Per la prima volta dall’entrata in vigore della riforma Dini, nel 1995, il tasso annuo di capitalizzazione dei contributi pensionistici è diventato negativo. In questo post cerchiamo di spiegare cosa significa e le conseguenze sulle pensioni degli italiani.
Come funziona
Il meccanismo del montante contributivo è piuttosto semplice: la somma dei versamenti ogni anno è rivalutata in base ad un tasso: il tasso di rivalutazione. Tale tasso, come specifica il comma 9 dell’articolo 1 della legge 335 del 1995 “è dato dalla variazione della media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istat, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare”. In sostanza, misura quanto è cresciuta l’economia italiana nei precedenti cinque anni.
La somma che risulta dal calcolo è il montante contributivo, cioè il riferimento per il calcolo della pensione: se il montante cresce, la pensione cresce; se invece il montante decresce, la pensione diminuisce. Semplice.
Le pensioni degli italiani
L’economia italiana non cresce. E, per la prima volta, la variazione media quinquennale del PIL è negativa: -0,1927%. Dunque, è negativa anche la variazione del montante contributivo. E quindi, se non si interviene modificando la legge che fissa il meccanismo, le pensioni diminuiranno.
Non stiamo parlando di grandi cifre, per ora. Per un montante contributivo di € 100mila (giusto per fare i conti a mente), si tratta di €192,7 (con un po’ di arditissima aritmetica: montante contributivo x tasso di rivalutazione percentuale/100). Ma in futuro, visto l’avvitamento dell’economia italiana, la situazione potrebbe peggiorare, a meno che il Governo Renzi risolva la questione, introducendo per legge una soglia minima di rivalutazione, in modo che non possa essere negativa (proprio come capita, per esempio, con l’indicizzazione all’inflazione dei BTP Italia).
Personalmente, reputo abbastanza probabile, oltre che auspicabile, che il Governo Renzi trovi la soluzione legislativa già all’interno della Legge di stabilità 2015, in breve tempo.
Va comunque detto che il tasso di rivalutazione reale del montante contributivo, che tiene conto dell’erosione del potere d’acquisto per effetto dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi), è negativo da tempo: dal 2011, per la precisione.
Guardate questo grafico – i pensionati che vanno a fare la spesa sanno bene di cosa parlo, perché vivono sulla loro pelle la perdita del potere d’acquisto.
Qualche considerazione
Come lucidamente fatto notare in un articolo del “Sole24Ore”, la rivalutazione negativa del montante contributivo è solo l’ultimo – e forse il più mite – dei problemi che si abbatte sul mondo delle pensioni.
Recentemente c’è stato il provvedimento del TFR in busta paga (per qualcuno un’opportunità, per me un volontario aumento del rischio a carico del sistema), nonché il maggior carico di tasse su fondi pensioni e casse di previdenza private.
Quindi, in generale, sono colpito dalla grave mancanza di lucidità dei legislatori del passato e del presente in tema di previdenza. Quello della previdenza è un rischio globale, legato all’invecchiamento della popolazione delle economie occidentali (per ora, poi invecchieranno anche le economie emergenti). Accanto al tema della sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici pubblici (con implicazioni pesanti sulla sostenibilità del debito pubblico e il suo impatto sui mercati), c’è il tema della sostenibilità sociale dei sistemi pensionistici pubblici.
Dal punto di vista sociale, tutto ciò ha gravità simile ai rischi legati al cambiamento climatico: stiamo giocando con rischi che possono essere davvero destabilizzanti per l’economia e la società.
Pareggiamoiconti / Novembre 12, 2014
L’articolo è impreciso, ed omette alcuni dettagli importanti.
La rivalutazione del montante contributivo incide solo sulle pensioni future (calcolate con il metodo contributivo) e non su quelle attuali, che sono calcolate con il metodo retributivo ed hanno una comoda indicizzazione al tasso di inflazione (non al PIL).
Il fenomeno descritto non colpisce i pensionati attuali, ma solo i pensionati futuri: non è altro che un ulteriore tassello della ignobile rapina perpetrata ai danni degli attuali lavoratori, a beneficio di attuali pensionati che percepiscono pensioni multiple rispetto a quelle a cui avrebbero diritto se il sistema fosse minimamente equo (ovvero uguale per tutti).
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Certo. Ma non sono pensioni quelle future? Sono proprio quelle le più a rischio, quelle che mettono a rischio il sistema (non tanto, ribadisco, per questo fatto del coefficiente di rivalutazione con effetto riduttivo, ma per problemi più strutturali). Comunque il problema non riguarda soltanto chi ha iniziato a lavorare post entrata in vigore della riforma, ma pure coloro che sono andati in pensione con il sistema misto, il quale prevede un assegno calcolato con il sistema retributivo in relazione agli anni lavorati prima del 1995 con il metodo retributivo e dal 1996 con l’aggiunta della quota contributiva
A scanso di equivoci, questa la sintesi dei metodi di calcolo: http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=4806
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
chiedo scusa, ma come possono le pensioni “contributive” mettere a rischio il sistema? salvo aggiustamenti marginali, le pensioni contributive sono finanziariamente in equilibrio
quelle che mettono (eccome) a rischio il sistema sono soltanto le pensioni “retributive”, le cui prestazioni sono totalmente scollegate dai contributi versati durante la vita lavorativa, ed alle quali non corrisponde alcun accantonamento
le attuali pensioni vengono pagate utilizzando interamente il denaro proveniente dai versamenti dei futuri pensionati “contributivi” (puri o misti), ed è un elegante understatement dire che le pensioni future sono a rischio, considerato che già oggi i soldi non bastano per pagare le pensioni in essere, e lo stato deve coprire la differenza
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Come ho scritto, non è tanto questo fatto della variazione negativa del montante contributivo (minima e, penso facilmente sanabile) il problema più importante.
Infatti, ritengo che il nocciolo del problema sia:
– la dinamica demografica italiana, che rende insostenibile il sistema retributivo;
– la dinamica demografica mondiale, che crea problemi simili nella maggior parte dei Paesi Sviluppati (http://csis.org/files/media/csis/pubs/pension_profile.pdf), e non solo (http://www.imf.org/external/np/pp/eng/2011/122811.pdf); ciò rende il problema pensionistico un fattore di rischio sistemico, a mio parere;
– in Italia, il basso risparmio previdenziale in genere, che in futuro può creare situazioni di bassissimo reddito per gli anziani, con uno Stato che rischia di non essere in grado di arginare questo problema economico e sociale;
– l’atteggiamento governativo, che nel concreto, con i fatti, sembra ignorare bellamente questi problemi.
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
condivido: la variazione negativa del montante contributivo è soltanto la ciliegina su una torta di fango
peraltro, anche in presenza di un trend demografico favorevole, la sostenibilità del sistema retributivo resterebbe interamente frutto della rapina legalizzata perpetrata nei confronti dei futuri pensionati contributivi
il rischio sistemico deriva dal fatto che non si può avere certezza del fatto che i “contributori” siano disposti a farsi tosare senza reagire
solo una drastica revisione delle pensioni attualmente corrisposte, con riallineamento generalizzato al metodo contributivo, può evitare il tracollo finanziario e sociale del sistema
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Per l’Italia, nello specifico, direi che c’è un problema sempre più impellente: risparmiare per la pensione significa differire reddito. E per farlo, occorre prima di tutto il reddito.
E in Italia se ne produce sempre meno. Per motivi strutturali, non solo congiunturali. Il tema è quindi la crescita economica, con tutti i suoi presupposti (competitività, produttività, ecc, ecc)
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
chiedo scusa, ma a me sembra che in questi discorsi si tralasci sempre l’elefante nella stanza
competitività produttività etc etc sono elementi secondari rispetto ad una presenza pervasiva ed asfissiante da parte dello stato, che preleva quote elevatissime della ricchezza prodotta, distruggendola
per quale motivo un futuro pensionato contributivo dovrebbe autotassarsi per costruirsi una pensione integrativa, considerando che il frutto del suo lavoro viene pesantemente taglieggiato per pagare tasse e contributi che lo stato ha deciso di trasferire a qualcun altro? meglio emigrare, o desistere, o tentare di ribellarsi (preferibilmente con il voto, ammesso che vi siano forze politiche che sposino questa causa – attualmente nessuna)
in italia non potrà esserci crescita economica fino a quando non verrà recuperato il valore del lavoro per chi lavora, ovvero fino a quando alle classi di lavoratori in attività non verrà riconosciuto un valore prevalente rispetto ai “rentier”, pensionati o finanziari che siano
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Walter Cappello / Novembre 13, 2014
Capisco la punta di amarezza nella tua considerazione ma se il futuro pensionato non accantonerà delle risorse finalizzate al suo futuro da pensionato sarà costretto a saltare molti pasti, avrà poche cure, soffrirà il caldo d’estate e il freddo d’inverno, vivrà maggiormente nel buio e telefonerà con parsimonia. E’ sufficiente questo motivo per “autotassarsi”? NB Nella mia tesi di laurea sui F.Pensione (anni 80, prima che esistessero …) indicavo la via dell’assoluto affrancamento fiscale per il denaro da far confluire nella previdenza complementare al fine di strutturare un sistema funzionante. E molto altro ancora che non ha mai visti la luce …
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Pareggiamoiconti / Novembre 12, 2014
L’articolo è impreciso, ed omette alcuni dettagli importanti.
La rivalutazione del montante contributivo incide solo sulle pensioni future (calcolate con il metodo contributivo) e non su quelle attuali, che sono calcolate con il metodo retributivo ed hanno una comoda indicizzazione al tasso di inflazione (non al PIL).
Il fenomeno descritto non colpisce i pensionati attuali, ma solo i pensionati futuri: non è altro che un ulteriore tassello della ignobile rapina perpetrata ai danni degli attuali lavoratori, a beneficio di attuali pensionati che percepiscono pensioni multiple rispetto a quelle a cui avrebbero diritto se il sistema fosse minimamente equo (ovvero uguale per tutti).
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Certo. Ma non sono pensioni quelle future? Sono proprio quelle le più a rischio, quelle che mettono a rischio il sistema (non tanto, ribadisco, per questo fatto del coefficiente di rivalutazione con effetto riduttivo, ma per problemi più strutturali). Comunque il problema non riguarda soltanto chi ha iniziato a lavorare post entrata in vigore della riforma, ma pure coloro che sono andati in pensione con il sistema misto, il quale prevede un assegno calcolato con il sistema retributivo in relazione agli anni lavorati prima del 1995 con il metodo retributivo e dal 1996 con l’aggiunta della quota contributiva
A scanso di equivoci, questa la sintesi dei metodi di calcolo: http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=4806
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
chiedo scusa, ma come possono le pensioni “contributive” mettere a rischio il sistema? salvo aggiustamenti marginali, le pensioni contributive sono finanziariamente in equilibrio
quelle che mettono (eccome) a rischio il sistema sono soltanto le pensioni “retributive”, le cui prestazioni sono totalmente scollegate dai contributi versati durante la vita lavorativa, ed alle quali non corrisponde alcun accantonamento
le attuali pensioni vengono pagate utilizzando interamente il denaro proveniente dai versamenti dei futuri pensionati “contributivi” (puri o misti), ed è un elegante understatement dire che le pensioni future sono a rischio, considerato che già oggi i soldi non bastano per pagare le pensioni in essere, e lo stato deve coprire la differenza
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Come ho scritto, non è tanto questo fatto della variazione negativa del montante contributivo (minima e, penso facilmente sanabile) il problema più importante.
Infatti, ritengo che il nocciolo del problema sia:
– la dinamica demografica italiana, che rende insostenibile il sistema retributivo;
– la dinamica demografica mondiale, che crea problemi simili nella maggior parte dei Paesi Sviluppati (http://csis.org/files/media/csis/pubs/pension_profile.pdf), e non solo (http://www.imf.org/external/np/pp/eng/2011/122811.pdf); ciò rende il problema pensionistico un fattore di rischio sistemico, a mio parere;
– in Italia, il basso risparmio previdenziale in genere, che in futuro può creare situazioni di bassissimo reddito per gli anziani, con uno Stato che rischia di non essere in grado di arginare questo problema economico e sociale;
– l’atteggiamento governativo, che nel concreto, con i fatti, sembra ignorare bellamente questi problemi.
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
condivido: la variazione negativa del montante contributivo è soltanto la ciliegina su una torta di fango
peraltro, anche in presenza di un trend demografico favorevole, la sostenibilità del sistema retributivo resterebbe interamente frutto della rapina legalizzata perpetrata nei confronti dei futuri pensionati contributivi
il rischio sistemico deriva dal fatto che non si può avere certezza del fatto che i “contributori” siano disposti a farsi tosare senza reagire
solo una drastica revisione delle pensioni attualmente corrisposte, con riallineamento generalizzato al metodo contributivo, può evitare il tracollo finanziario e sociale del sistema
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Raffaele Zenti / Novembre 13, 2014
Per l’Italia, nello specifico, direi che c’è un problema sempre più impellente: risparmiare per la pensione significa differire reddito. E per farlo, occorre prima di tutto il reddito.
E in Italia se ne produce sempre meno. Per motivi strutturali, non solo congiunturali. Il tema è quindi la crescita economica, con tutti i suoi presupposti (competitività, produttività, ecc, ecc)
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Pareggiamoiconti / Novembre 13, 2014
chiedo scusa, ma a me sembra che in questi discorsi si tralasci sempre l’elefante nella stanza
competitività produttività etc etc sono elementi secondari rispetto ad una presenza pervasiva ed asfissiante da parte dello stato, che preleva quote elevatissime della ricchezza prodotta, distruggendola
per quale motivo un futuro pensionato contributivo dovrebbe autotassarsi per costruirsi una pensione integrativa, considerando che il frutto del suo lavoro viene pesantemente taglieggiato per pagare tasse e contributi che lo stato ha deciso di trasferire a qualcun altro? meglio emigrare, o desistere, o tentare di ribellarsi (preferibilmente con il voto, ammesso che vi siano forze politiche che sposino questa causa – attualmente nessuna)
in italia non potrà esserci crescita economica fino a quando non verrà recuperato il valore del lavoro per chi lavora, ovvero fino a quando alle classi di lavoratori in attività non verrà riconosciuto un valore prevalente rispetto ai “rentier”, pensionati o finanziari che siano
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Walter Cappello / Novembre 13, 2014
Capisco la punta di amarezza nella tua considerazione ma se il futuro pensionato non accantonerà delle risorse finalizzate al suo futuro da pensionato sarà costretto a saltare molti pasti, avrà poche cure, soffrirà il caldo d’estate e il freddo d’inverno, vivrà maggiormente nel buio e telefonerà con parsimonia. E’ sufficiente questo motivo per “autotassarsi”? NB Nella mia tesi di laurea sui F.Pensione (anni 80, prima che esistessero …) indicavo la via dell’assoluto affrancamento fiscale per il denaro da far confluire nella previdenza complementare al fine di strutturare un sistema funzionante. E molto altro ancora che non ha mai visti la luce …
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Massimo Vicari / Novembre 13, 2014
Concordo pienamente con Raffaele. Stanno creando i presupposti per un futuro ancora più nero, sembra senza rendersene conto (ma ci credo poco). Mi sembra anche soprttutto, che un sistema di welfare stabile sia anche largamente insufficiente alle necessità, e che viceversa, un welfare sufficiente dal punto di vsita delle erogazioni, sia largamente insostenibile. A livello di giustizia sociale, parlando solo di pensioni, non è corretto che ci sia gente con pensioni da 100.000 al mese e gente con 6000, ma non credo che tagliando del 50% quelle pensioni di…quante, mille persone? 10.000? 100.000? sia possibile pagare le pensioni a 16.000.000 di persone.
Il problema è altrove. Anche legando le pensioni all’inflazione, non si otterrebbe un gran risultato, ma solo il ritorno alle “scale mobili” di x anni fa che portarono solo guai…
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Massimo Vicari / Novembre 13, 2014
Concordo pienamente con Raffaele. Stanno creando i presupposti per un futuro ancora più nero, sembra senza rendersene conto (ma ci credo poco). Mi sembra anche soprttutto, che un sistema di welfare stabile sia anche largamente insufficiente alle necessità, e che viceversa, un welfare sufficiente dal punto di vsita delle erogazioni, sia largamente insostenibile. A livello di giustizia sociale, parlando solo di pensioni, non è corretto che ci sia gente con pensioni da 100.000 al mese e gente con 6000, ma non credo che tagliando del 50% quelle pensioni di…quante, mille persone? 10.000? 100.000? sia possibile pagare le pensioni a 16.000.000 di persone.
Il problema è altrove. Anche legando le pensioni all’inflazione, non si otterrebbe un gran risultato, ma solo il ritorno alle “scale mobili” di x anni fa che portarono solo guai…
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Altea / Dicembre 19, 2014
A mio avviso è molto importante essere vicini a certe tematiche, oggi è fondamentale dare attenzione a quei settori che richiedono particolare attenzione http://www.modenatoday.it/cronaca/croce-blu-soliera-campagna-solidarieta.html
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Altea / Dicembre 19, 2014
A mio avviso è molto importante essere vicini a certe tematiche, oggi è fondamentale dare attenzione a quei settori che richiedono particolare attenzione http://www.modenatoday.it/cronaca/croce-blu-soliera-campagna-solidarieta.html
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