I Piani Individuali di Risparmio – per la precisione, i fondi comuni che hanno ottenuto il “bollino PIR” – hanno chiuso il 2017 con una raccolta netta di 11 miliardi di euro, oltre ogni più rosea aspettativa, e hanno portato a casa quasi altri 2 miliardi (1,98 miliardi) nei primi tre mesi del 2018. A fine marzo le loro masse hanno toccato i 17,53 miliardi dai 16 miliardi di fine 2017 (dati Assogestioni).
Un risultato importante, segnale dell’elevato interesse che questi prodotti sono riusciti a suscitare nei risparmiatori italiani, specialmente grazie ai vantaggi che offrono a livello fiscale.
Quali vantaggi?
Giusto per rinfrescarci la memoria, i Piani Individuali di Risparmio, nati nel 2017, sono esentasse sul capital gain: significa che i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti in un piano di risparmio a lungo termine non sono imponibili ai fini fiscali. Non solo: i redditi derivanti da un investimento in PIR sono esenti anche dall’imposta di successione (solo in caso di trasferimento a causa di morte).
Parliamo di numeri
Ma a quanto ammontano questi vantaggi per il risparmiatore? Per capirlo, abbiamo deciso di fare un esempio concreto utilizzando i nostri fondi PIR, uno azionario – Zenit Pianeta Italia – e uno obbligazionario – Zenit Obbligazionario. Guardando alla performance dei due prodotti, ci siamo posti una semplice domanda: quanto avremmo dovuto pagare in tasse se il fondo non fosse stato soggetto all’esenzione prevista per i PIR?
Nel caso di Zenit Pianeta Italia, il risparmio derivante dal mancato pagamento dell’aliquota – quella prevista gli investimenti in fondi comuni è pari al 26% – corrisponde al 6,3% di rendimento per il periodo che va dall’avvio del fondo (27 febbraio 2017) a oggi.
Per il PIR Obbligazionario il vantaggio è un po’ più contenuto: in questo caso, il risparmio fiscale corrisponde all’1% del rendimento (con il PIR un risparmiatore si è messo in tasca il 3,9% di rendimento, mentre dovendo pagare le tasse avrebbe portato a casa un 2,9%).
È comunque un risparmio significativo. Naturalmente per ottenere il “bollino PIR” un fondo (o un altro strumento finanziario) deve rispettare determinati vincoli.
Vantaggi anche per le aziende
Ma non sono solo i risparmiatori a trarre un beneficio dai Piani Individuali di Risparmio: pensati per convogliare risorse finanziarie verso le piccole e medie imprese italiane quotate, questi strumenti fanno bene anche alle aziende, spingendole verso il mercato azionario (e, di conseguenza, anche verso un’organizzazione interna più strutturata).
In effetti, nel 2017 il numero delle Initial Public Offering sui mercati dedicati alle PMI, come l’AIM, è aumentato significativamente rispetto all’anno precedente: le nuove IPO sono state 24, con una raccolta di equity da 1,26 miliardi di euro, in crescita di oltre il 500% rispetto al 2016, come segnala l’Osservatorio AIM Italia di IR Top Consulting.
“Il 2017 è stato l’anno di svolta dell’AIM, che ha confermato la sua funzione di finanza alternativa al canale bancario, favorendo la raccolta di capitale per lo sviluppo delle PMI”, ha commentato Anna Lambiase, amministratore delegato di IR Top Consulting. “I PIR hanno giocato un ruolo strategico nella crescita del mercato, catalizzando l’interesse di nuovi investitori istituzionali e professionali, con effetti positivi riscontrati nell’incremento della liquidità dell’AIM, che ha segnato una crescita di sei volte rispetto alla media del 2016, delle performance azionarie e del numero di IPO”.
Insomma, ci sono diverse buone ragioni per prendere in considerazione un investimento in un PIR.