Vi sarà capitato di sentirci menzionare, talvolta, i multipli di Borsa. En passant vi avremo anche accennato di cosa si tratta. Ma vale forse la pena di fare un approfondimento.
Cosa sono – e a cosa servono – i multipli?
Cominciamo col dire che no, i multipli non sono strane creature che si moltiplicano quando si dà loro da bere o le si bagna (avete presente i Gremlins?). Si tratta piuttosto di una serie di indicatori che mettono in rapporto tra loro un tot di variabili riferite a un’azienda per coglierne in modo agevole e veloce il valore e confrontarlo con quello dei concorrenti.
I multipli possono riguardare il prezzo di Borsa, i dati di bilancio o il valore d’impresa:
- i multipli di Borsa sono, per esempio, il rapporto prezzo/utile, il rapporto prezzo/flusso di cassa e il rapporto prezzo/fatturato;
- tra i multipli di bilancio ci sono il ROI (return-on-investment), il ROE (return-on-common equity) e il ROS (return on sales);
- i multipli sul valore d’impresa mettono in relazione il valore dell’impresa, appunto, con le varie grandezze del conto economico (per esempio, l’utile).
Cominciamo dai primi1.
Qual è l’utilità dei multipli di Borsa?
Permettono di cogliere al volo l’idea che il mercato ha di una società e del suo valore in un certo momento. In questo modo, consentono di capire se un’azione2 è a buon mercato o se, al contrario, è costosa.
Come funzionano? In sostanza, ci segnalano quante volte una certa voce del conto economico – sia essa l’utile, il fatturato, il flusso di cassa o altro – è recepita e contenuta nel prezzo di Borsa di una determinata società.
Prendiamo il caso di un’impresa con un utile di 100 milioni di euro, a fronte di 10 milioni di azioni emesse. Abbiamo che il rapporto utile/azione (anche noto come earnings-per-share, o EPS) è pari a 10. Poniamo che la quotazione del titolo in Borsa sia a 40 euro: il rapporto tra prezzo e utile per azione è pari a 4.
Quello che vi abbiamo appena illustrato è un multiplo di Borsa: si chiama price/earnings, P/E per i più intimi. Nell’esempio che abbiamo fatto, il prezzo di Borsa è quattro volte l’utile per azione. La società, quindi, è conveniente o no? In linea di massima, più il P/E più basso e più conveniente è il titolo: detto in altra maniera, ci sono i margini perché il suo valore di Borsa salga.
Ovviamente, è una regola che presenta molte eccezioni: si è negli anni notato, infatti, che le società con i tassi di crescita più alti (e che quindi sono le più interessanti) presentano spesso rapporti elevati. Ecco quindi che, per ovviare al problema, è stato introdotto il price/earnings-to-growth ratio, o PEG: è il prezzo/utile normalizzato per il tasso atteso di crescita degli utili negli anni successivi.
Tutto qua? Neanche per sogno.
Vi presentiamo gli altri multipli di Borsa
Il multiplo, quindi, è un rapporto: come tale, ha un numeratore e un denominatore: il numeratore è generalmente il prezzo; il denominatore è il parametro tratto dal conto economico.
Abbiamo detto che quest’ultimo può essere l’utile, ma anche il fatturato, o il flusso di cassa. Ora, del rapporto prezzo/utile abbiamo già detto. Andiamo a vedere gli altri rapporti.
Prezzo/fatturato (price-to-sales ratio, o P/S)
È il rapporto tra capitalizzazione di Borsa e fatturato: in sostanza, ci dice quante volte il mercato valuta il totale dei ricavi della società, secondo la procedura che abbiamo già visto per il P/E.
Può rivelarsi un indicatore utile a cogliere il valore di quelle società che sono in fase di start-up e, come tali, non sono ancora in utile.
Prezzo/flusso di cassa (price-to-cash flow ratio, o P/CF)
È il rapporto tra capitalizzazione di Borsa e flusso di cassa, anche detto cash flow (alla finanza piace l’inglese, come abbiamo già visto3): ci segnala quante volte il mercato valuta i flussi di cassa monetari, secondo l’operazione vista prima in merito al P/E.
Come sottolinea Borsa Italiana, generalmente viene utilizzato per valutare società “che operano in settori caratterizzati da considerevoli investimenti iniziali, e quindi da valori rilevanti di ammortamento”4.
Prezzo/patrimonio netto (price-to-book value ratio, o P/BV)
È il rapporto tra capitalizzazione e patrimonio netto: se è minore di 1, allora l’azienda è sottovalutata, dal momento che abbiamo una capitalizzazione di Borsa più bassa del patrimonio netto, senza considerare gli utili.
Questo multiplo si focalizza però sul valore dei beni materiali e contabili e per questo non è molto in linea con i nostri tempi, dove una marea di società molto appetibili trae la sua forza da fattori assolutamente immateriali.
Dividendo/prezzo (dividend yield, o DY)
Attenzione: qui numeratore e denominatore cambiano. Il primo è infatti il dividendo, mentre il denominatore è il valore di Borsa. Il dividend yield esprime il rapporto tra quanto un’azienda paga in dividendi ogni anno rispetto al prezzo delle sue azioni.
Selezionare titoli con un elevato DY ha senso purché siano sottovalutati dal mercato oggi e, quindi, abbiano il potenziale per apprezzarsi un domani.
Un utile termine di paragone
Alla fine, è questo che sono i multipli di Borsa: essi hanno un senso non solo perché permettono di cogliere il potenziale di una società e del suo titolo, ma anche perché consentono di fare un paragone con la media di mercato, con la media delle società dello stesso settore ed eventualmente con la media storica.
Conclusa la dovuta sezione teorica su questi indicatori, andiamo a vedere cosa ci dicono oggi questi multipli per i Paesi dei mercati sviluppati.
Come si evince dal grafico, guardando al mercato azionario tramite la lente dei multipli, emerge con chiarezza il positivo stato di salute del mercato nipponico, canadese e (tra gli europei) quelli di Spagna e Italia. Gli indicatori utilizzati per questa analisi ci dicono che queste aree geografiche presentano buone valutazioni rispetto alla loro media storica. Al contrario, i valori di Stati Uniti e Svizzera ci parlano di un mercato decisamente caro e con minori opportunità.
Arrivati a questo punto, vi sarà chiaro pure che i multipli sono strumenti di misurazione non proprio alla portata di tutti: li usa l’analista che lavora con il gestore che crea il fondo che vi propone il consulente finanziario o il funzionario di banca, sperabilmente in un’ottica di sana e giusta diversificazione5 e di coerenza con il vostro profilo di rischio.
Però conoscerli vi dà un elemento in più per capire cosa c’è dietro una certa valutazione.
Non tutti siamo meccanici, ma sapere che cosa si nasconde sotto il cofano della nostra auto male non fa.
1 – Sugli altri, per non tediarvi, torneremo poi.
2 – #ABCFinanza: vuoi investire in azioni? Ecco ciò che devi sapere
3 – Guida alle parole-chiave del mercato azionario
4 – I multipli di Borsa, fonte: Borsa Italiana
5 – Perché è così importante diversificare il portafoglio?