoziazione tra le parti non sarà priva di tensione.
In ogni caso, l’economia britannica non sembra aver risentito dell’incertezza: stando alle previsioni della Banca Centrale, il PIL dovrebbe crescere del 2,0% nel 2017 e dell’1,6% nel 2018, appena al di sotto della crescita stimata dalla Commissione Europea per la zona euro e l’Unione Europea.
La reazione dei mercati allo scenario Brexit è stata piuttosto composta: l’unica eccezione è stata la sterlina, crollata vicino ai minimi storici. Per quanto il mercato azionario abbia tenuto bene allo shock dunque, gli investitori europei hanno perso parte del rendimento offerto da questo mercato, proprio per via del deprezzamento della sterlina nei confronti dell’euro.
Un investitore europeo che avesse investito nel mercato inglese, da gennaio 2016 ad oggi avrebbe guadagnato poco più del 5,0% (dividendi inclusi). Lo stesso investimento coperto dal rischio di cambio avrebbe prodotto un rendimetno del 19,3%. La svalutazione della sterlina nei confronti dell’euro si è mangiata quasi il 14% di rendimento.
Il rischio cambio è uno dei principali rischi finanziari per gli investitori che cercano di diversificare i propri investimenti all’estero. Così, per andare incontro alle esigenze dei piccoli risparmiatori, abbiamo deciso di lanciare una serie di ETF currency-hedged. Tra i primi che abbiamo lanciato c’è proprio quello legato al mercato UK.