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#ABCFinanza: Cosa provoca una crisi valutaria?

Venezuela, Turchia, Argentina: il quadro comandi dell’aereo sul quale stiamo viaggiando ci segnala questi tre fra i vari focolai di crisi. Non è un caso: sono tra i Paesi Emergenti con i fondamentali più fragili – alti deficit delle partite correnti, basse riserve valutarie e situazione fiscale debole – e hanno subito uno stress non di poco conto con l’aumento dei tassi di interesse statunitensi, stante il loro debito ridenominato in dollari USA.

Una fragilità che si riflette sulle valute nazionali: qui di seguito, un riepilogo della bollente estate 2018 (che non include il nuovo Bolivar, in circolazione dal 20 agosto).

 

 

La perdita di valore di una valuta può mandare in tilt un sistema economico: magari le famiglie no, ma le banche, le imprese e lo Stato interagiscono con l’estero e hanno crediti e debiti anche in valuta di altri Paesi. L’aspetto critico è proprio questo: dover ripagare il debito in valute molto più pesanti della propria, che invece va giù.

Mettiamo un punto e ripartiamo da qui.

Tempo fa, quando ci siamo chiesti cos’è una crisi finanziaria, abbiamo citato fra le altre proprio le crisi valutarie. Dopo aver chiarito il concetto di moneta, oggi facciamo un passo oltre e ci domandiamo: cos’è che innesca la crisi di una valuta?

Come nasce una crisi valutaria

Si parla di crisi valutaria di fronte a un forte e persistente calo del valore della valuta di un determinato Paese (o area geografica). Prendendo spunto da un working paper di qualche anno fa della Federal Reserve Bank di San Francisco1, proviamo a riassumere schematicamente il meccanismo che può far scattare una crisi valutaria, fermo restando che si tratta di un fenomeno molto complesso nel quale interagiscono tanti fattori.

  • Gli investitori rilevano un’incoerenza fra le politiche macroeconomiche di un determinato Paese. Per esempio, l’impegno a mantenere fisso il tasso di cambio e un eccesso di spesa in deficit. La prima è una scelta costosa, e d’altra parte la spesa in deficit va finanziata. Come? Per esempio, indebitandosi sui mercati internazionali.
  • Ma un governo non può indebitarsi all’infinito. Quindi, in assenza di riforme fiscali o di tagli alla spesa, finanzia il debito creando moneta. Un eccesso di creazione di moneta scatena però la spirale dell’inflazione e rende assai complicato continuare a mantenere fisso il tasso di cambio.
  • Tra gli investitori scatta l’apprensione, che si rafforza, peggiorando la svalutazione, se i tentativi di difendere il livello di cambio della valuta rimettendosi sulla giusta carreggiata – in termini di politiche monetarie e/o di bilancio – non risultano sufficientemente convincenti.

Riassumendo: alla base di una crisi valutaria c’è una preoccupazione crescente – con conseguente calo di fiducia – da parte degli investitori. I quali, ritenendo che un Paese sia in difficoltà e non volendo rimanerne invischiati, iniziano a vendere le attività in quella determinata valuta spostando altrove il loro denaro. E così, danno il via alla cosiddetta “fuga dei capitali”.

Lo ribadiamo, per maggiore chiarezza: il loro timore può nascere da dati concreti, come l’incoerenza alla quale abbiamo fatto riferimento, ma poi è alimentato dalle aspettative di un progressivo peggioramento della situazione, e ciò amplifica la svalutazione.

 

Chi è il colpevole?

Semplificando all’osso, possiamo individuarne due.

  • La banca centrale. Se è poco credibile, non solo non ha la forza per contrastare la perdita di valore della valuta, ma può essere essa stessa la causa della svalutazione.
  • Il governo. Se nelle sue politiche economiche punta molto sulla spesa in deficit (non coperta cioè da tassazione) che per giunta non genera crescita, può alla lunga creare disaffezione presso gli investitori.

 

Chi può contrastare la crisi?

Per paradosso, gli stessi colpevoli.

  • La banca centrale. Può arginare la svalutazione aumentando i tassi di interesse e/o effettuando operazioni di quantitative easing, di mercato aperto o, in generale, di salvaguardia della stabilità finanziaria. Tutti interventi che, a vario titolo, possono contribuire a calmare gli investitori convincendoli a smettere di vendere e, possibilmente, a ricominciare a comprare asset in valuta locale.
  • Il governo. Può impegnarsi per mantenere – o per riguadagnare – la credibilità e la buona reputazione del Paese con politiche di bilancio serie, in grado di ottimizzare la spesa e di potenziare le entrate fiscali.

 


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1 – Currency Crises, fonte: Federal Reserve Bank of San Francisco

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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