La strabiliante performance del mercato azionario degli ultimi tempi, come il “rally” della Borsa americana, è difficile da spiegare in un contesto macroeconomico tutt’altro che roseo (per maggiore dettaglio rivedere il Bollettino Advise Only). Sarà la liquidità immessa dalle Banche Centrali? O forse la ricerca di rendimenti?
Un dato di fatto è che sia il Dow Jones che l’S&P500 si aggirano intorno ai loro massimi di sempre e, in questo scenario così complesso, è più che normale interrogarsi sulla sostenibilità di questo “Bull Market” (fase rialzista della Borsa).
Tralasciando quindi le varie riflessioni sul tipo di “mondo” in cui ci troviamo o sugli “effetti distorsivi delle varie politiche monetarie”, è arrivato il momento di approfondire i risultati delle società quotate negli Stati Uniti.
Come sono andate le trimestrali negli USA?
Raccogliendo i dati forniti da Bloomberg sulle 500 società che compongono l’indice americano S&P500, e scomponendoli per settori, otteniamo i seguenti risultati:
In aggregato i ricavi del primo trimestre sono diminuiti del 5,7% mentre i profitti sono aumentati del 2,6% rispetto allo stesso trimestre del 2012.
I settori che hanno subìto una maggiore contrazione dei ricavi sono quelli più sensibili al ciclo economico come i consumi discrezionali, i finanziari oppure gli industriali, che tuttavia hanno generato profitti in linea con la media dell’indice. Complessivamente per gli azionisti è stato un buon trimestre dal momento che il 69% delle società hanno “battuto” le stime sui profitti (la media storica è pari a 62%).
Tenendo presente che ogni società ha la sua storia, il risultato finale di queste trimestrali è che in questo momento le imprese USA hanno remunerato i propri azionisti non con una crescita organica dei ricavi, ma piuttosto con una compressione dei costi. Infatti, scendendo più nel dettaglio, i margini (intesi rapporto tra profitti generati dalla parte operativa – EBITDA – e ricavi) sono rimasti invariati rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, quando i ricavi sono aumentati dell’8%.
Cosa vuol dire tutto questo per il futuro?
Mentre le aspettative degli analisti interpellati da Bloomberg puntano su un’accelerazione dell’economia per i prossimi trimestri, i segnali che provengono dai dati societari lasciano qualche dubbio:
- da inizio anno le operazioni di M&A (Fusione e Acquisizioni tra aziende), che di solito vengono utilizzate come espediente per aumentare il fatturato o espandersi in nuovi mercati, sono calate del 7% rispetto allo stesso periodo del 2012;
- le società USA sono piene di disponibilità liquide che, per il momento, non hanno ancora deciso di investire in beni capitali;
- Bernanke, governatore della Fed, durante l’ultima conferenza stampa ha dichiarato: “gli irrisolti problemi sul fronte fiscale continueranno a pesare sull’andamento dell’economia“.
Il comportamento degli investitori durante questo periodo di Bull Market ha in parte rispecchiato le incertezze che gravano sui risultati societari. Infatti il rally azionario continua ad essere piuttosto difensivo e la tematica preferita è l’investimento Value (azioni che presentano buone valutazioni, alti dividendi) piuttosto che l’investimento Growth (alte valutazioni, utili che crescono a tassi più elevati del mercato e bassi dividendi).
Nel primo trimestre le società USA hanno generato profitti al di sopra delle attese degli analisti, in gran parte grazie alla compressione dei costi piuttosto che tramite una crescita di fatturato. Inoltre, nel corso dell’anno, le società contano di remunerare i propri azionisti tramite operazioni di buy-back finanziate dall’eccesso di liquidità o da debito (come ha fatto Apple per intenderci).
Insomma fino a questo momento le valutazioni dell’indice S&P500 sembrano essere abbordabili ma quando i prezzi si discosteranno troppo dai fondamentali, su cosa faranno affidamento gli investitori?
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