C’è un gran parlare in questi giorni circa la Tobin Tax: percepisco molta demagogia in giro… provo allora di fare un po’ di chiarezza, guardando come sempre le cose dal punto di vista del risparmiatore.
Come prima cosa concentriamoci sulla definizione: la Tobin Tax non è altro che una tassa che prevede di colpire tutte le transazioni sui mercati finanziari con il fine di stabilizzarli (penalizzando, così, le speculazioni a breve termine) e, nello stesso tempo, per procurare entrate da destinare alla comunità internazionale. La proposta è del 1972 e, per decenni, è rimasta nel cassetto.
Solo di recente, a causa dei grandi disordini finanziari che imperversano in Europa, si è tornato a parlare dell’introduzione di tale tasse. Il Premier Mario Monti, durante la conferenza stampa di presentazione della Legge di stabilità 2013, ha pubblicamente annunciato l’adesione dell’Italia alla proposta (definendola un “mostro di Loch Ness”). Il “quorum” di Paesi favorevoli è stato raggiunto, si dibatte sulla possibilità di allargare la tassa agli altri membri delll’Unione Europea.
Da quanto mi risulta, secondo l’ultima bozza del Disegno di legge di Stabilità per l’anno 2013, certamente passibile di modifiche proprio in queste ore, è prevista l’introduzione di un’imposta di bollo dello 0,05% sulle operazioni riguardanti strumenti finanziari trattati a contanti (con, sembra, l’importante esclusione dei titoli di Stato) e derivati.
Impatto sui risparmiatori
Li colpisce sicuro, ma quanto? Siamo pratici: la maggior parte dei risparmiatori non effettua una gran movimentazione dei portafogli di investimento.
Per fare un buon investimento non c’è bisogno di gran via vai di titoli e strumenti finanziari. Per dire, un portafoglio “mediano” adatto a moltissimi risparmiatori come il nostro portafoglio anti-crisi Intermedio (cliccate per vederlo), da novembre 2011 ad oggi, volutamente, non è mai stato movimentato (e va bene così, ha una performance lorda superiore al 10% e volatilità del 5,5%). Anche immaginando che l’intero portafoglio venga venduto nel corso di un anno, si tratterebbe dello 0,05% del totale.
Per mettere in prospettiva le cose, considerate che la maggior parte dei portafogli dei risparmiatori hanno al loro interno prodotti come polizze unit-linked, obbligazioni bancarie care e illiquide e altre prodotti finanziari che con estrema facilità hanno costi annui (TER) del 2-4%, se non di più. Parliamo di un diverso ordine di grandezza, o anche due…
Il messaggio quindi è: inutile preoccuparsi di un taglietto su un dito quando ti stanno fustigando sulla schiena (o peggio).
Chi colpisce la Tobin Tax?
Sicuramente la tassa peserà sul trading online: i trader sono privati che effettuano moltissime operazioni di compravendita. Un’enclave agguerrita, ma di dimensioni piuttosto contenute: in Italia parliamo del 10% circa di coloro che hanno un conto corrente online abilitato alle operazioni di trading. Per gli standard dei mercati finanziari professionali si tratta di piccoli operatori, che effettuano operazioni di entità molto limitata.
Consentitemi un’osservazione personale che mi renderà impopolare tra i nostri lettori trader: l’unico elemento positivo in tutto ciò è che forse qualche investitore mollerà il trading online (visto che il 90% circa di quelli che lo praticano è in perdita dopo pochi mesi) e inizierà ad investire guardando più al medio-lungo termine. Ma anticipo le critiche: dovrebbe trattarsi di una libera scelta, non di una costrizione che arriva con la Tobin Tax.
Oltre ai trader saranno colpite indirettamente – per via del possibile calo di utenti – anche le banche che offrono il servizio di trading online e tutti coloro che erogano servizi in tal senso, ad esempio fornitori di software e dati.
E la cosidetta “speculazione”?
In prima battuta direi che l’effetto sull’High Frequency Trading, che (giustamente) preoccupa per i possibili effetti destabilizzanti sui mercati finanziari, tenderà asintoticamente verso lo zero. Infatti, i due Paesi con le piazze finanziarie più importanti, cioè USA e UK, non sembrano al momento intenzionati ad applicare la Tobin Tax.
Le società che effettuano operazioni importanti hanno spesso filiali anche in tali Paesi o in altri esclusi dall’ambito d’applicazione della tassa. Quindi, anche se è stato dichiarato che “si applicherà il principio della residenza, che varrà anche quando la transazione sarà fatta altrove” la maggior parte di tali istituzioni troverà il modo di schivare la tassa e lo farà anche abbastanza facilmente con un po’ di lavoro dello studio legale.
Quali saranno gli effetti della Tobin Tax?
Verosimilmente vedremo flussi di capitale da una piazza finanziaria all’altra. Per le Borse dei paesi che non applicheranno la Tobin Tax potrebbe essere una ghiotta occasione per aumentare le quote di mercato. Considerate, per esempio, che se Borsa Italiana dovesse vedere una drastica diminuzione di scambi sul MiniFutures (non glielo auguro, ma è possibile) e decidesse di non trattarlo più, state tranquilli che da qualche altra parte nel mondo una Borsa introdurrà il contratto e magari qualche modalità astuta per facilitare l’elusione della tassa. È infatti proprio grazie a leggi “agili”, poca burocrazia e prontezza di spirito che nel corso dei secoli Londra è diventata la piazza finanziaria che è oggi.
Mi domando poi con quale facilità individueranno chi, anche un privato cittadino, pur residente in un Paese che impone la tassa, farà trading su una Piazza fuori dal suo perimetro d’applicazione, appoggiandosi ad un conto estero e trattando, per esempio, al telefono. Forse mi sfugge qualcosa.
Il mio personale parere è che, in linea di principio, una modesta Tobin Tax potrebbe essere utile a ridurre il peso della finanza “di breve termine” sull’economia. Se fosse applicata su tutte le piazze finanziarie principali, potrebbe provocare un modesto attrito a scapito di un certo tipo di operazioni finanziarie, senza danneggiare più di tanto i risparmiatori. Occorrerebbe, però, un atteggiamento cooperativo ed una larga adesione da parte dei vari Paesi.
Con queste modalità d’applicazione, invece, la Tobin Tax non serve a nulla, se non a dare un segnale demagogico al mondo della finanza e in pratica va a colpire prevalentemente i paesi aderenti e i soggetti piccoli che non possono difendersi (mi domando poi quale gettito fiscale ne verrà, in concreto).
Massimo Vicari / Ottobre 16, 2012
Strutturando portafogli di medio e lungo periodo per terze persone, facendo trading autonomamente, e sviluppando algoritmi di trading (caserecci per carita’) vengo colpito a tutti i livelli dalla TT (tobin tax). che bello!
Sono d’accordo sul fatto che per un risparmiatore con orizzonti medio/lungo la TT sia ininfluente, scocciante, ma irrilevante.
Per il trading invece volevo approfondire: volevo cercare alcuni dati ma non ci sono riuscito. Mi ricordo infatti che il tol dei privati (il trading on line fai da te insomma) influisce sugli scambi giornalieri almeno in italia per un buon 30% (dato di 3 anni fa, ma non trovo piu’ la fonte). Cio’ vuol dire che se queste persone uscissero dai giochi, la liquidita’ ne soffrirebbe e molte sim online uscirebbero anch’esse dal mercato. E’ vero che molti trader privati sono in perdita, ma e’ anche vero che il ricambio e’ forte e sempre piu’ gente si affaccia sul mercato, fa evaporare qualche risparmio e lascia il posto ad altri. C’e’ da dire che queste persone secondo me non cercano il risparmio e l’investimento, ma il guadagno facile, per cui facilmente dal tol passano alle slot.
Per quanto riguarda il trading a leva (cfd, forex a leva etc etc) anche questo subirebbe una bella sforbiciata, ma l’impatto sarebbe ben minore visto che gli scambi sono generalmente all’interno dello stesso broker, e diffcilmente si piazzano su book reali.
Inoltre, a quel che mi risulta, la borsa italiana ormai si e’ trasferita a Londra con tutto quel che ne deriva. Per quel che riguarda i grandi investitori invece si sposteranno semplicemente da un’altra parte, come gia’ accade per la tassazione di qualsiasi cosa sia facilmente movibile (vedi barche da lusso dalla sardegna alla corsica).
L’idea di fondo di tassare le movimentazioni di capitale speculativo (dovrebbero tassare almeno il nozionale anziche’ il marginato, se volessero fermare la speculazione) e’ interessante, ma non mi va giu’, tra l’altro, che cosi’ la tassa e’ di fatto una patrimoniale bella e buona. Se tassassero una buona volta il reddito da capitale al 30-405 anziche’ al 20, le cose andrebbero diversamente. Se non mi toccassero i dividendi sarebbe meglio ancora…
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Raffaele Zenti / Ottobre 17, 2012
Massimo, bisogna vedere ancora i dettagli dell’attuazione (entro 60 gg dal Decrteo Stabilità), ma certo è che ti conviene incominciare a ragionare in modo più tattico e di medio periodo (se non lungo).
PS Borsa Italiana ha la casa madre a Londra, ma la sede è italiana. Diciamo che è probabile un minimo di riallocane all’interno del gruppo…
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Massimo Vicari / Ottobre 17, 2012
Diciamo che mi arrabbio a priori. Anche se tecnici, a volte mi sembra che al governo lavorino per “spot elettorali”. In ogni caso la mia allocazione di lungo periodo rimane invariata, dovro’/dovremo aspettare l’implementazione effettiva e vedere come reagiranno i broker online. L’operativita’ di breve/brevissimo per me e’ lavoro!
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Michela Ortiz / Ottobre 17, 2012
Mi pare che un po’ tutto il Decreto Stabilità sia un po’ un passo indietro per l’Italia.
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fabrizio monge / Ottobre 18, 2012
Inquanto “tecnico” del settore dovrei probabilmente fare considerazioni più elevate, invece la prima cosa che mi viene in mente e’ che siamo stufi di nuove tasse, l’ Italia ha un total tax ratio più’ elevato dei paesi scandinavi ma con servizi nemmeno paragonabili. La domanda non è quale impatto avrà una nuova tassa, ma fino a quando andrà avanti questa rapina e questo gioco ad inventare ogni giorno tasse e imposte diverse.
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JenaBruna / Ottobre 18, 2012
Ho letto un articolo sul Sole che dice che l’impatto sul trading italiano sarà devastante, voi cosa dite?
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Raffaele Zenti / Ottobre 18, 2012
….alto.
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Michele Di Stefa / Novembre 29, 2012
Sig Zenti, devo dire che è stato molto preciso e trasparente nella sua descrizione.. mi permetto di aggiungere questo post dell’IFMADVISOR http://www.blogger.com/blogger.g?blogID=1871348053316800926#allposts
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Giorgio Pagano, E.R.A. onlus / Aprile 23, 2013
Non solo gli inglesi non hanno aderito alla moneta unica e possiedono filiali nei Paesi dell’eurozona che rimpinguano le loro casse, in più pretendono anche di non pagare le tasse! E non parliamo poi dei paradisi fiscali sottoposti al diritto britannico, come Gibilterra o le Cayman…anzi ha detto molto meglio il ministro delle finanze austriaco, Maria Fekter, definendo la Gran Bretagna stessa come il paradiso in terra degli evasori fiscali e del riciclaggio. Il fondamentale anti-europeismo dei britannici non è una novità, così come il loro remare contro a qualsiasi iniziativa presa a favore dell’Unione e, a dir loro, contro il proprio interesse particolare. Da tempo ormai hanno vestito i panni di quelli costretti a pagare per le inefficienze e i ‘buchi’ del sistema economico e finanziario dell’Unione ma, in realtà, ciò che a loro interessa è mantenere la posizione di privilegiati interlocutori europei con la potenza che ad oggi domina il mondo, gli Stati Uniti, e contemporaneamente continuare, anche in virtù di questo legame, a sfruttare gli altri Stati membri dell’Unione a loro piacimento e vantaggio.
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fede / Luglio 8, 2013
compro oggi 1000 azioni
domani le vendo e ne ricompro 1000 sempre domani
pago una o due volte la tobin?
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Jacopo Caretta Mussa / Luglio 12, 2013
La tassa si paga sul
transato tra apertura e chiusura. Cioè, se in un giorno compro e vendo 3000
volte o 3 non fa differenza. Quindi nel tuo caso dovrebbe essere due volte.
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fede / Luglio 14, 2013
cioè se io ho già 1000 azioni diciamo intesa nel portafoglio e ho già pagato la tassa dopo un giorno dopo un mese le vendo e le ricompro in giornata la pago di nuovo?
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Raffaele Zenti / Luglio 16, 2013
Sì, a quanto ne so, perché l’imposta si applica al saldo netto delle transazioni regolate giornalmente e concluse nella stessa giornata.
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