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#Numeriacaso: le allegre previsioni di crescita del PIL del Governo italiano

A quanto pare, i governi susseguitisi in Italia dal 1998 ad oggi sono degli assoluti fuoriclasse. Nello sparare numeri per aria, però.

Scripta manent, sfortunatamente per i politici. In particolare, sul sito della Commissione europea si trovano tutti i documenti con il budget proposto dai governi degli Stati membri, Italia inclusa, dal 1998 ad oggi. Documenti che, in sede europea, sono denominati profeticamente “Stability Program”, ossia “Programma di Stabilità”: in effetti, il livello del PIL italiano in termini reali è grosso modo pari a quello del 2000, a suo modo stabile. All’interno di questi documenti (oggi chiamati DEF, precedentemente DPEF, ma la sostanza non varia) si trovano le previsioni economiche per il futuro. In particolare quelle sulla crescita economica, misurata con il PIL reale. Ho confrontato le previsioni con la realtà.

Il PIL dell’Italia: previsioni governative contro realtà

Confesso che frugare tra quei numeri con l’occhio da statistico è gustoso come rosicchiare un’aletta di pollo ben arrostita. Perché le previsioni di crescita sono talmente errate da rivelarsi esilaranti ad una lettura “storica”. Ve ne rendete conto al volo se osservate il grafico seguente, che mostra l’andamento del PIL italiano reale (la linea scura e spessa) unitamente alle previsioni dei governi (le linee più sottili) che si sono susseguiti. Previsioni e realtà, come dicevo.

PIL_Italia_1997-2018_-_previsioni_Governo_italiano_contro_realtà

Le linee corrispondenti alle previsioni dei Governi puntano in alto, sempre molto più in alto del PIL effettivamente verificatosi. Forse “l’ottimismo è il sale della vita”, ma qui siamo chiaramente di fronte a una forma di strabismo (che in statistica si chiama “bias”).

Quanto sbaglia il Governo italiano nelle sue previsioni del PIL?

Ho misurato l’entità dello strabismo calcolando l’errore mediano[1] delle stime per l’anno corrente (cioè le stime del PIL dell’anno X, effettuate nell’autunno dell’anno X, cioè ad anno quasi concluso), per l’anno successivo e per quello ancora seguente.

Ebbene, cercando di prevedere il PIL dell’anno in corso l’errore mediano dei governi italiani è stato pari allo 0,20% (valore non statisticamente significativo[2]). Nel prevedere il PIL dell’anno successivo l’errore mediano però lievita, ed è pari a 1,1% (…super-significativo), e per l’anno ancora successivo si gonfia fino a un mostruoso e assai significativo 1,3%. L’errore medio – non mediano – è anche peggio: 1,6%. Se considerate che la media del tasso di crescita del PIL italiano negli ultimi 30 anni è stata 1,3%, qui siamo di fronte ad errori per eccesso del 100%. Viva l’ottimismo!

Perché i Governi sbagliano sempre le previsioni di crescita?

Ora, le previsioni economiche sono notoriamente difficili e i modelli econometrici più in voga probabilmente sono inadeguati a prevedere un sistema complesso come l’economia. Tuttavia, è facile cedere all’idea maligna che questa forte e ottimistica distorsione nelle previsioni di crescita abbia una componente politica. Insomma, ogni Governo ha interesse a far credere a tutti – ai partner europei, agli investitori, agli elettori – che porterà crescita e benessere. La formula “ricchi premi e cotillon” sembra valere un po’ per tutti i Governi italiani, politici e tecnici, di centro-sinistra e di centro-destra.

Infatti è inutile cercare di individuare nel grafico precedente i migliori e peggiori tra i vari governi: in materia di previsioni economiche non si salva nessuno. Ed è difficile pensare che il Governo Renzi sfugga alla malattia dell’eccessivo ottimismo che ha cronicamente afflitto i suoi predecessori. Non a caso, la Banca d’Italia ha già avvertito il Governo che le previsioni macroeconomiche contenute nella nota di aggiornamento del DEF “presentano rilevanti rischi al ribasso”. Traduzione: “Ragazzi, le vostre stime ci sembrano un po’ altine…”.


[1] Ho usato l’errore mediano perché sono di animo buono: l’utilizzo della mediana riduce l’impatto di singole osservazioni “fuori linea”, che in questo caso specifico coincidono con errori drammatici, come quelli commessi negli anni della crisi finanziaria successiva al default di Lehman Brothers.

[2] Significatività verificata con il test di Wilcoxon.

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

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