Una delle più grandi sfide di questo secolo è la mitigazione degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. L’esperienza della pandemia ha accelerato sui mercati numerosi trend già avviati, compreso quello della sostenibilità ambientale. E, in un certo senso, lo sforzo collettivo messo in atto per sconfiggere un nemico globale, in questo caso il virus, dovrà in qualche modo essere replicato per non far aumentare le temperature e per limitare le emissioni di CO2. Infatti, così come è stato possibile mettere a punto vaccini in tempi record con l’alleanza delle migliori menti del pianeta, altrettanto dovrà essere fatto per mantenere vivibile il nostro Pianeta. Anche il mondo della finanza ha colto la portata della questione, che influenzerà tra le altre cose la direzione degli investimenti negli anni a venire. Infatti, è in corso una crescita sostenuta per tutti i prodotti Esg, vale a dire quelli che incorporano nei loro criteri d’investimento parametri etici per quanto riguarda tematiche ambientali, sociali e di governance.
L’ondata Esg è appena cominciata
Secondo i dati di Ubs Asset Management, riferiti all’anno 2020 fino al 30 novembre scorso, gli Etf (Exchange Traded Fund, i fondi a gestione passiva che replicano un indice) Esg hanno registrato afflussi superiori ai 30 miliardi di dollari negli 11 mesi. Insomma, tutti i più grandi asset manager al mondo guardano con interesse alla galassia degli investimenti Esg, compresa la casa svizzera Ubs che, a partire dallo scorso dicembre, ha cambiato il benchmark di riferimento per i propri ETF SRI (prodotti socialmente responsabili). Insieme a MSCI, infatti, ha sviluppato un indice di riferimento a basse emissioni di carbonio da utilizzare come riferimento per l’intera gamma azionaria di investimenti socialmente responsabili. Quindi, gli UBS SRI ETF, ora, seguono gli indici MSCI SRI Low Carbon Select 5% che inseriscono ulteriori criteri di esclusione dall’universo investibile rispetto ai precedenti indici SRI.
Un nuovo benchmark con uno screening SRI potenziato
I nuovi filtri vanno a escludere il 10% delle aziende peggiori in termini di emissioni di carbonio. Un accorgimento che riduce l’intensità delle emissioni nel portafoglio d’investimenti di oltre il 70%. Oltre alle normali esclusioni di un normale screening SRI, poi, si aggiungono nuove restrizioni legate ai cambiamenti climatici che vanno a colpire tutte le società che possiedono riserve di combustibili fossili utilizzate a fini energetici, qualsiasi azienda che abbia ricavi dall’estrazione di carbone termico e dalla sua vendita a terzi, la produzione di energia elettrica basata sul carbone termico, l’estrazione di petrolio e generazione di energia a gas. I risultati, sottolineano gli esperti di UBS, si sono evidenziati in una extraperformance nel periodo della pandemia. Il World SRI Low Carbon Select 5% Capped, infatti, ha avuto un total return di 87,46% contro il 75,7% dell’MSCI World SRI 5% e il 66,32% dell’MSCI World.
Una famiglia di sette fondi socialmente responsabili
La gamma di prodotti Ubs SRI comprende otto fondi e offre agli investitori un’esposizione a diverse regioni del mondo. Si può infatti trovare un comparto concentrato sull’Unione Europea, un altro sull’area del Pacifico, una strategia globale e una che comprende titoli di 23 paesi sviluppati e 24 paesi emergenti (basata sul paniere MSCI ACWI). Infine, ci sono ETF che offrono esposizioni agli Usa, al Regno Unito, ai Mercati Emergenti e al Giappone. Esistono versioni dotate di copertura contro il rischio di cambio. Tutti questi prodotti, pur investendo su aree diverse del mondo, hanno in comune lo stesso approccio descritto in precedenza. Ovvero si basano su un benchmark ponderato per la capitalizzazione che fornisce esposizione alle società con ottime valutazioni sul fronte del profilo ambientale, sociale e di governance (ESG) ed esclude quelle i cui prodotti hanno un impatto sociale e ambientale negativo.