Che sia l’effetto Macron oppure un nuovo slancio verso il rischio, il dato certo è che il mercato azionario europeo gode di nuova luce, complice l’evidente ripresa del Vecchio Continente.
In Europa qualcosa è cambiato. Mentre il presidente della BCE Mario Draghi ha ufficializzato l’uscita dalla crisi, il Vecchio Continente è tornato nei radar degli investitori. Dopo 5 settimane consecutive di afflussi netti, solo nell’ultima settimana di aprile i fondi azionari europei hanno raccolto circa 2,4 miliardi di dollari, registrando così le maggiori entrate settimanali dal 2015.
L’interesse degli investitori verso la zona euro si desume anche dalle performance azionarie: da inizio anno davanti all’equity europeo, per adesso, ci sono solo la tecnologia mondiale (+12,2%) ed il mercato azionario indiano (+14,4%).
Cosa è cambiato: crescita e stabilità politica
Di un’ulteriore crescita dell’inflazione, come di un possibile rialzo dei tassi per mano della FED si sente parlare già da un po’, eppure pare che queste prospettive non spaventino gli investitori. Il ritrovato interesse verso la zona euro è probabilmente la conseguenza di uno scenario di rischio molto diverso rispetto all’anno scorso:
- L’instabilità politica fa meno paura
- La crescita della zona euro è sempre più robusta
- I risultati aziendali migliorano trimestre dopo trimestre.
L’elezione di Emmanuel Macron alle ultime elezioni presidenziali francesi ha scongiurato, almeno per ora, la minaccia populista, allentando la tensione per una possibile Frexit e migliorando la fiducia generale: così ora il clima in Europa è ben lontano dall’atmosfera di impeachment che si respira in USA o in Brasile. Ma oltre alla situazione politica più composta, c’è da tener conto dei più recenti dati economici: nell’Eurozona il PIL dell’ultimo trimestre ha registrato un’accelerazione del +0,5%, tanto che per il presidente della BCE, Mario Draghi, l’Eurozona si può ormai ritenere fuori dalla crisi economica. Inoltre, gli analisti hanno iniziato a rivedere al rialzo le stime sugli utili per azione per l’anno 2017. Ecco perché l’azionario europeo sta godendo di un buon momentum.
Come investire nella zona euro con gli ETF di UBS
Noi di UBS ETF siamo presenti nel mercato azionario europeo principalmente con i nostri ETF azionari EMU. Con questa tipologia di prodotti si può costruire un investimento diversificato focalizzato sulle maggiori società dell’Eurozona. In particolare, l’UBS ETF MSCI EMU EUR presente sia in versione “ad accumulazione” (ISIN LU0950668870) che “a distribuzione” (ISIN LU0147308422) di recente ha raggiunto quota 3,2 miliardi di euro di asset under management. Questi due ETF replicano l’indice MSCI EMU (European Economic and Monetary Union), la cui performance, relativa agli ultimi cinque anni, è stata migliore rispetto a quella dell’EURO STOXX 50.
I due indici a confronto:
- EURO STOXX 50: l’indice seleziona le 50 maggiori società nell’Eurozona in base a determinati criteri settoriali; appartenenti a 8 Paesi europei (Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Spagna) con una copertura pari al 54% della capitalizzazione dell’indice MSCI EMU. L’indice subisce una revisione completa ogni anno e alle componenti è applicata una soglia massima del 10% ogni trimestre. Negli ultimi cinque anni ha maturato una perdita massima del -18,91% e uno Sharpe Ratio di 0,47, mentre il rendimento YTD è pari all’8,91%.
- MSCI EMU NR EUR: a questo indice, costruito con un approccio bottom-up che somma gli indici MSCI per i singoli Paesi, appartengono 241 titoli provenienti da 10 Paesi Sviluppati dell’area euro (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna). L’indice mantiene una copertura pari all’85% della capitalizzazione di ogni singolo mercato totale. Dal dicembre 2012 all’aprile 2017, l’MSCI EMU ha maturato una perdita massima del -16,09%, con uno Sharpe Ratio di 0,54 e una performance annua lorda pari al 9,55%.
Cosa cambia in termini di asset allocation
Gli indici MSCI EMU ed EURO STOXX 50 presentano allocazioni geografiche diverse. Ad esempio, l’MSCI EMU ha un sottopeso di circa il 4% sulla Germania e sulla Francia rispetto all’EURO STOXX 50. La metodologia dell’MSCI EMU (ossia l’aggregazione bottom-up paese per paese) assicura un’allocazione per paese strettamente proporzionale alle rispettive capitalizzazioni di mercato, mentre l’EURO STOXX 50 seleziona le imprese indipendentemente dai paesi in cui hanno sede.
Analogamente, le metodologie di costruzione dell’indice hanno implicazioni per le allocazioni settoriali, in quanto l’MSCI EMU ha, ad esempio, un sovrappeso del 2,5% sui beni voluttuari e un sottopeso di circa il 2% sui materiali e sulla finanza. L’MSCI EMU non tiene conto dei settori, mentre i vincoli settoriali dell’EURO STOXX 50 sono tali da non permettergli di includere oltre il 60% della capitalizzazione di mercato corretta per il flottante di qualsiasi indice di supersettore dell’EURO STOXX.