Immaginiamo di aver ereditato 50 mila euro, cosa farne? È un buon momento sui mercati e quindi decidiamo di investirli tutti in un’unica soluzione. Scegliamo di comprare solo azioni della società X, che sta andando molto bene, per giunta nel quadro di una fase di mercato molto positiva. Insomma, ci sembra un’ottima idea.
Poi, ad un certo punto, la magia finisce e per una sfortunata combinazione di eventi la società X fallisce. Avendo acquistato le sue azioni, ci siamo assunti il rischio di impresa e quindi, con il fallimento, perdiamo tutto.
Potevamo evitarlo? Assolutamente sì. Per esempio, acquistando azioni di altre società, magari che operano in settori diversi e, perché no, su mercati diversi. Avremmo quindi potuto mettere in pratica il tanto semplice quanto efficace principio di diversificazione.
L’ABC della diversificazione
La parola chiave è proprio questa: diversificazione. Invece di creare un portafoglio composto solo da titoli azionari X, ripartiamo il nostro investimento in azioni X, Y e Z. Così, se X fallisce, non perdiamo il 100% dell’investimento ma, nella peggiore delle ipotesi, solamente il 33%. Ma potrebbe anche darsi che i titoli Y e Z vadano bene o molto bene e, in questo modo, coprano almeno in parte la perdita.
L’assunto è il seguente: visto che non si può sapere oggi come andranno i mercati in futuro, è meglio ripartire il rischio su più strumenti (azioni, obbligazioni, fondi, ETF, eccetera), su più mercati (Emergenti, Europa, Asia, USA) e su più valute (Euro, Dollaro, Yen). Il che in genere porta risultati apprezzabili, specialmente se si investe con un orizzonte temporale pluriennale.
Il segreto della decorrelazione
La diversificazione si basa sulla decorrelazione, ossia sulla tendenza di due o più strumenti a muoversi in direzione opposta: della serie, se il mercato azionario sale, l’obbligazionario scende, e viceversa (almeno in condizioni di mercato “normali”).
Ne consegue che quanto più gli strumenti che abbiamo in portafoglio sono decorrelati, tanto più la diversificazione funzionerà, dandoci più possibilità di guadagno o quantomeno aiutandoci ad attutire le nostre perdite.
La decorrelazione tra molti investimenti – per esempio, azioni e obbligazioni – diminuisce però nelle crisi finanziarie: sono poche le asset class che resistono all’urto ed è importante saperle utilizzare. I beni rifugio come l’oro, o i titoli di Stato a breve termine di Paesi “sicuri” (categoria la cui composizione cambia nel tempo), oppure i titoli indicizzati all’inflazione se e quando c’è il rischio fondato di aumento dei prezzi, o ancora gli strumenti monetari/di liquidità sono poco correlati con le altre asset class e possono dare un po’ di protezione durante le crisi di mercato.
Diversificare quindi è utile e doveroso, soprattutto – lo ribadiamo – quando si investe con un orizzonte temporale di più anni. Nell’arco di un apprezzabile periodo di tempo, anche se una crisi si abbatte sui mercati e, di riflesso, sui nostri portafogli, un recupero successivo è pressoché “fisiologico”. O, almeno, così ci dice la storia.
Il potere difensivo della diversificazione
Quindi, diversificare serve eccome. E qualora avessimo ancora dei dubbi su questo, il grafico qui sotto ci mostra come investendo in pochi titoli ci si assuma un rischio molto alto, che cala in modo drastico già con 10 strumenti in portafoglio.
Ma attenzione: non serve avere in portafoglio tantissimi strumenti. Oltre i 10-15, non c’è praticamente beneficio in termini di riduzione del rischio e, per giunta, influiscono negativamente sulla performance.
Diversificare fuori dall’Italia
Oltre che il tipo di strumento, la diversificazione può (e deve) riguardare anche l’area geografica, una scelta quanto mai opportuna in un momento come questo in cui in Europa la crescita rallenta e il rischio Italia percepito invece aumenta, mentre negli Stati Uniti l’economia appare in gran forma. Quindi, ricapitolando: ok la diversificazione, ma come metterla in pratica? Fare da soli è senz’altro possibile, ma non è l’unico modo.
Nello sfruttare tutte le tecniche di costruzione del portafoglio a disposizione e nel monitorarlo poi con regolarità possiamo farci aiutare da un professionista o, meglio ancora, da un team di professionisti di riconosciuta esperienza. Come vi abbiamo spiegato, accade spesso che i risparmiatori italiani si rivolgano a noi – che siamo gestori patrimoniali svizzeri – delusi dalla consulenza ricevuta in Italia.
E uno dei principali problemi sta proprio nella concentrazione, all’interno dei portafogli, di azioni, obbligazioni bancarie e fondi d’investimento dai costi poco chiari, nel quadro di un conflitto di interessi su cui si attende ancora che MiFID II, in vigore da appena sette mesi, dispieghi pienamente tutti i suoi effetti.
Nel frattempo, affidare i propri risparmi a professionisti del risparmio gestito come Goodwill Asset Management, che fa della diversificazione un principio fondamentale nella costruzione di un buon portafoglio, può rivelarsi una scelta conveniente, oltre che alla portata dei risparmiatori italiani.