Ci risiamo: in queste settimane di forte apprensione per i numeri dell’epidemia del nuovo coronavirus, giornali, telegiornali, giornali radio e siti web più o meno specializzati tornano a parlare di “miliardi di capitalizzazione bruciati”.
Forse non vinceremo il premio per l’originalità occupandocene, ma visto che in fasi di panic selling come quella attuale si martella molto sul concetto di denaro che “brucia”, cerchiamo di capire che cosa questo voglia dire e, soprattutto, se ha senso parlare di miliardi di capitalizzazione “bruciati”.
“In una settimana bruciati millemila miliardi”
Come qualcuno ha fatto notare, il verbo “bruciare” evoca un evento irreversibile: uno s’immagina montagne di banconote ridotte in cenere e che mai più si potranno recuperare.
Ora, in una fase assai delicata in cui si discute – fra le altre cose – di quanto le banconote siano veicolo di infezione virale, magari alle orecchie di qualcuno l’idea del fuoco che monda può anche suonare liberatoria e rassicurante. Ma pensate a chi quei soldi li ha investiti: gestori di fondi comuni o fondi pensione, per esempio, cui noi piccoli investitori abbiamo affidato il nostro denaro. Ecco, non è una bellissima cosa.
Il punto è: ma questi soldi bruciano per davvero? Cioè, un calo poderoso sui listini azionari ha il potere di ridurli in cenere cancellandoli per sempre dalla faccia dei mercati? Un buco nero li risucchia e mai più li rivedremo?
Ovviamente, no: è un’esagerazione stilistica, diciamo così. E vi vogliamo spiegare perché.
La perenne danza tra domanda e offerta
Cominciamo col dire che quella che noi chiamiamo “Borsa” altro non è che una piazza (oggi sostanzialmente digitale) in cui domanda e offerta si incontrano e formano un prezzo di scambio.
L’acquisto di un titolo azionario da parte di un investitore avviene dunque a un prezzo che rappresenta il punto d’incontro tra domanda e offerta. Tale prezzo oscillerà lungo tutto l’arco di tempo nel quale l’acquirente deterrà l’azione. E le oscillazioni saranno tanto più vertiginose quanto più forte sarà la turbolenza che, nel bene o nel male, ci toccherà attraversare in certi momenti. È un’esasperazione della volatilità, volatilità che, in ogni caso, fa parte del gioco.
Se l’investitore decide di vendere l’azione in un momento in cui tutti vendono, ecco che si formerà un fronte tempestoso di offerta che però non riuscirà a essere assorbito da una domanda di pari entità. Dal che i cali dei prezzi. Semplificando all’osso: quando l’offerta sopravanza la domanda, la domanda ha “il coltello dalla parte del manico” e i prezzi scendono; viceversa, salgono.
Ma anche quando il prezzo di un’azione scende del -5% sappiate che non si è “bruciato” proprio un bel niente: semplicemente, il prezzo è mutato perché, sempre semplificando all’osso e tralasciando per un momento il ruolo degli algoritmi, ci sono più persone disposte a vendere che persone disposte a comprare.
Al calo, però, può seguire – e, anzi, l’esperienza ci dice che segue sempre, presto o tardi – un recupero.
I miliardi “bruciati” in Borsa non esistono
Ficcatevelo bene in testa una volta per tutte: i miliardi “bruciati” in Borsa non esistono. Al massimo, quando va male, possiamo dire che sui mercati prevale un andamento ribassista che fa perdere valore alla generalità dei titoli quotati e di riflesso ai panieri che li contengono.
Mettiamo a fuoco il tutto con un esempio. Abbiamo comprato 1.000 azioni di una società quotata al valore di 10 euro l’una, per un investimento totale di 10.000 euro. Poi è sopraggiunto un momento non proprio felice e il valore delle azioni della società in cui abbiamo investito è andato giù: da 10 a 8,5 euro.
E qui ci sono due casi ben diversi.
- Caso 1
Teniamo duro e contiamo sulla ripresa dei mercati, cosa che storicamente è sempre avvenuta: dal 1900 al 2019, il rendimento reale medio annuo (cioè il guadagno in termini di potere d’acquisto) delle azioni è stato del 5,2%. Se pensate che sia un periodo troppo lungo, sappiate che dal 1970 è del 5,5% e dal 2000 è del 3,1%.
- Caso 2
Allarmati, ci siamo affrettati a vendere. Ma a 8,5 euro per azione, a fronte dei 10 euro spesi in precedenza. Vuol dire forse che abbiamo “bruciato” il 15% del valore dell’acquisto? In un certo senso sì, ma per noi stessi, se abbiamo venduto sospinti nel gorgo del panico.
Nessuno ci obbliga a vendere nel momento peggiore, anzi: come diciamo sempre, restando investiti possiamo beneficiare dei recuperi successivi1.
Quanto al resto, le fluttuazioni sono parte integrante dei mercati e dei cicli economici. E quel che “brucia” è solo il nostro orgoglio – e magari anche quello dei grandi investitori – quando le cose non vanno come sperato.
1 – #ABCFinanza: cos’è la capitalizzazione di mercato e come funziona
2 – Guardiamo oltre il crash di Borsa
Davide / Marzo 27, 2020
Buongiorno,
sono d’accordo in parte con questa spiegazione dei ribassi. Il tema del ‘bruciare’ non è solo il dato oggettivo storico che poi i ribassi saranno seguiti da rialzi che li assorbiranno. Il tema del ‘bruciare’ significa anche che è diminuita la ricchezza da parte dei possessori dei titoli/fondi che sono scesi di prezzo. Se al tempo t avevo 100.000 e ora al tempo t+1 ne ho 70.000, sono meno ricco di 30.000; il valore della mia ricchezza (patrimonio) è diminuito. Usando una parola forte si è ‘bruciato’. Poi il tempo e la corretta gestione dell’investimento mi farà recuperare la ricchezza che avevo, la storia ha insegnato questo.
Grazie.
Davide
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CARLO GHIRINGHELLI / Marzo 27, 2020
Il prezzo delle attività finanziarie è ‘distorto’ dalla politica monetaria delle banche centrali (si pensi alla famiglia dei tassi e all’allentamento quantitativo).
Il valore dei titoli finanziari è un valore contabile.
Se decido di monetizzare il capitale, allora devo tenere conto della moneta il cui potere d’acquisto in generale è grandemente diminuito a far tempo dall’inizio del XX secolo rispetto all’oro (ad esempio, il dollaro americano ha perso il 97%)
Tanto Vi dovevo. Carlo Ghiringhelli
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Gjovi Kola / Gennaio 16, 2021
Avessi soldi, comprerei azioni di qualche carmaker Chinese quotata in borsa… Ovviamente intendo machine elettriche. Con le riserve del petrolio giunte al capolinea, sono il futuro…
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