Un sistema di allerta precoce per le banche italiane meno significative: è quello che la Banca d’Italia illustra nel paper numero 480 della serie “Questioni di Economia e Finanza”. Il presupposto è che, nel quadro della supervisione bancaria, prima si riesce a identificare i problemi delle società del settore e meglio è per tutti. Ma, al di là del metodo illustrato nel documento1, viene da farsi tre domande.
- Cosa si intende per “banche meno significative” (o Less Significant Institutions, per dirla nel linguaggio universale della finanza)?
- Quali banche rientrano in questa categoria e quali, invece, sono considerate Significant Entities, se non addirittura Global Systemically Important Institutions?
- Nella tutela dei depositi cambia qualcosa a seconda della categoria in cui la banca rientra?
Vediamo di rispondere.
Global Systemically Important Institution e Significant Entity
Come risulta dal Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2017, diffuso nel marzo del 2018, la Banca Centrale Europea e le autorità nazionali hanno individuato sette banche a rilevanza sistemica globale, o Global Systemically Important Institutions (G-SIB): si tratta di BNP Paribas (Francia), Groupe Crédit Agricole (Francia), Deutsche Bank (Germania), ING Bank (Paesi Bassi), Banco Santander (Spagna), Société Générale (Francia) e, per l’Italia, UniCredit Group 2.
UniCredit, per deduzione, è anche una “banca significativa”, con un valore patrimoniale complessivo compreso tra i 500 e i 1.000 miliardi di euro, come Intesa Sanpaolo. Stando alla lista delle entità sotto supervisione stilata dalla BCE e aggiornata tra novembre e dicembre 2018 3, in questa categoria, nel nostro Paese, rientrano anche Banco BPM (patrimonio totale tra i 150 e i 300 miliardi di euro), Banca Monte dei Paschi di Siena e UBI (100-150 miliardi), BPER Banca e Mediobanca (50-75 miliardi), e Banca Carige S.p.A. – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Banca Popolare di Sondrio, Barclays Bank, Credito Emiliano e ICCREA Banca.
La galassia delle “banche meno significative”
Il patrimonio complessivo, per le ultime che abbiamo menzionato, è tra i 30 e i 50 miliardi di euro. Sotto questo livello c’è tutta la galassia delle Less Significant Institutions (LSI), il cui elenco completo è contenuto sempre nella lista della BCE 3. Prendendo spunto dal documento recentemente diffuso dalla Banca d’Italia, ci limitiamo qui a sintetizzarne le caratteristiche.
Secondo i dati aggiornati al 30 giugno 2016, il settore è composto da 459 istituzioni (355 sono Banche di Credito Cooperativo), di cui 52 gruppi bancari e 407 banche autonome, con un valore patrimoniale complessivo di quasi 558 miliardi di euro, che rappresenta il 20% del patrimonio complessivo del sistema bancario italiano.
Il settore è composto prevalentemente da piccole banche con un valore patrimoniale complessivo inferiore a 500 milioni di euro: sono il 51% del totale. Solo il 4% delle LSI italiane ha un patrimonio totale superiore ai 5 miliardi. Queste caratteristiche si devono anche alla forma giuridica prevalente – cooperativa – che si riflette sulla “stazza” più ridotta.
La maggior parte delle LSI italiane si classifica come banca “tradizionale”, dal momento che si occupa principalmente di depositi e prestiti. Il trading è di solito marginale, riducendo così l’esposizione al rischio, cui nel caso delle BCC contribuiscono ulteriori limitazioni alle attività speculative – per esempio, i derivati – imposte anche dalla normativa prudenziale.
La distribuzione è affidata a una fitta rete di filiali: dai dati al giugno 2016, risultano essere circa 8.700 sul totale delle 30.000 dell’intero sistema bancario italiano.
Razionalizzazione in corso nel comparto
Negli ultimi anni, tre fattori hanno influenzato il settore:
- la prolungata e grave recessione economica sperimentata dall’Italia nell’ultimo decennio;
- l’armonizzazione normativa e l’avvio del Meccanismo di Vigilanza Unico, che hanno accresciuto la competitività a livello europeo anche all’interno del settore delle LSI;
- la riforma del sistema bancario cooperativo, che ha dato vita a gruppi bancari cooperativi guidati da una società-madre e incorporati in una società per azioni.
L’azione combinata di questi fattori ha accelerato il processo di razionalizzazione nel settore bancario italiano e fatto sì che dal 2008 il numero delle LSI italiane sia diminuito in maniera significativa.
Piccole, medie, grandi: la tutela non cambia
Questa distinzione serve ai supervisori – Banca d’Italia e, a monte, le autorità europee – per capire quanto rischia l’intero sistema economico di fronte alle difficoltà più o meno conclamate di una specifica banca (o gruppo bancario). Vi ricordate il “too big to fail”? Ecco. Fermo restando che il fallimento di una società bancaria è qualcosa che si cerca sempre di evitare, per le implicazioni che avrebbe per azionisti, obbligazionisti ma anche correntisti e titolari di depositi.
La tutela di questi ultimi, però, non cambia a seconda che la banca sia più o meno “significativa”. Come spiega la BCE, per proteggere i depositi anche in caso di dissesto bancario gli enti creditizi contribuiscono a un fondo di assicurazione, noto come “sistema di garanzia dei depositi”, il cui scopo è fondamentalmente quello di evitare la corsa agli sportelli nei momenti di peggiore tensione.
Finora in Europa i sistemi di garanzia dei depositi sono stati organizzati a livello nazionale, nel rispetto di standard minimi concordati a livello UE. In base alle regole dell’Unione Europea, questi sistemi garantiscono i depositi fino a 100.000 euro per depositante.
Da tempo si parla di rafforzare questa protezione attraverso un sistema europeo di assicurazione che, secondo la BCE, permetterebbe di gestire in modo più agevole i grandi shock e le crisi finanziarie che travalicano i confini nazionali. Posto che, in questo nostro pazzo mondo globalizzato, è ormai difficile incappare in uno shock o in una crisi che abbia la decenza e il buon gusto di non oltrepassare i mari e i monti “sovrani”.
1 – An early warning system for less significant Italian banks, fonte: Banca d’Italia
2 – Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza, fonte: Banca Centrale Europea
3 – List of supervised entities, fonte: Banca Centrale Europea