I mercati finanziari stanno all’economia come i canarini alle fughe di gas nelle profondità delle miniere: se smettono di cantare qualche domanda bisogna pur farsela. A cominciare da questa: quale effetto avrà sulla crescita economica mondiale il lungo inverno del nuovo coronavirus? E poi questa: come e dove posso, in questa fase, investire con una ragionevole dose di serenità?
Proviamo a circoscrivere dubbi e interrogativi e, nei limiti del possibile, a calmare un po’ gli animi.
Gli effetti economici del coronavirus
Ce ne saranno senz’altro1: tra sospensione straordinaria delle attività, produzione e trasporti rallentati o bloccati, misure eccezionali di contenimento e isolamento, non potrà essere diversamente. Il punto è: quanto saranno pesanti questi effetti?
Al momento, ovviamente, non ci sono certezze. Solo stime. Che pure sono importanti. S&P Global Ratings, per esempio, ha tagliato quelle sull’economia USA nel primo trimestre, rivedendole dal +2,2% al +1%. Per l’Italia la stima è di un -0,3% quest’anno, dal +0,4% inserito nelle stime di dicembre.
Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale si stanno attivando, e con loro le banche centrali: il 3 marzo la Federal Reserve, la banca centrale USA, ha ridotto i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale, portandoli al range 1%-1,25%, il maggior taglio dei tassi da parte della Fed dalla crisi del 2008.
Una decisione presa proprio sulla scia delle preoccupazioni per le possibili ripercussioni della diffusione del coronavirus sull’economia USA.
Fermo restando che “le fondamenta dell’economia americana rimangono solide” e che sviluppi e implicazioni del coronavirus sulle prospettive economiche sono sotto attenta osservazione, la Fed ha promesso di agire “in maniera appropriata in sostegno dell’economia”. Ergo: i tagli potrebbero non finire qui.
Sui mercati prevale l’avversione al rischio
La si può chiamare in tanti modi: avversione al rischio, flight-to-quality, fuga verso la qualità. Alla base, in ogni caso, c’è quel contesto di mercato in cui gli investitori, presi da dubbi e timori, voltano le spalle alle attività più rischiose e si lanciano verso i beni rifugio: le destinazioni più tipiche sono i Bund tedeschi e i Treasury USA, le valute dei Paesi considerati economicamente più solidi e, ovviamente, l’oro.
E non è un caso che negli Stati Uniti il rendimento dei Treasury a dieci anni – emissioni che peraltro sono denominate nella valuta di riserva globale – sia scivolato sotto l’1% per la prima volta, segno di una domanda più consistente in scia appunto all’avversione al rischio e alla fuga verso un convincente riparo.
Ma segno anche del fatto che il taglio operato a inizio marzo dalla Fed per gli investitori non sarà il solo: secondo le attese, ne seguiranno presto altri.
Ora, premettendo che abbandonare in massa le attività più rischiose – e quindi, in quanto tali, nel medio e lungo termine più redditizie – ha poco senso, così come, in un’ottica di corretta diversificazione, ha poco senso fare il contrario nelle fasi di ottimismo e grande euforia, ci mettiamo nei panni di un piccolo investitore che prova a valutare il da farsi e si chiede: come posso cogliere anch’io l’opportunità di mettere al riparo una parte dei miei risparmi, magari un bel Treasury?
La proposta di UBS AM
Con un ETF, per esempio. A riguardo, UBS AM propone una serie di ETF obbligazionari governativi USA sui diversi tratti della curva: dai titoli di Stato con scadenza residua compresa tra l’uno e i tre anni (anche con copertura valutaria) alle emissioni con scadenza residua fra i sette e i dieci anni, fino a quelle oltre i dieci anni.
Ne vediamo alcuni qui di seguito.
L’UBS ETF (LU) Bloomberg Barclays US 1-3 Year Treasury Bond UCITS ETF (USD) A-dis (ISIN LU0721552544) si pone l’obiettivo di replicare la performance del Barclays Capital US 1-3 Year Treasury Bond Index, che comprende titoli di Stato emessi dagli Stati Uniti con una scadenza residua compresa tra l’uno e i tre anni.
Il fondo – che distribuisce dividendi a cadenza semestrale, a febbraio e agosto – ha un Total Expense Ratio dello 0,12%. La replica è fisica. Di questo ETF esiste una versione con copertura valutaria in euro (ISIN LU1324510525), con un TER2 dello 0,17%.
Poi c’è l’UBS ETF (LU) Bloomberg Barclays US 7-10 Year Treasury Bond UCITS ETF in dollari USA (ISIN LU0721552973), che punta a replicare (con metodo di replica fisica) la performance del Bloomberg Barclays US 7-10 Year Treasury Bond Total Return Index. Come suggerisce il nome, l’indice comprende titoli emessi dagli Stati Uniti con una scadenza residua fra i sette e i dieci anni. Anche qui, il TER è dello 0,12%. E anche in questo caso è prevista la distribuzione dei dividendi a febbraio e agosto.
Infine, c’è l’UBS ETF (LU) Bloomberg Barclays US 10+ Year Treasury Bond UCITS ETF, che prevede una copertura valutaria in euro (ISIN LU1459800113). L’obiettivo del fondo? Replicare, al lordo delle spese, il prezzo e la performance in termini di reddito dell’indice Bloomberg Barclays US 10+ Year Treasury Bond Index hedged to EUR, che include titoli del Tesoro emessi dagli Stati Uniti con una scadenza di almeno 10 anni.
Il fondo ha un TER dello 0,25%. Replica fisica anche in questo caso, con distribuzione dei dividendi a febbraio e agosto.
Vuoi saperne di più?
1 – Coronavirus, un nuovo maelstrom sui mercati
2 – #ABCFinanza: che cos’è il TER?