“Nessuna norma di trasparenza e tutela è veramente efficace se gli utenti non hanno gli strumenti per effettuare scelte informate”
È Mario Draghi a dirlo e ha drammaticamente ragione. L’economia (e quindi la vita moderna) si basa sulla finanza come un vecchio si affida al suo bastone. Sarebbe auspicabile, quindi, una buona dimestichezza da parte dei cittadini con il linguaggio e gli strumenti finanziari. Numerosi studi mettono, però, a nudo una diffusa e ingiustificabile ignoranza in materia. Ciò implica l’impossibilità di intraprendere scelte finanziarie favorevoli o, persino peggio, l’assunzione di atteggiamenti controproducenti e dispendiosi: immaginiamo l’accensione di un mutuo in momenti in cui lo spread è ai massimi, oppure la scelta di un fondo pensione senza valutare i propri piani futuri e gli orizzonti temporali o, ancora, la scelta di un finanziamento ignorando tassi variabili, TAN e TAEG.
L’analfabetismo finanziario è, purtroppo, largamente diffuso un po’ in tutto il mondo pur con le dovute eccezioni. La situazione italiana, nello specifico, è assolutamente preoccupante per un Paese che è tra le prime economie mondiali. Lo dimostra uno studio realizzato dalla International Business School IMD nell’ambito del “World Competitiveness Index” che ci classifica 46esimi, ultimissimi in Europa e davanti a Messico e Venezuela, insomma nulla di cui essere fieri.
Come se ciò non bastasse, un altro studio che valuta la conoscenza del mondo finanziario da parte dei cittadini ci manda “dietro la lavagna”: ultimi tra le economie mature e superati anche da Paesi in via di sviluppo. La ricerca presenta i tassi d’istruzione dei vari Paesi (suddivisi per livello di reddito):
*La percentuale riportata indica quante persone hanno saputo dare una spiegazione esaustiva dei concetti di inflazione, interesse composto e diversificazione del rischio. Dati del paper Financial Literacy around the World di Lisa Xu e Bilal Zia, elaborazione AdviseOnly.
I dati sono frutto di una comparazione di vari studi e ricerche svolte sia a livello nazionale che internazionale (per l’Italia svolta da Elsa Fornero e Chiara Monticone), ed offrono degli spunti di riflessione spesso scontati: emerge ad esempio che la cultura finanziaria è direttamente proporzionale al livello di istruzione e di reddito personale e altrettanto dipende dall’ incombenza dell’età pensionabile. Tra le notizie “shock” troviamo, invece, che la diffusione dell’educazione finanziaria è negativamente influenzata dal fatto di vivere in una società con un solido ed affidabile sistema di welfare (non è necessario fare di necessità virtù), oppure che nei Paesi emergenti la fame di informazione finanziaria è nettamente superiore a quella dei paesi avanzati, nonostante l’inferiore disponibilità di denaro. Insomma lo scenario è molto vario ma il risultato è pressoché univoco: troppa poca cultura finanziaria per tutti, nessuno escluso.
Un buon livello di educazione finanziaria aiuta le famiglie ad intraprendere scelte più vantaggiose nella scelta di un mutuo; aiuta un giovane lavoratore ad integrare lo stipendio; aiuta un nonno a regalare il motorino al nipote; aiuta i lavoratori a scegliere un piano pensionistico adeguato (e non quelle sole che vengono rifilate di prassi) e così via …
L’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini è un elemento essenziale anche per la prosperità di un Paese, ed è quanto mai efficace se la sua diffusione è frutto di uno sforzo convergente di tutti gli attori del sistema economico: regolatori, media, enti locali e nazionali, industria bancaria e finanziaria, sistema scolastico ed associazioni dei consumatori. Potremmo continuare all’infinito ad elencare valide motivazioni per studicchiare almeno i fondamenti della finanza!
L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) considera l’educazione finanziaria così importante da fornirne una definizione ad hoc:
«L’educazione finanziaria è quel processo attraverso il quale i consumatori migliorano la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso l’informazione, l’istruzione e la consulenza oggettiva, sviluppano le capacità e la fiducia necessarie per diventare maggiormente consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per effettuare scelte informate, comprendere a chi chiedere consulenza e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il loro benessere finanziario».
La celebre “Troika”, formata dalla BCE, dal Fondo Monetario Internazionale e dall’Unione Europea, promuove iniziative scolastiche e corsi di formazione a partire dai più giovani fino all’età adulta volti a diffondere la conoscenza finanziaria. Tuttavia il tasso di alfabetizzazione in questo campo resta troppo basso, tanto da rendere necessaria una coordinazione sistemica e magari l’introduzione della finanza come materia ministeriale al pari della geografia e dell’antologia. I più “tradizionalisti” potrebbero storcere il naso, ma noi di Advise Only siamo fermamente convinti che la finanza influisce sulle nostre vite in modo quotidiano più di quanto possiamo immaginare e una buona educazione finanziaria può salvaguardare i risparmi e, di conseguenza, il futuro di tutti.
Noi di Advise Only non ci facciamo solo promotori, ma anche attori dell’educazione finanziaria. Vorremmo aiutarvi a conoscere meglio questi temi, è questo lo spirito del blog ed è questo l’obiettivo della Community (il primo social network per investitori e risparmiatori). Vogliamo che tutti siano consapevoli e protagonisti dei propri risparmi. Vuoi diventare anche tu uno di noi?
JenaBruna / Gennaio 16, 2013
Il primo posto in cui scarseggia la cultura finanziaria sono le banche! Nella mia vendono roba senza sapere cosa sia!
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Davide Valsecchi / Gennaio 17, 2013
O forse lo sanno e vendono tutto ciò che è vantaggioso per loro, puntando proprio sulla diseducazione finanziaria, no?
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Maurizio / Gennaio 17, 2013
cultura finanziaria è anche sapere che lo spread non c’entra nulla con i tassi applicati dalle banche ai mutui, solo perchè le banche applicano i tassi e non gli spread. Davide sei giovane e ce la puoi ancora fare
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Davide Valsecchi / Gennaio 18, 2013
Maurizio, purtroppo per tutti noi lo spread è collegato a doppio filo ai tassi praticati sui mutui dalle banche. Ti spiego perché: le banche (in particolare quelle italiane) hanno in pancia molti titoli statali nazionali, quindi un aumento dello spread determina maggiore rischio e minor redditività; di conseguenza le banche agiscono dove si può “risicare” di più, ossia i cittadini mutuari, aumentando proprio i tassi sui mutui.
Ora, ad un aumento dello spread corrisponde un immediato e diretto aumento dei tassi, mentre la relazione contraria non è né immediata né scontata, per ovvi motivi.
è altresì vero che nella determinazione dei tassi di un mutuo si tiene conto anche dei “tassi” da te citati, quindi Euribor e Eurirs.
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