In un contesto di grandi incertezze, le strategie d’investimento volte a minimizzare i rischi sono le più richieste sul mercato. Le banche centrali di tutto il pianeta stanno dando fondo a tutte le loro risorse per garantire la liquidità necessaria ad affrontare la crisi. Questo, inevitabilmente, va a ripercuotersi anche sui tassi di cambio delle valute. Nelle ultime settimane, si sta assistendo a una perdita di appeal del dollaro statunitense rispetto all’euro. A tal punto che il cambio, con dati aggiornati al 20 luglio, è balzato fino a 1,15 dollari per avere un euro, ai massimi da quasi un anno e mezzo a questa parte. Alla base di questo fenomeno, probabilmente, c’è un sentiment del mercato che sta virando all’ottimismo, dopo le notizie dei progressi dell’azienda americana Moderna nella messa a punto di un vaccino anti-covid e l’accordo raggiunto dai Paesi europei sul Recovery Fund.
Ma se ci sono segnali di schiarita, il mercato rimane comunque volatile e fortemente umorale nel suo complesso. Motivo per cui, basterebbe poco per increspare le acque e invertire nuovamente la tendenza. Non deve sorprendere, quindi, che le richieste dei risparmiatori in questo momento vadano nella direzione di prodotti d’investimento in grado di diminuire il grado d’incertezza.
Oscillazioni del cambio, un rischio da cui vale la pena tutelarsi
Dal punto di vista di un investitore europeo, un euro più forte permette di guardare con interesse agli investimenti in una valuta diversa dalla sua. Va però precisato che un contesto volatile come questo fa sì che la situazione possa mutare più velocemente rispetto a un periodo più tranquillo.
Allora potrebbe valere la pena fare ricorso a uno strumento che tuteli l’investitore dal rischio di cambio, vale a dire che lo metta al riparo dalla possibilità che la variazione dei tassi di cambio possa portare a una perdita di potere d’acquisto della propria valuta nei confronti di quelle estere. Se, per esempio, si acquista un Etf (Exchange traded fund, un fondo a gestione passiva che replica l’andamento di un paniere di titoli) sull’indice Nasdaq, per capire il suo valore bisognerà seguire non solo l’andamento del mercato, ma anche le variazioni del dollaro rispetto all’euro. Per l’investitore è possibile coprire il rischio di cambio, magari optando per la classe del fondo definita hedged, ovvero coperta da tale rischio. Il costo della copertura deriva dalla differenza tra i tassi di interesse applicati delle due economie di riferimento, in questo caso Europa e Stati Uniti.
E se pensiamo che i tassi d’interesse di entrambe, al momento, sono a zero o quasi, anche il costo di copertura del rischio di cambio è veramente basso.
Cosa aspettarsi dall’euro in questo 2020
Si è parlato di quanto accaduto finora. Provando a guardare alla seconda parte di questo 2020, invece, un report della casa d’investimento svizzera UBS, firmato dallo strategist Thomas Flury e dal senior economist Americas, Brian Rose, tratteggia un quadro piuttosto chiaro. Gli esperti prevedono che il cambio tra euro e dollaro aumenterà nei mesi a venire. In alcune importanti economie europee le restrizioni sono state allentate e gli effetti economici di questo dovrebbero essere presto visibili nei dati. Pertanto, la funzione di porto sicuro da sempre ricoperta dal dollaro americano sta perdendo importanza, proprio mentre la Federal Reserve sta intensificando gli sforzi di politica monetaria e il debito pubblico degli Stati Uniti è in grande crescita.
C’è poi da aggiungere che la situazione delle infezioni da Covid-19 negli Usa non è ancora sotto controllo ed è difficile stimare quando gli stati potranno ridurre le misure di distanziamento sociale. Per una volta, quindi, l’Europa sembra più stabile degli Stati Uniti.
Per UBS, il rialzo del tasso di cambio tra euro e dollaro dovrebbe limitarsi fino a quota 1,19 almeno fino all’inizio del 2021. Il trend rialzista comunque dovrebbe consolidarsi, almeno fino a quando la Fed non deciderà di aumentare i tassi di interesse. Cosa che attualmente non è prevista prima del 2022.
I fattori di rischio da considerare
La previsione puntuale degli esperti UBS, nei prossimi mesi, è che ci sarà un rialzo del cambio fino a 1,15. Quest’ultimo valore è da tenere come barriera superiore. Il rovescio della medaglia, invece, è che la quotazione finisca sotto 1,10. Un’eventualità dalla quale l’investitore dovrebbe proteggersi. Il rischio, infatti, è che ci possa essere un rimbalzo dell’inflazione e della crescita negli Stati Uniti, il che porterebbe il biglietto verde ad apprezzarsi prima del previsto. Lo stesso accadrebbe se il pacchetto di aiuti dell’Unione europea dovesse alla fine rivelarsi inefficace.
Gli UBS ETF con copertura valutaria
Ricapitolando: in un contesto di mercato volatile come quello che stiamo assistendo in questo periodo è importante avere un portafoglio diversificato per asset class e per area geografica. La componente del rischio di cambio è qualcosa che tuttavia non va sottovaluta e può incidere sulle performance finali di un investimento. E questa tipologia di rischio può riguardare le differenti asset class che compongono il nostro portafoglio.
UBS Asset Management propone sul tema ETF una vasta gamma con copertura valutaria non solo nel comparto equity – ma anche in quello obbligazionario e in quelle delle commodities. Se nel mondo equity si spazia dal Giappone al Regno Unito, dal Nord America fino al Pacifico; nell’obbligazionario sono presenti ETF con l’hedging in euro ed esposizione nei mercati emergenti, negli investimenti socialmente responsabili – oltre ai “classici” corporate e treasuries americani. E il mondo delle commodities non è escluso.
Questi strumenti possono essere un valido alleato per ridurre il rischio di cambio e ottimizzare il rendimento del portafoglio. Si tratta di strumenti che coprono il portafoglio contro le oscillazioni dei cambi in modo conveniente ed efficiente.