Anche l’Italia sbarca nel mondo del debito sostenibile, e gli investitori istituzionali1 – ai quali per ora è destinato – hanno apprezzato molto. Oltre 80 miliardi di euro (97 miliardi di dollari) di ordini per 8,5 miliardi di euro di debito. Ecco le cifre registrate durante la prima emissione del nostro BTp green con scadenza nel 2045, più del doppio di quanto visto al debutto verde della Germania l’anno scorso.
Un record di richieste che non ha precedenti in Europa, tant’è che le grandi case d’investimento definiscono “impressionanti” i progetti legati all’emissione, che includono il trasporto a basse emissioni di carbonio, la transizione energetica e la biodiversità.
Insomma, il debito green italiano è stato visto come un affare non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia.
Scopriamone i dettagli.
Rendimento lordo annuo all’emissione dell’1,547%
Il collocamento si è chiuso al prezzo di 99,168 euro, che corrisponde a un rendimento lordo annuo dell’1,547%. La scadenza? Fissata al 30 aprile 2045. Il differenziale di premio contro un normale titolo di Stato italiano con scadenza marzo 2041 si è attestato a 0,12 punti percentuali, un premio comunque “più sottile” rispetto agli 0,15 punti inizialmente proposti.
I rendimenti degli altri green bond europei sono piuttosto bassi al momento: il più alto è l’1,29% offerto del decennale ungherese fino ad arrivare al -0,71% del quinquennale tedesco e al “quasi zero” di quello svedese che scade nel 2030. Quindi non interessi entusiasmanti diciamo, ma abbastanza in linea in ogni caso con quello che può offrire al momento il mercato obbligazionario.
Cosa verrà finanziato con il BTp green?
In sostanza, i capitali raccolti verranno utilizzati per aiutare il Paese a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU e dei futuri “EU Green Bond Standards”, attualmente in discussione da parte dell’Unione Europea. Circa il 90% del bond sarà destinato a trasporti, efficienza energetica e protezione dell’ambiente e della biodiversità.
Come precisato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), l’obiettivo è quello di investire in progetti per almeno 35 miliardi di euro, che aiuteranno a rifinanziare le spese già effettuate nel periodo 2018-2020 e, successivamente, quelle dal 2021 in poi. Settori esclusi? I green bond non potranno essere destinati al finanziamento di spese in contrasto con gli obiettivi per la salvaguardia dell’ambiente promossi dall’UE, quindi no ad attività legate ai combustibili fossili, alle attività di fissione nucleare o minerarie, agli impianti di energia, alla produzione dei derivati del tabacco, di bevande alcoliche, armi e gioco d’azzardo.
E la rendicontazione?
Sarà fondamentale per riuscire a mantenere la fiducia degli investitori. In tal senso, il MEF (il ministero dell’Economia e delle Finanze) ha fatto sapere che il governo fornirà con cadenza annuale un documento – l’Italian Sovereign Green Bond Allocation and Impact Report – che illustrerà l’allocazione delle risorse recuperate dallo Stato, fornendo inoltre indicazioni sullo stato di avanzamento dell’erogazione delle somme a livello di categoria di spesa. Tale rapporto verrà sottoposto, prima della pubblicazione, alla verifica di un organismo indipendente.
Istituito inoltre un Comitato interministeriale che verificherà che le spese siano in linea con la tassonomia europea, e quindi in grado di ottenere il finanziamento, monitorando allo stesso tempo gli impatti delle attività finanziate in termini di benefici per la popolazione.
Chi ha comprato il nostro “debito verde”?
C’è da dire che i titoli di Stato italiani godevano già di buona fama tra gli investitori, soprattutto dopo l’insediamento del governo Draghi. Il BTp green non è stato da meno. La domanda è arrivata da oltre 40 Paesi, in larga parte situati nell’Europa continentale, in particolare in Germania.
Di rilievo anche la domanda dal Regno Unito, circa il 22%. Gli investitori esteri si sono così aggiudicati circa il 74% dell’emissione, gli italiani il 26,3%. Meno popolare fuori dai confini “europei”, dove gli Stati Uniti, per esempio, si sono aggiudicati solo l’1,9% dell’emissione e gli investitori asiatici circa lo 0,5%.
Com’è messo il mercato dei green bond? Ne vale la pena?
Parliamo di riuscire a finanziare progetti che hanno come obiettivo quello di migliorare la qualità della nostra vita, quindi già per questo degni di nota. Oltretutto, parliamo di un Megatrend, quello degli investimenti ESG, molto promettente e che ha già dimostrato la sua forza sul mercato.
Ricordiamoci come i titoli ESG abbiano resistito bene alla crisi provocata dalla pandemia sovraperformando le loro controparti tradizionali nel mitigare il calo nei rendimenti durante il 2020. Sempre più risparmiatori e manager scelgono di inserire una buona fetta di titoli “green” nei propri portafogli, tant’è che secondo NN Investment Partners quest’anno le obbligazioni verdi registreranno un aumento del 50% delle emissioni, portando il totale del mercato globale delle obbligazioni verdi al di sopra della soglia di 1.000 miliardi di euro.
Un mercato ancora limitato, ma che continua a crescere con rapidità: nel 2020 è aumentato di oltre due volte rispetto al 2019. Con la finalizzazione della nuova tassonomia UE e dei Green bond standard dell’UE, poi, avrà finalmente un modello per la regolamentazione che lo standardizzerà e renderà più professionale, dunque più attrattivo per gli investitori.
Quando potremo acquistarlo? I privati cittadini potranno comprarlo una volta approdato sul mercato secondario.
Luci e ombre del BTp Green
Il rendimento è quello che è ma è sempre meglio che lasciare i soldi su un conto corrente che non rende. Il rischio, come per gli altri titoli obbligazionari italiani, è limitato. È facilmente liquidabile, quindi ottimo soprattutto per garantire la liquidità di portafoglio, e rappresenta una buona opportunità per investire nel mondo ESG.
Resta da capire come l’Italia allocherà le risorse raccolte e se riuscirà a mantenersi realmente in linea con la regolamentazione fissata dalla tassonomia europea e dai futuri EU Green Bond Standards.
Molti asset manager si interrogano su alcuni punti non inclusi nel framework d’azione del BTp green, come la non inclusione delle infrastrutture marittime, per le quali non c’è ad oggi nemmeno un progetto che possa portarle dentro gli obiettivi di efficienza energetica inquadrati dall’UE. Punto interrogativo anche sulla mancanza di una valutazione “Do not significant harm” (DNSH), altro principio “core” della tassonomia dell’UE e del nuovo standard UE.
1. La collocazione è stata affidata dal Mef a un pool di banche: Crédit Agricole Corp. Inv. Bank, Intesa Sanpaolo S.p.A., J.P. Morgan AG e NatWest Markets N.V. BNP Paribas.