Una delle caratteristiche principali del mercato azionario statunitense è la possibilità di investire in titoli utilizzando denaro in prestito. Chiunque può ottenere un prestito presentando come garanzia i titoli del proprio portafoglio e poi utilizzare i fondi presi in prestito per investire in altri titoli.
Questo è il cosiddetto “margin trading”, al quale partecipano solitamente hedge fund, trader di criptovalute e trader al dettaglio. In questo modo, se ti aspetti che un’azione rimbalzi notevolmente a un certo punto, puoi aumentare il numero di azioni nel tuo portafoglio con un margine molto più ampio rispetto a quello che ti offrono i contanti a tua disposizione.
Al tema è dedicata una recente newsletter di Quartz. Ti sembra che ci sia puzza di rischio grosso? Potresti non avere del tutto torto. Anzi.
Margin call: precedenti di un certo livello (di rischio)
Nel 1929, il crollo del mercato azionario che precedette la Grande Depressione fu innescato in parte da un massiccio aumento dei prestiti a margine, seguito da un inasprimento dei relativi requisiti.
Altro giro, altro crollo. Nel 1987 il Dow Jones Industrial Average perse più del 22% in un solo giorno, passato poi alla storia dei mercati finanziari come “lunedì nero”. Furono i livelli record di richiami di margine a provocare le variazioni di prezzo: in quel giorno le margin call furono circa 10 volte la media normale dell’epoca.
Nel 1997 le margin call indussero la vendita di titoli dei mercati emergenti, anche quelli con un debito con rating elevato, provocando la crisi finanziaria asiatica.
Ed eccolo qua, di nuovo lui, il famigerato annus Domini 2008. La bolla immobiliare scoppia e la crisi finanziaria registra numerosi richiami di margine. Le banche d’investimento e gli hedge fund devono affrontare gravi crisi di liquidità.
2020, anno della pandemia. I richiami di margine hanno avuto un ruolo anche nel crollo pandemico del mercato azionario. Le parti centrali di compensazione hanno infatti chiesto agli investitori 300 miliardi di dollari in più di margine iniziale.
Margin call: come funziona tutto l’ingranaggio?
In base alla Regulation T negli Stati Uniti, i broker di solito richiedono che il cliente metta a disposizione almeno il 50% del contante o delle azioni che già possiede a copertura delle operazioni che desidera effettuare. Poi loro coprono l’altro 50% come prestito. Con gli interessi.
E qui Nate DiCamillo, l’autore della newsletter di Quartz dedicata alla margin call (editata e prodotta da Annaliese Griffin), fa un esempio.
- Mettiamo che tu sia un gestore di un fondo hedge o un trader. Devi mettere a disposizione almeno 2.000 dollari in contanti o azioni e l’importo deve coprire almeno il 50% delle operazioni che intendi effettuare. Questo è il cosiddetto minimo iniziale.
- Poi ti devi assicurare che il collaterale in tuo possesso non scenda mai sotto il 25% dell’attuale valore di mercato dell’importo totale dei titoli in cui hai investito utilizzando il prestito. Questo è il cosiddetto “requisito di mantenimento del margine”, stabilito dalla Financial Industry Regulatory Authority (FINRA) negli Stati Uniti.
- Perciò, se vuoi comprare 1.000 azioni di un titolo a 50 dollari (per un totale di 50.000 dollari), dovrai versare 25.000 dollari, e il tuo broker ne verserà altrettanti. Questi primi 25.000 dollari sono il margine iniziale.
- Ma mettiamo che il valore delle azioni che hai comprato con questa operazione vada giù per un qualunque motivo: ipotizziamo, per esempio, da 50 a 40 dollari. Allora l’investimento complessivo scende a 40.000 dollari. Chi subisce il colpo? Non certo il broker che ti ha fatto il prestito: i 25.000 dollari che ti ha dato erano e restano 25.000. Sei tu che ne hai messi sul piatto 25mila e ora te ne ritrovi 15mila, con una perdita – se la matematica non ci inganna – di diecimila.
Margin call: è un rischio che si può gestire?
La questione delle margin call entra in gioco in quasi tutti gli angoli dei mercati finanziari. Dopo aver assistito alla volatilità dei Treasury statunitensi nel panico di mercato del 2020, esperti di finanza come Josh Younger, managing director per la strategia del reddito fisso statunitense presso JP Morgan, hanno suggerito che il “cross-margining”, in cui i requisiti di margine sono stabiliti in base ai rischi complessivi del mercato rispetto ai rischi individuali, potrebbe rendere i richiami di margine meno devastanti per il mercato complessivo anche in caso di crisi.
Valutare il contesto, insomma, e non il singolo operatore. Ma i rischi ci sono e non si eliminano. E quando incrociano le tentazioni speculative, gli esiti possono essere molto, molto, molto interessanti. Per così dire.