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3 consigli per difendersi dalla calda primavera europea

Come difendersi dai rischi sui mercati di questa primavera?

Parliamoci chiaro: oggi, uno dei maggiori rischi per l’economia globale è il panorama politico che si sta delineando in vari Paesi del continente europeo, con l’avanzata di movimenti di ispirazione nazionalista, anti-sistema e anti-UE e, per contro, un indebolimento della leadership di Bruxelles.

All’origine di ciò ci sono, com’è ovvio, fattori molto complessi, che fondamentalmente ruotano intorno alla gestione dei flussi migratori e alla crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito.

Ma tralasciamo le analisi politiche e limitiamoci a segnalare una caratteristica comune di queste nuove (o rinnovate) formazioni.

 

Successo (e limiti) dei populismi

Questa caratteristica comune risiede nella difficoltà a realizzare le promesse. Al prezzo, peraltro, di un peggioramento dei conti pubblici nel tentativo di tramutarle in realtà.

Lo si è già in parte visto con la Brexit: propagandare un Regno Unito più prospero in quanto libero dai vincoli UE è stato incommensurabilmente più facile del lungo e faticoso lavoro che ha preso il via dopo il referendum del giugno 2016 e che ancora oggi, nell’imminenza della Brexit dall’Unione Europea (il B-day, teoricamente, sarebbe il 29 marzo 2019), ha prodotto solo un feroce disaccordo su come gestire l’uscita.

È comunque indubbio l’aumento della popolarità dei partiti anti-UE e anti-establishment. E il rallentamento economico in corso potrebbe dar loro altro carburante.

 

Goodwill populisti | amCharts

 

Una crescita globale più lenta

Il 2019, infatti, ha tutte le carte in regola per diventare l’anno della transizione da un’espansione globale sincronizzata a una crescita tendenzialmente trainata dagli Stati Uniti, che fra l’altro potrebbero beneficiare della fine delle ostilità commerciali con la Cina.

Dall’altra parte, in Europa il rallentamento appare significativo e potrebbe indurre la BCE a rivedere il suo orientamento sui tassi di interesse (al momento fermi, ma con un primo rialzo per ora previsto alla fine dell’estate).

Prendiamo, per esempio, gli ultimi dati dalla Germania, che dell’Europa è considerata la locomotiva: la crescita del Prodotto Interno Lordo è stata pari a zero nel quarto trimestre del 2018. Ciò, dopo il -0,2% del terzo trimestre, ha comunque evitato a Berlino l’ingresso nella famigerata recessione tecnica. Che invece l’Italia non è riuscita a scansare.

 

Italia tra recessione e rating in bilico

Dopo la conferma dell’agenzia DBRS sul nostro rating (BBB high), è arrivata anche quella di Fitch, che ha lasciato invariato il suo giudizio a BBB con outlook negativo. Una scelta che riflette “l’elevato livello del debito pubblico e l’assenza di interventi strutturali sui conti pubblici, la debolezza della qualità degli asset del settore bancario e la bassa crescita del PIL, l’aumento dei rischi e dell’incertezza politica e i conseguenti rischi al ribasso nelle nostre proiezioni sul debito pubblico”.

Secondo Fitch, “le tensioni politiche nel governo di coalizione e la possibilità di elezioni anticipate aumentano l’incertezza sulla politica fiscale ed economica”. Prossimi appuntamenti il 15 marzo con Moody’s e il 26 aprile con Standard & Poor’s.

A queste scadenze – nell’attesa del voto europeo di fine maggio che potrebbe aprire scenari, diciamo così, “interessanti”, con ripercussioni sull’Unione e sull’euro – si intersecheranno altri due eventi chiave in Europa.

 

29 marzo: is it Brexit o’ clock?

La storia è iniziata quasi tre anni fa, con un referendum storico al quale si è arrivati dopo una campagna elettorale che ha visto tra i suoi protagonisti assoluti Nigel Farage, fino al 2016 leader di UK Independence Party (UKIP).

Ottenuta la vittoria del “Leave” al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’UE (con il 52% dei voti), Farage si è eclissato. Salvo tornare ultimamente sulla scena con il nuovo Brexit Party, partito “pronto uso” per le europee di fine maggio qualora la Brexit dovesse subire – come appare probabile – un rinvio rispetto al termine del 29 marzo.

Indiscrezioni circolate a fine febbraio davano infatti il primo ministro Theresa May intento a considerare una proroga per evitare l’abbandono “alla cieca”, senza accordo, dell’UE. All’opposizione, il leader laburista Jeremy Corbyn si sarebbe invece deciso a sostenere un secondo referendum su Brexit. Insomma, restano aperte tutte le opzioni.

 

28 aprile: voto anticipato in Spagna

La Spagna tornerà al voto il 28 aprile per eleggere il nuovo Parlamento: la decisione è arrivata dopo la bocciatura della manovra economica proposta dal governo di Pedro Sanchez, leader socialista in carica dal 2 giugno 2018, che nell’organo legislativo può attualmente contare su un’ottantina di deputati appena rispetto a un totale di 350.

Una manovra respinta, fra gli altri, dagli indipendentisti catalani. E non a caso: l’esecutivo Sanchez ha infatti ereditato, senza riuscire a chiuderlo, lo scottante dossier dell’indipendenza della Catalogna lasciato aperto dal precedente governo Rajoy.

Come andrà il voto del 28 aprile, ovviamente, non possiamo saperlo. Ma possiamo dire com’è andata finora. A dicembre la comunità autonoma dell’Andalusia ha votato per il rinnovo del Parlamento regionale, e quelle elezioni hanno registrato l’ingresso in scena dei nazionalisti di Vox. Anche in Spagna, dunque, soffia il vento dell’anti-establishment.

 

Tre consigli per proteggersi

Un quadro inedito e complesso, che ci dà l’occasione per insistere su tre consigli per noi importanti.

  • Investire: i soldi fermi sul conto non rendono, e in più sono soggetti all’azione erosiva dell’inflazione. Non solo: sono anche esposti al rischio di eventuali patrimoniali e prelievi forzosi finalizzati a puntellare i conti pubblici o a fronteggiare veri e propri shock.
  • Diversificare: e farlo in modo adeguato, ovvero non solo ripartendo la quota di risparmio che vogliamo investire in un certo numero di strumenti ma anche in un ragionevole ventaglio di aree geografiche e valute.
  • Diversificare anche a livello territoriale, magari verso un Paese che, come la Svizzera, non è parte dell’UE e ha una sua valuta, dunque può reggere meglio eventuali (più o meno forti) sconquassi europei. Per giunta, nel caso della Svizzera, lo si può fare tramite un regolarissimo conto estero. Ed eventualmente valutando la possibilità di affidare la gestione della quota di risparmio che si vuole portare fuori dall’Italia a operatori qualificati come Goodwill Asset Management.

 


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