L’indice FTSE MIB riflette davvero il mercato italiano? Scopriamo la sua composizione e mettiamolo a confronto con un altro indice di Borsa: il FTSE STAR.
“Le banche affossano Piazza Affari: il FTSE MIB ha chiuso in calo di 2 punti percentuali, a quota 18972 punti”
Spesso (purtroppo) è questo l’incipit dei principali servizi di stampa economico/finanziario. Con qualche variante, a seconda dei casi: “Bruciati XXX milioni di euro”, oppure “Piazza Affari recupera e chiude in rialzo” quando va meglio, e via così.
Un indice debole per un mercato debole
Indubbiamente i problemi del nostro mercato azionario (rappresentato dall’indice di Borsa FTSE MIB) sono evidenti, e riconducibili in prima battuta proprio al “fattore Italia”: il Paese è dominato da un fragile sistema bancario ancora in cerca di una propria identità tra acquisizioni e aumenti di capitale, all’interno di un contesto di bassa crescita economica – forse solo nel 2018 torneremo a crescere al ritmo dell’uno e qualcosa per cento. Di conseguenza, anche la nostra principale piazza finanziaria non può che riflettere questa realtà: ad esempio, guardando al passato, il nostro è l’unico mercato azionario che non ha ancora recuperato quanto perso dalla grande crisi finanziaria del 2007/2008[1]. Senza entrare in particolari tecnicismi, basta osservare la composizione del FTSE MIB per comprendere almeno in parte i motivi di una così difficile ripresa: il settore con il maggiore peso è quello finanziario, che sicuramente non gode di buona salute, seguito dal settore energetico, spesso in balìa della volatilità del prezzo del petrolio e delle materie prime.
Le società del FTSE MIB
Ancora più significativo è il peso delle prime 10 (di 40) società sull’indice complessivo[2]:
Un totale del 63%: praticamente in base ai risultati economici, alle aspettative e alle informazioni relative a queste dieci società (e quindi al loro andamento) si decide il grosso dei movimenti del FTSE MIB. A colorare timidamente un quadro non proprio roseo, ci pensano alcuni indicatori, che segnalano come il nostro mercato stia iniziando a diventare attraente grazie alle valutazioni basse (sui fondamentali delle aziende – con un P/E stimato di circa 13 punti). Inoltre, il dividend yield offerto, pari a circa il 4%, è “merce rara” nel resto dei mercati azionari.
Questo è il quadro per il FTSE MIB. Ma se provassimo ad osservare un altro indice, sempre esposto sul mercato italiano, ma magari più vicino all’economia reale?
L’indice FTSE ITALIA STAR
Cercando sul sito di Borsa Italiana, un indice su tutti risalta particolarmente: il FTSE ITALIA STAR. Questo è un indice che racchiude 70 società di media capitalizzazione (tra i 40 milioni e 1 miliardo di euro) e che rispondono ad alti requisiti in termini di trasparenza, corporate governance e liquidità del titolo. Osserviamone la composizione settoriale.
In questo caso il settore finanziario, che nel FTSE MIB è decisamente dominante, si ridimensiona ad una quota del 13%. A guidare l’indice troviamo il settore industriale in tutte le sue possibili diramazioni, che pesa per il 35% circa. Anche il peso delle società all’interno del settore è mediamente simile (intorno al 2,5%), ad eccezione di Brembo che da sola vale il 10%[3].
A questo punto confrontiamo l’andamento dei due indici. Chi può aver fatto meglio?
Analizzando l’andamento a partire dal 2001, in modo da osservare gli effetti dell’ingresso nell’Euro nel 2002, della crisi subprime del 2008 e di quella dei debiti sovrani del 2011, l’indice FTSE STAR registra una performance media annua del 7,44%, mentre il FTSE MIB segna un -3,47%.
Su tutto il periodo esaminato il risultato si concretizza in un +197% per l’indice delle medie imprese, contro il -41.48% dell’indice di Piazza Affari. Una differenza significativa.
Osservando infine i fondamentali del FTSE STAR, troviamo valori leggermente inferiori rispetto al caso precedente: un dividend yield più basso, pari al 2,4%, e un P/E di 16 punti, sintomo che siamo di fronte ad un mercato con basi più stabili nel tempo e di conseguenza un po’ più caro.
Per concludere, al di là della retorica più classica, il nostro Paese è caratterizzato da realtà costruite su business solidi e ben strutturati. Indubbiamente il peso di mercato del FTSE MIB è dominante, con una capitalizzazione 12 volte superiore al FTSE STAR, ma è bene non dimenticare che, oltre alle realtà finanziarie ed energetiche del nostro Paese, c’è un tessuto sottostante rappresentato da società (anche eccellenze a livello mondiale) che, nonostante tutto, portano alto il nome dell’Italia. Quindi…
Sì, le banche possono affossare il FTSE MIB, ma le società che forse più si avvicinano al rappresentare l’industria italiana (seppur forse meno gettonate dai media) spingono il FTSE STAR.
[1] Insieme alla Borsa di Atene.
[2] Al 2 marzo 2017.
[3] Dati dal sito www.ftse.com previa registrazione.
Alessandro / Marzo 8, 2017
Allora perchè nel portafoglio EURO-OK avete messo un ETF (seppur con peso minimo) che riflette l’indice FTSE MIB? Sulla base dell’analisi di cui sopra non è meglio cambiare ETF?
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Pasquale / Marzo 8, 2017
la butto li, probabilmente perchè non c’è un etf che replichi il segmento star con un buon tracking error…..
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Jacopo Caretta Mussa / Marzo 9, 2017
Anche per dare un peso maggiore al settore finanziario
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Stefano Colucci / Marzo 9, 2017
esiste un fondo che ha come benchmark proprio il FTSE STAR qui il KIID
http://www.symphonia.it/sites/default/files/doc_fondi/KIID_SYMPHONIA_AZIONARIO_SMALL_CAP_ITALIA.pdf
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marcellolippa / Aprile 4, 2017
Non so se c’era anche prima, ma adesso c’è anche un etf di Lyxor
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Raffaele Zenti / Aprile 4, 2017
Vale la risposta di Jacopo: qui, per la natura stessa di Euro-OK, si vogliono sovrappesare le banche.
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