Alzi la mano chi, nel corso delle ultime crisi finanziarie, non ha scoperto di avere in portafoglio strumenti finanziari che si sono comportati in modo molto diverso da quanto ci si aspettava al momento della sottoscrizione.
La colpa è anche di chi si fa prendere da quella che in passato abbiamo tante volte chiamato la “libido speculandi” e quindi si compra di tutto, basta che gli/le promettano performance tanto spaziali quanto improbabili.
Ecco perché, oltre a fare ricorso a un po’ di buon senso, è meglio avere una mappa per orientarsi nella selva oscura dei prodotti finanziari ed evitare di farsi azzannare da quelli più aggressivi.
Abbiamo già detto, in un post di Jack Sparrow, cosa possiamo considerare “bidone”. Proviamo a completare il quadro parlando anche di ciò che riteniamo possa essere interessante e vantaggioso per un risparmiatore.
Le variabili considerate sono tre:
- 1. i costi, componente certa e negativa della performance che, non avendo di solito alcuna relazione con la qualità del prodotto acquistato, è bene minimizzare a parità di altre condizioni;
- 2. la liquidità, che ha essenzialmente a che fare con la possibilità di ottenere indietro i vostri quattrini rapidamente e senza spese aggiuntive, quindi va da sé che ha una certa importanza;
- 3. la complessità, che può essere intrinseca al prodotto, come per i derivati (e allora può anche andare bene, ma lasciamola agli esperti), o indotta artificialmente per rendere il prodotto ben poco comprensibile e farcirlo di costi.
Siamo andati per le spicce e certamente si possono trovare molte eccezioni, ma quello che segue è sostanzialmente il succo della questione.
Breve guida ai prodotti finanziari: quelli che ci convincono di più
Fondi comuni/Sicav a basso Ter. Prodotti di risparmio dai costi ragionevoli (Ter) che danno la possibilità di investire in una asset class diversificando fra vari strumenti. Offrono la massima tutela giuridica al risparmiatore (non c’è rischio di default della controparte) e possono essere acquistati e venduti con facilità tutti i giorni.
Obbligazioni governative/sovranazionali. Strumento base del mercato, per molto tempo “porto sicuro” degli investitori. Il bond resta un prodotto semplice, più liquido e trasparente di altri. Importante è aver ben presente chi è l’emittente, del quale si sopporta il rischio specifico. Le obbligazioni sovranazionali, essendo in pratica emesse da consorzi di Paesi, hanno meno rischio controparte e, per questo, offrono rendimenti più bassi.
Azioni. Strumento base del mercato dei capitali, liquido e semplice. Unico neo: il rischio specifico dell’azienda.
Etf. Fondi comuni quotati in Borsa, quasi sempre liquidi e con costi bassi. Consentono di investire in qualunque asset class con facilità, con tutte le tutele giuridiche dei fondi.
Etc. Quotati in Borsa come gli etf, sono lo strumento più liquido e meno costoso a disposizione del piccolo risparmiatore per investire in commodities. Non si tratta di fondi come gli etf, ma di certificati, sicché esiste un rischio controparte: quindi attenzione all’emittente.
Breve guida ai prodotti finanziari: quelli che ci convincono di meno
Fondi comuni/Sicav ad alto Ter. Come sopra, ma più cari. E non è detto che fondi più cari si accompagnino a una miglior qualità della gestione. E allora perché costano di più? Spesso, per remunerare strutture distributive più esose.
Futures. Contratti derivati semplici, privi di rischio controparte, generalmente super liquidi. Fino all’applicazione della Tobin Tax (inizio 2013) avevano costi bassissimi. Trattandosi di strumenti derivati che consentono di “andare a leva”, lasciateli agli esperti.
Opzioni. Contratti derivati dalla dinamica complessa che quindi è meglio lasciare a mani esperte. Le opzioni disponibili ai piccoli investitori (per esempio, i covered warrant) sono spesso illiquide, a differenza di quelle utilizzate dagli istituzionali. Meglio lasciare perdere.
Gestioni patrimoniali in titoli ed etf. Normalmente sono la copia di un fondo comune o una sicav, solo gestite con meno patrimonio a disposizione e quindi meno efficientemente. Le gestioni patrimoniali soddisfano il desiderio universale di pagare grandi commissioni ai gestori nella vana speranza di ottenere un trattamento personalizzato e performance migliori. Comprate fondi ed etf, che è meglio.
Gestioni patrimoniali in fondi e sicav. Vale quanto appena scritto solo che, utilizzando fondi, le commissioni sono maggiori: c’è la remunerazione del gestore del fondo e del gestore del fondo di fondi.
Obbligazioni “corporate” non bancarie. Obbligazioni emesse da aziende non finanziarie, quindi legate al mondo dell’industria. Hanno normalmente taglio minimo importante (di solito 100mila euro) e spesso sono poco liquide: per questi motivi è meglio lasciarle ai professionisti, a meno di non avere la fortuna di possedere un patrimonio molto grande.
Breve guida ai prodotti finanziari: quelli che ci lasciano perplessi
Fondi hedge (e fondi di fondi hedge). Ingegnoso confezionamento di portafogli dal contenuto misterioso che dovrebbero essere decorrelati rispetto ai mercati. Più spesso, però, si rivelano decorrelati rispetto alle promesse fatte da chi li ha venduti che, con le ingenti commissioni a danno dei risparmiatori, è riuscito a comprarsi Porsche Cayenne e ville sul mare. Quando li volete vendere per avere indietro i soldi dovete aspettare più di quanto i vostri nervi siano normalmente disposti a sopportare, a volte svariati mesi. Roba sofisticata, anche per l’entità minima dell’investimento.
Fondi immobiliari. Fondi che investono in beni immobili in un modo pericolosamente imperscrutabile agli occhi dei risparmiatori a causa di costi e oscure perizie circa il valore dei beni. Unica certezza: costi di gestione elevati e lunghi tempi per riottenere indietro i quattrini. Quasi sempre non c’è un prezzo di mercato, non lo si trova da nessuna parte. Del resto, il mercato immobiliare è illiquido: difficilmente un fondo che investe in esso sarà liquido.
Polizze unit-linked. Un po’ polizze, un po’ no. Si tratta di un prodotto tendenzialmente abbastanza complesso. E che richiede una grande attenzione su costi e liquidità.
Obbligazioni bancarie semplici. Obbligazione emessa dalla banca, dalla struttura chiara ma dai costi un po’ meno chiari, che finiscono col pesare sul rendimento. Il prodotto negli anni passati non si è dimostrato granché liquido.
Obbligazioni bancarie strutturate. Ingredienti: un’obbligazione illiquida e vari strumenti derivati. Il più delle volte il rendimento è analogo a quello di un Btp, salvo i casi estremi in cui è clamorosamente peggiore.
Certificati semplici. Strumento quotato in Borsa e quindi potenzialmente liquido, investe su singole azioni o su indici. Ha un emittente, che può anche fallire, quindi non si capisce bene perché uno dovrebbe comprare un certificato su un’azione anziché l’azione stessa. Spesso esistono etf o fondi equivalenti, che a parità di altre condizioni sono preferibili. Può essere uno strumento valido nei casi in cui si voglia investire in un paniere di titoli non coperto da etf o fondi. Attenzione ai costi, che variano da emittente a emittente, e alla solidità dell’emittente.
Certificati strutturati. Versione complicata e opaca dei certificati, condita con salsa di opzioni e tanti costi.