Il lungo lockdown disposto in molti Paesi del mondo nel tentativo di limitare i contagi da coronavirus ha avuto un effetto pesantissimo sull’economia, deprimendo la domanda come non succedeva da decenni. Ora che il momento più critico dell’emergenza sanitaria sembra finalmente alle spalle, si inizia a ragionare sul “post pandemia” e su tempistiche e modalità della ripresa economica che seguirà la peggiore recessione dal dopoguerra.
A questo proposito, uno dei temi su cui gli economisti si interrogano è la possibile traiettoria dell’inflazione una volta smaltiti gli effetti del lockdown: c’è chi si aspetta un’impennata, chi invece prevede un aumento contenuto e graduale.
Nell’attesa di scoprire chi ha ragione, facciamo un piccolo passo indietro: che cos’è esattamente l’inflazione e a cosa serve?
Che cos’è l’inflazione
In estrema sintesi, si parla di inflazione quando si ha un aumento generalizzato dei prezzi. Proviamo a spiegarci meglio. Nelle economie di mercato, i prezzi di beni e servizi possono variare in qualsiasi momento: alcuni aumentano, altri diminuiscono. Si parla di inflazione quando si registra un rincaro di ampia portata, che non si limita a singole voci di spesa. Quando l’inflazione aumenta, un’unità di moneta consente di acquistare una minore quantità di beni e servizi rispetto a prima – si dice che la moneta perde potere di acquisto.
Facciamo un esempio per capire come agisce l’aumento dell’inflazione: supponiamo che, 20 anni fa, abbiamo dimenticato 10 euro nella tasca di un vecchio cappotto. Allora il costo del pane era di 2 euro al kg, perciò con i nostri 10 euro avremmo potuto comprare circa 5 kg di pane. Oggi però il costo del pane è di circa 3,5 euro al kg: significa che se trovassimo i 10 euro oggi potremmo comprare circa 3 kg di pane. Perciò, anche se i 10 euro sono rimasti uguali in valore, hanno perso potere di acquisto – ed ecco spiegato perché non ha senso lasciare i risparmi “sotto il materasso”, ma questo è un altro discorso.
Come si calcola?
Per calcolare l’inflazione si parte dalla costruzione di un “paniere”, cioè un insieme di beni e servizi rappresentativi dei consumi delle famiglie. Ovviamente non tutte le famiglie hanno le stesse abitudini di spesa: alcune possiedono un’automobile e mangiano carne, altre si spostano esclusivamente con i mezzi pubblici o seguono una dieta vegetariana. Le abitudini di spesa medie dell’insieme delle famiglie determinano il peso da attribuire ai diversi beni e servizi all’interno del paniere. Esso contiene ad esempio – con diversi pesi relativi – i prezzi dei prodotti di uso quotidiano (alimentari, benzina, giornali) dei beni durevoli (abbigliamento, elettrodomestici) e dei servizi (medico, dentista, assicurazioni, trasporti, ma anche elettricità, acqua e così via). Il paniere dei prezzi serve per elaborare l’indice dei prezzi al consumo, dato semplicemente dalla quantità dei beni per il relativo prezzo. Questo calcolo viene effettuato ogni anno: il tasso di inflazione sui 12 mesi non è nient’altro che la variazione percentuale da un anno all’altro.
Rischi
Allo stesso tempo, questa politica monetaria – definita non a caso “estrema” da molti economisti – porta con sé diversi rischi. Innanzitutto, una maggior quantità di denaro in circolo tende a far salire significativamente l’inflazione, con una conseguente svalutazione del valore del denaro. Inoltre, non è detto che il denaro ricevuto venga immediatamente speso dai cittadini. Potrebbe anche accadere, infatti, che alcuni preferiscano tenere in banca il denaro ricevuto, non innescando così l’aumento di domanda di beni e servizi sperato dalla banca centrale. Quest’ultima ipotesi è esattamente quello che si sta verificando negli Stati Uniti. Vediamolo nel dettaglio.
Questi sono i vantaggi della riposante vita da “cassettista”.
L’inflazione ha effetti su tutta l’economia: costo della vita, costo dell’attività, prestito di denaro, mutui, rendimenti delle obbligazioni societarie e governative ecc. In particolare:
- Riduce il valore del risparmio.
- Crea incertezza per le imprese, che riducono gli investimenti.
- Riduce la competitività delle esportazioni.
Tre indici per calcolare l’inflazione
In Italia a calcolare l’inflazione è l’istituto di Statistica – Istat – che elabora tre indici principali dei prezzi al consumo:
- NIC. L’indice Nazionale per l’Intera Collettività misura la variazione nel tempo dei prezzi di beni e servizi acquistati sul mercato per i consumi finali individuali.
- FOI. L’indice per le Famiglie di Operai e Impiegati (Foi) si riferisce ai consumi dell’insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente.
- IPCA. L’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (in inglese l’acronimo è HICP ossia Harmonised Index of Consumer Prices) è pensato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo. Il concetto di “armonizzato” fa riferimento al fatto che tutti i Paesi dell’Unione europea adottano la stessa metodologia di calcolo.
L’indice armonizzato IPCA è importante per diversi motivi:
- viene utilizzato per verificare la convergenza delle economie dei paesi membri della UE;
- è il riferimento a cui la Banca Centrale Europea (Bce) guarda per l’attuazione della politica monetaria europea.
L’inflazione è un dato macroeconomico molto importante ed è alla base delle decisioni di politica monetaria delle banche centrali globali. Il compito principale della Banca Centrale è di mantenere una certa stabilità dei prezzi, che secondo la BCE e la FED si traduce in un’inflazione target del 2%. Da anni però, almeno in Europa, siamo su livelli molto più bassi.