L’estate del 2022 è stata la più calda della storia in Europa. In particolare, il mese di luglio ha avuto una temperatura di 2,26 gradi superiore alle medie italiane dal 1800 a oggi1. La comunità scientifica è ormai unanime nell’indicare le attività umane quali responsabili della crisi climatica a causa dell’aumento dei gas serra nell’atmosfera. Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC)2, con un riscaldamento globale superiore a 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale, nei prossimi due decenni il mondo affronterà molteplici rischi climatici inevitabili. Aumenteranno i rischi per la società, inclusi quelli relativi a infrastrutture e insediamenti costieri3. Il tempo per intervenire è sempre meno e occorre agire con tutti gli strumenti disponibili.
Le sfide degli accordi di Parigi
L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è il primo accordo universale, giuridicamente vincolante sul clima. È stato firmato nel 2015 da 195 Paesi e si pone come obiettivo più ambizioso proprio il contenimento delle temperature ad un livello massimo di 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali. Tenendo presente che gli effetti già si fanno sentire e lo faranno sempre di più in futuro, non oltrepassare la soglia degli 1,5 gradi significherebbe contenere in modo significativo i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici. L’accordo di Parigi, oltre alle misure di contenimento della CO2, prevede anche una miglior capacità di adattamento della società al nuovo clima, limitando i gas serra con modalità che non minaccino la produzione alimentare. La sfida è impegnativa e, per raggiungere il target delle zero emissioni nette entro il 2050 (c.d. net zero), occorre ridurre del 10% all’anno le emissioni tra il 2020 e il 2050; l’energia generata da fonti fossili dovrà diminuire del 99%; l’energia da fonti rinnovabili dovrà raggiungere la soglia dell’85% a cui abbinare la cattura di CO2. E tutto ciò tenendo presente che la domanda di energia aumenterà del 355% nel settore dei trasporti4. Per realizzare questo ambizioso obiettivo occorre rendere anche i flussi finanziari coerenti con un percorso che conduca a uno sviluppo a basse emissioni.
Il contributo della finanza per ridurre le emissioni di gas serra
Tutti, quindi, possono fare qualcosa, anche facendo attenzione al modo in cui si investono i propri risparmi. Esistono diverse soluzioni di investimento che permettono di ottenere rendimenti e, al contempo, alimentare finanziariamente le aziende che hanno una strategia industriale in linea con gli obiettivi degli accordi di Parigi. Ad esempio, ci sono Etf – fondi passivi che replicano l’andamento di un indice – che possono fare al caso di chi ha a cuore il contenimento delle emissioni di gas serra. In particolare, esiste un indice, l’MSCI Climate Paris-Aligned, che pone numerosi filtri per creare l’effetto premiante rispetto alle aziende più virtuose dal punto di vista dell’impatto climatico: aziende che non solo rispettano gli obiettivi stabiliti dall’accordo internazionale, ma fanno anche di più.
Per esempio, vengono incluse nell’universo investibile le aziende che non hanno controversie in campo ambientale, sociale e di governance. Sono invece automaticamente tagliate fuori tutte quelle realtà coinvolte nella produzione di armi e tabacco, ma anche quelle aziende che realizzano l’1% o più dei loro ricavi nel business del carbone e il 10% o più nel comparto del gas e del petrolio. Allo stesso modo non sono considerate quelle che realizzano il 50% o di più del loro fatturato nella generazione di energia.
Uno strumento d’investimento per centrare gli obiettivi
Nella gamma di prodotti d’investimento UBS esistono diversi prodotti che si basano sull’indice Msci Climate Paris-Aligned e guardano a diverse aree geografiche: dall’Europa, agli Stati Uniti fino al Giappone. A titolo esemplificativo, l’UBS ETF (IE) MSCI EMU Climate Paris Aligned UCITS ETF (ISIN: IE00BN4Q0L55) è un prodotto che investe in aziende dell’Unione monetaria europea e comprende titoli ad alta e media capitalizzazione di Borsa5. Utilizza un processo di ottimizzazione che ripondera o esclude i titoli in base ai rischi e alle opportunità associati alla transizione climatica e punta a superare i requisiti tecnici minimi stabiliti negli atti delegati varati dall’Unione europea, entrati in vigore tre anni fa e pensati per allineare le finalità dei prodotti finanziari agli obiettivi degli accordi di Parigi6.
L’ETF si classifica come articolo 8 secondo la normativa europea SFDR7 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, ovverosia un prodotto che promuove tra le altre caratteristiche, caratteristiche ambientali o sociali, o una combinazione di tali caratteristiche, a condizione che le imprese in cui gli investimenti sono effettuati rispettino prassi di buona governance.
Vuoi saperne di più?
1 – Fonte: WWF Website
2 – Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) è il foro scientifico formato nel 1988 da due organismo delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente allo scopo di studiare il riscaldamento globale.
3 – Fonte: IPCC Website
4 – Fonte: UBS Asset Management a giugno 2023.
5 – I titoli a media capitalizzazione si riferiscono ad aziende con un valore di mercato tra i 2 e i 10 miliardi di dollari, mentre i titoli ad alta capitalizzazione ad aziende con un valore di mercato superiore ai 10 miliardi di dollari.
6 – Fonte: UBS Asset Management a giugno 2023.
7 – REGOLAMENTO (UE) 2019/2088 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.