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Investire costa troppo? Non sempre

Ormai il grande pubblico si è reso conto che i costi associati agli investimenti sono spesso troppo elevati. Ma non mancano le eccezioni.

I costi della distribuzione

È un dato di fatto che in Italia investire i propri soldi è particolarmente costoso, complice l’articolata struttura distributiva che tende ad assorbire commissioni (troppo) consistenti. Un sistema alimentato nel tempo dalla limitata alfabetizzazione finanziaria degli italiani da un lato e dalla scarsa trasparenza dimostrata da una buona fetta dell’industria finanziaria dall’altro.

Fatto sta che un pubblico sempre più ampio si è reso conto che una porzione significativa del denaro investito finisce nelle tasche di chi consiglia e vende prodotti di investimento: se ne è parlato nella puntata del 17 ottobre di Report, su Rai 3, riprendendo un’analisi condotta precedentemente in un post di AdviseOnly. È emerso che reti bancarie e di promotori finanziari mediamente percepiscono due terzi circa delle commissioni pagate dai clienti, generalmente ignari: stiamo parlando delle cosiddette retrocessioni, o rebates, che la casa di gestione (ovvero la società che crea i prodotti di investimento) riceve dai clienti per poi “girarle” alla rete di vendita di turno.

È interessante quantificare il fenomeno: stando all’analisi condotta a suo tempo da Raffaele Zenti, il valore medio del “monte retrocessioni” dell’industria del risparmio gestito in Italia è di 23 miliardi di euro annui, pari a oltre un quarto della spesa per interessi dell’Italia nel 2014.

Se si rapporta il totale delle commissioni di retrocessione al totale delle masse gestite, si ricava inoltre la commissione media retrocessa: è dell’1,3%. Per capire ciò di cui stiamo parlando, basti pensare che l’1,3% di commissioni in meno (quelle delle retrocessioni) all’anno su 50mila euro di risparmio si tramuta in 7.000 euro di ricchezza in più dopo 10 anni.

 

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Questi numeri ci dicono chiaramente una cosa: ci sono ampi margini per migliorare l’efficienza dell’industria finanziaria e, soprattutto, il servizio reso ai clienti.

Qualcosa sta cambiando…

Fortunatamente le cose stanno (lentamente) cambiando, grazie sia allo sviluppo della consulenza finanziaria indipendente sia al contributo della tecnologia. Proprio l’innovazione tecnologica, l’onda lunga del Fintech, ha permesso in alcuni casi di proporre soluzioni d’investimento in modo molto più semplice e diretto, online, abbattendo i costi.

È il caso di Pensaci Oggi, fondo flessibile lanciato da Zenit SGR per chi vuole risparmiare – anche poco alla volta – in un’ottica di lungo periodo. Sottoscrivibile esclusivamente online sul sito web di Zenit SGR, il fondo è completamente estraneo alla logica delle retrocessioni, il che tra l’altro ha permesso di tenere le commissioni molto basse, simili a quelle applicate per la classe istituzionale, destinata ai grandi investitori.

La commissioni di gestione per chi sottoscrive Pensaci Oggi è pari infatti all’1%, mentre non sono previste commissioni di versamento o di liquidazione né, naturalmente, retrocessioni. Inoltre Zenit SGR premia la fedeltà: dopo tre anni di versamenti consecutivi infatti, l’investitore si vedrà rimborsare il 30% delle commissioni pagate sotto forma di sottoscrizione di nuove quote. Quindi la commissione reale scende allo 0,7% annuo. Se considerate che, stando a Morningstar[1], la commissione media dei fondi di asset allocation, come Pensaci Oggi, è pari all’ 1,56% ogni anno (la media europea è dell’1,47%), è un bel passo avanti, non credete?

 

[1] “European Fund Expenses Are Decreasing in Percentage”, agosto 2016, Morningstar.


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