Già nel 2019 gli stimoli delle Banche centrali avevano portato una parte consistente dei bond governativi su rendimenti negativi. Una situazione che, per contrasto, aveva spalancato le porte a un prolungato rally sul mercato azionario, al punto che già verso la fine dell’anno molte case di gestione si chiedevano quale sarebbe stato l’evento in grado d’innescare una correzione. Ebbene, il cigno nero è arrivato e porta il nome di coronavirus. Le banche centrali hanno ricominciato a pompare denaro nel sistema.
La BCE, per esempio, ha iniziato un nuovo Quantitative Easing1 da 120 miliardi di euro aggiuntivi. Anche la Fed di Jerome Powell non si è fatta pregare in quanto a politiche monetarie espansive. Una situazione che ha schiacciato ancor di più i rendimenti dei bond governativi. Esistono tuttavia delle eccezioni.
I bond governativi hanno ancora qualcosa da raccontare?
Quello dei bond cinesi è il quarto mercato obbligazionario dopo USA, Europa e Giappone. Tuttavia, la Cina è sottopesata negli indici globali e questo è altrettanto vero se parliamo del comparto del reddito fisso. Infatti, se si prende a riferimento l’indice Bloomberg Barclays Global Aggregate – un paniere che replica le obbligazioni emesse dai mercati emergenti e sviluppati di tutto il mondo – il peso della Cina a marzo 2020 è solo del 3,1%, nonostante la capitalizzazione di mercato di 3,3 trilioni di dollari statunitensi.
Eppure, mentre nel mondo la quota di obbligazioni a rendimento negativo continua ad aumentare, al punto che il 24% del mercato globale del reddito fisso presenta rendimenti in retromarcia, i bond cinesi continuano a essere in territorio positivo. A questo va aggiunto che, rispetto a quello dei Paesi sviluppati, il debito pubblico cinese – in rapporto al prodotto interno lordo – è decisamente inferiore (poco più del 50% del PIL). Motivo ulteriore per cui è possibile guardare a questi titoli con un certo interesse.
Il mercato dei bond governativi cinesi si divide principalmente in tre tipologie. La prima è composta dai Treasury Bond emessi dal ministero delle finanze, che possono essere scambiati sul mercato interbancario cinese e hanno scadenze disponibili fra 3 mesi e 50 anni. La seconda categoria è quella di cui fanno parte i cosiddetti Policy Bank Financial Bond, emessi dalla China Develpment Bank, l’Agricoltural Development Bank of China e l’Export-Import Bank Of China con scadenze tra uno e dieci anni (anche loro scambiabili sul mercato interbancario cinese).
Infine, ci sono i titoli di debito emessi dalle amministrazioni locali cinesi con scadenze che vanno da 1 a 20 anni. I gestori, nella composizione di prodotti intenzionati a sfruttare le opportunità derivanti dalla crescita e dalla globalizzazione in corso della Cina, selezionano un mix di queste tre categorie.
L’offerta di UBS
Lo fa, per esempio, anche l’indice J.P. Morgan China Government + Policy Bank 20% Capped 1-10 Year Index: è il benchmark di riferimento per l’omonimo ETF – a cambio aperto contro l’euro – proposto dalla casa d’investimenti svizzera UBS, che si basa sulle due categorie più liquide del mercato: i Treasury Bond e i Policy Bank Financial Bond. Questo prodotto – J.P. Morgan CNY China Government 1–10 Year Bond UCITS ETF, ISIN LU1974693662) – ha l’obiettivo di seguire le performance delle obbligazioni governative e delle banche di sviluppo statali a tasso fisso ammissibili, denominate in Yuan, con scadenze comprese tra 1 e 10 anni (si tratta tra l’altro dell’unico prodotto sul tratto 1-10 anni). Per ammissibili, s’intende che i titoli devono essere quotati sul mercato interbancario cinese. Per quanto riguarda la parte dell’indice composta dai titoli emessi dalle tre banche per lo sviluppo, l’esposizione dell’indice a ciascuna di esse ha un limite fissato al 20% con l’eccedenza del valore di mercato che sarà ridistribuita in tutti i settori dell’indice su base proporzionale.
L’indice adotta tale metodologia di selezione dei titoli dopo avere analizzato diversi dati di mercato. Il filtro sulla durata, da 1 a 10 anni, permette di garantire al prodotto una certa liquidità. Infatti, i titoli di debito con una durata superiore all’anno e non superiore a 10 anni hanno una quantità di volumi scambiati nettamente superiore rispetto a tutti gli altri. L’aggiunta delle Policy Bank, inoltre, permette di aumentare il rendimento complessivo perché i loro bond rendono di più rispetto alle obbligazioni governative. Il vincolo del 20%, infine, dovrebbe permettere di avere una migliore rappresentazione di quello che è il mercato dei bond cinesi.
Guido Corradetti / Maggio 25, 2020
Vedo che ETF come il LU1974693662 citato, hanno una scarsissima liquidità, almeno sul mercato italiano. Ci sono certezze di possibilità di disinvestimento all’esigenza ?
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UBS ETF Italia / Autore / Maggio 25, 2020
Buongiorno, grazie per la domanda che aiuta anche a chiarire il concetto di liquidità di un ETF; non va confusa la liquidità degli strumenti con il numero di scambi che gli stessi hanno sulla piazza di quotazione. Ancora oggi il mercato degli ETF è fatto non solo da scambi in borsa ma soprattutto da ordini OTC (over the counter) che non sono riportati nei volumi. Il metro di analisi della liquidità dello strumento è dato dunque dalla quotazione denaro lettera e dallo spread, non assoluto come differenza ma in percentuale, che ne deriva. Dunque la liquidità è direttamente proporzionale a quella dei titoli singoli che compongono l’ETF stesso. In questo caso la scelta di prendere il tratto di scadenze 1-10 e il cap che è stato deciso di imporre alle policy banks sono due vincoli che consentono all’ETF di detenere i titoli più liquidi del mercato dei Bond cinesi e dunque migliorano la liquidità dell’ETF stesso.
Cordiali saluti, UBS ETF Italia
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